L’insediamento dei Milei alla Presidenza del paese è stato caratterizzato dall’emanazione di tre provvedimenti (sui 10 annunziati) che per la loro complessità e natura rappresentano la chiave di lettura del suo programma politico. Consapevole del fatto di non avere la maggioranza in Parlamento e di non controllare i Governatori delle diverse regioni del paese Milei che è stato eletto al ballottaggio con una maggioranza del 56% dei voti, dispone al Congresso solo di circa il 10% dei voti al Senato e del 15% alla Camera dei Deputati. Il suo partito, La Libertad Avanza, ha solo 38 deputati su di 257 e 8 senatori su 72: avrà quindi bisogno del sostegno e della complicità della destra per far approvare i suoi provvedimenti liberticidi.
Il Presidente si è messo subito al “lavoro” e il rapporto peso-dollaro è stato dimezzato ed ora per ogni dollaro sono necessari 800 pesos. Dimenticata la dollarizzazione Milei pensa di provvedere entro qualche mese al conio di nuove monete per evitare di dover andare in giro con valigie di banconote per provvedere ad ogni transazione. Milei ha
promesso che presto seguiranno altre svalutazioni. Perché sia chiaro agli argentini con chi hanno a che fare, Milei ha provveduto con il suo primo provvedimento ad abrogare la norma che vietava il nepotismo e a nominare sua sorella segretaria della Presidenza.
Il fondo monetario internazionale si è subito avventato sulla preda ed ecco l’accordo: è stato garantito un surplus di bilancio del 2% del Pil, una accumulazione di riserve fresche della Banca centrale, pari a 10 miliardi di dollari nel 2024, in cambio di un esborso di 4,7 miliardi di dollari di interessi sul debito contratto. Sono questi i nuovi termini fissati nella settima revisione dell’accordo Extended Fund Facility (Eff) per la restituzione del credito di 45 miliardi di dollari concesso dal Fmi nel 2018. Con questo accordo gli impegni dell’Argentina a restituire il debito sono diventati più stringenti e saranno necessari più pesanti sacrifici, malgrado che l’inflazione nel paese superi il 140% e sia quella largamente più alta di tutta l’America Latina, anche rispetto al Venezuela che finora ne deteneva il record. I mutui sono saliti di 113 euro al mese e 2000 famiglie non riescono più a pagare e sono sotto sfratto.
Contestualmente il Presidente ha annunciato la soppressione di numerosi ministeri Quello dell’istruzione, (la formazione scolastica pubblica viene declassata e istituito un esame finale per gli studenti che terminano gli studi secondari), quello della salute (privilegiando la sanità privata), il ministero del lavoro e degli affari sociali, della cultura e dell’ambiente (liberalizzando il mercato dei carburanti), mentre rimangono in attività quello dell’economia delle infrastrutture degli interni della giustizia della sicurezza della difesa degli esteri e del capitale umano. D’altra parte il Presidente non fa mistero nel suo disprezzo per la cultura, se ne frega dei deboli e dei malati, che si curino come possono, e che l’ambiente venga sfruttato il più possibile, gli sta più che bene. Infine viene abrogata la legge che regolamenta l’Istituto nazionale contro la discriminazione, la xenofobia e il razzismo (INADI).
A pagare il risanamento del paese saranno la classe media e le fasce più disagiate della popolazione, prova ne sia che il Presidente piace ai mercati e la borsa di Buenos Aires ha quasi raddoppiato il suo valore, perché i padroni ritengono che i profitti delle imprese sono e saranno al sicuro. L’intento di tagliare i finanziamenti alle Province significa di fatto spostare il deficit dallo Stato alla periferia, perciò i provvedimenti del governo cominciano a mostrare la loro inconsistenza.
La destrutturazione dello Stato
Nel suo discorso di insediamento del 10 dicembre il Presidente ha dichiarato di voler stipulare un “nuovo contratto sociale” nel paese partendo dal fatto che la situazione è così grave da richiedere uno shock: occorre recuperare da subito 5 punti di PIL e per farlo intende agire sul costo dell’apparato dello Stato, evitando di gravare sul settore
privato. “Sappiamo che nel breve termine la situazione peggiorerà- avverte Milei – ma poi vedremo i frutti” e ha dichiarato che il risanamento “avrà un impatto negativo sul livello di attività, occupazione, salari reali e numero di persone povere e indigenti”; “Ci sarà una stagflazione in cui stagnazione e inflazione si verificano contemporaneamente e saranno necessari…. sforzi supremi e sacrifici dolorosi ” e ha promesso che si procederà tagli della spesa sociale dello Stato, alla deregolamentazione economica, a modifiche fiscali e privatizzazioni. Queste scelte sono necessarie perché la situazione è disastrosa – ha concluso il Presidente – il quale tuttavia si è guardato bene del proporre la dollarizzazione dell’economia, suo cavallo di battaglia durante la propaganda elettorale. Secondo i dati ufficiali, l’Argentina ha più del 40% di povertà e un’inflazione del 140%, l’indice dei prezzi ha raggiunto a dicembre il 211,4% su base annua, dopo aver registrato un incremento mensile del 25,5% , ma “ciò che occorre evitare è una povertà superiore al 90%”, ha dichiarato il Presidente. Consapevole del fatto che il suo programma coprirà i poveri e i lavoratori Milei ha permesso la mano dura contro i “piqueteros”, gruppi di protesta che solitamente bloccano strade o vie per avanzare rivendicazioni, affermando che “chi blocca le strade, violando i diritti dei suoi concittadini, non riceverà assistenza dalla società” minacciando chi protesta di privarlo dei diritti sociali.
Dopodiché il presidente ha rivolto la sua attenzione alla politica estera e si è affrettato a sconfessare il precedente governo ritirando l’adesione dell’argentina ai Brics, riportandola nell’area del dollaro, prendendo contatto con il governo ucraino per manifestare il suo sostegno e organizzare un vertice in America Latina a favore del paese in guerra.
Dalle parole ai fatti
Milei ha varato i suoi provvedimenti bandiera; il Decreto di Necessità e Urgenza (DNU) e la legge “omnibus” (664 articoli) inviata al Congresso il 20 dicembre; Il decreto si apre con la dichiarazione di “emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, amministrativa previdenziale, sanitaria e sociale fino al 31 dicembre del 2025”.
Con l’articolo 2, lo Stato “promuoverà e assicurerà l’effettiva vigenza su tutto il territorio nazionale di un sistema economico basato su decisioni libere, adottate in un contesto di libera concorrenza, con rispetto della proprietà privata e dei principi costituzionali di libera circolazione dei beni, servizi e lavoro”. A questo scopo, mediante il DNU si procederà ad una “ampia deregolamentazione del commercio, dei servizi e dell’industria”, abrogando “tutte le restrizioni sull’offerta dei beni e servizi” e ogni legge “che distorca i prezzi di mercato, impedisca la libera iniziativa privata o eviti l’interazione
spontanea dell’offerta e della domanda”.
Viene tracciato il percorso per la privatizzazione delle imprese pubbliche abrogando la normativa che ne impediva la vendita. Scompare della figura giuridica della “società dello Stato” e di tutte quelle che non siano integralmente con capitale pubblico, secondo la definizione della legge del 1974. Il governo trasformerà “ogni impresa pubblica in società anonima, per la sua successiva privatizzazione”, tracciando un percorso che dovrebbe portare alla dismissione delle quote pubbliche in aziende storiche come Aerolineas argentinas o la compagnia energetica Ypf. Tutto ciò perché si ritiene che la politica “aeronautica argentina ha limitato fortemente lo sviluppo dell’industria commerciale aerea, pilastro non solo dell’integrazione del Paese ma anche dello sviluppo economico e del turismo. Si rende perciò “imperativo” un riordino
integrale del comparto per creare le condizioni di flessibilità utili a garantire il collegamento tra tutte le città. Nel decreto si quantifica in 25 miliardi di dollari il debito contratto assieme da Ypf e Banca centrale.
Il Governo, al fine di promuovere gli investimenti stranieri, abroga la legge agraria che impediva la cessione a stranieri di porzioni di terra eccedenti una certa quota, mettendo in vendita il paese. Viene abrogata la Legge sugli affitti “perché il mercato immobiliare torni a funzionare senza problemi e perché affittare non sia un’odissea”, La legge è
ritenuta “nefasta”, perché genererebbe inconvenienti: l’eccesso di regolamentazione normativa nei contratti privati, specialmente in quelli di affitto degli appartamenti, sarebbe responsabile “di gravi conseguenze tanto per i locatari quanto per i locatori”, con la “potenziale distruzione del mercato immobiliare”. In “coerenza con tutto ciò”, si ripristina la possibilità per le parti di stabilire con quale moneta effettuare la transazione. Nella modifica apportata ad ottobre alla legge in vigore dal 2020 e ritenuta responsabile di un calo dell’offerta, era infatti stato negato l’uso del dollaro statunitense, valuta di cui il governo precedente ha cercato in ogni modo di restringere l’uso. Mettere fine alla legge, avvertono associazioni di categoria, potrebbe comportare una serie di effetti: il termine minimo di un contratto torna ai due anni, il prezzo dell’affitto può essere indicizzato su qualsiasi parametro, dall’inflazione al valore del dollaro o al prezzo del gasolio. Inoltre, tra le altre conseguenze, le riparazioni domestiche saranno a carico degli inquilini, così come le eventuali spese condominiali ordinarie e straordinarie.
Il governo annuncia poi la cancellazione di una serie di leggi perché “distorcono” la libera formazione dei prezzi e ostacolano “l’iniziativa privata”. Viene abrogata la Legge sulla fornitura (Ley de abastecimiento) e la Legge sugli scaffali (Ley de gondolas). La prima, entrata in vigore all’inizio della pandemia, autorizzava lo Stato ad attivare incentivi e sanzioni per garantire prezzi accessibili e disponibilità di prodotti e servizi di base. Per Milei bisogna fare in modo che lo Stato “non attenti più contro il diritto di proprietà degli individui”. Abrogando la seconda legge, si toglie allo Stato la “possibilità di intromettersi nelle decisioni dei commercianti argentini”: si tratta infatti della norma che impedisce agli esercenti di presentare su uno stesso scaffale una quota superiore al 30 per cento di prodotti di una sola marca. Cadono ampi stralci della legge sugli acquisti nazionali (Compre nacional e Compre argentino), che garantivano protezione al prodotto locale, ma che per Milei “beneficiavano solo determinati attori politici”. Il governo sopprime l’Osservatorio di prezzi istituito presso il ministero dell’Economia, per evitare “la persecuzione delle imprese”.Il mercato del lavoro viene totalmente destrutturato e liberalizzato: nelle intenzioni del governo il suo funzionamento verrebbe “modernizzato agevolando il processo di creazione di lavoro”.
Attualmente denuncia il governo, l’occupazione nel settore privato è ferma a sei milioni di cittadini, ma il lavoro nero è sommerso è così ampio che supera del 33 % quello legalmente regolato; per questo motivo “i salari reali si trovano a un livello inusualmente basso”, che significa la povertà, per il 45% della popolazione, e l’indigenza, il 10 %. Per
favorire i datori di lavoro il DNU prevede una riduzione gli indennizzi per licenziamento, con l’abolizione di bonus di vario genere sin qui garantiti. Vengono ridotti anche gli indennizzi derivanti da cause di lavoro in caso di licenziamento e la rivalutazione dovuta nel caso di ritardato pagamento di essi. Come un unico provvedimento a favore dei lavoratori viene prevista la creazione di un fondo per coprire la quota di fine rapporto, nel caso di licenziamento senza giusta causa, alimentato mensilmente dal datore di lavoro, come accade in molti paesi europei.
Restrizioni riguardano i diritti sindacali: i sindacati conservano il diritto di convocare e realizzare assemblee e congressi, “senza pregiudicare le attività normali dell’impresa o danneggiare terzi”. È punito il “blocco o l’occupazione di uno stabilimento, impedire od ostruire totalmente o parzialmente l’ingresso e l’uscita di persone” dal luogo di lavoro,
nonché creare “danni a cose e persone dell’impresa”.
Il DNU è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, e in quanto decreto di necessità e urgenza ha assunto validità immediata e come risposta immediata gli argentini sono scesi in piazza a Buenos Aires e in tutte le città del paese con manifestazioni massicce e partecipate. Per entrare definitivamente in vigore il testo deve essere prima esaminato da una Commissione bilaterale parlamentare ristretta cui spetta il compito di valutare i requisiti di necessità e urgenza.
Successivamente il decreto verrà esaminato in seduta plenaria dalla Camera e dal Senato che possono respingerlo o accettarlo ma non emendarlo o modificarlo. Entrerà in vigore solo se ha provato a maggioranza assoluta.
Il decreto potrebbe essere fermato dalla Corte suprema di giustizia nel caso non si ravvisino gli estremi di “eccezionalità” previsti dalla Carta Costituzionale e già molti ricorsi in tal senso sono stati presentati e alcuni provvedimenti già sospesi.
Il Decreto omnibus
Inoltre il cosiddetto decreto omnibus, ovvero la “Legge delle basi e punti di partenza per la libertà degli argentini”, è stato inviato al Congresso. Questo progetto legislativo è il più profondo poiché contiene “due terzi” di tutte le proposte di riforma. Il provvedimento dichiara “l’emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, pensionistica, di sicurezza, di difesa, tariffaria, energetica, sanitaria, amministrativa e sociale fino al 31 dicembre, 2025.”, periodo che “può essere prorogato dall’Esecutivo nazionale per un massimo di due anni”. Se questa norma venisse approvata, Milei avrebbe il potere di decidere su tutte quelle questioni su cui oggi solo il Parlamento può legiferare durante i suoi quattro anni di governo e avrebbe nelle sue mani sia il potere esecutivo che quello legislativo.
Il provvedimento gli conferisce poteri su questioni come la finanza, l’economia e l’energia che prima erano nelle mani del Congresso e si concentra su ambiti che, secondo la Costituzione, possono solo essere modificati dal Congresso.“Il testo prevede riforme profonde, necessarie e urgenti in materia fiscale, lavorativa, penale, energetica ed elettorale”, modificando venti leggi. Un capitolo dedicato alla riforma dello Stato, dichiara tutte le aziende del settore pubblico “soggette a privatizzazione”.Si tratta di circa 40 aziende statali, tra cui la compagnia petrolifera YPF, Aerolíneas Argentinas, Banco Nación, la Casa de Moneda (dove vengono stampate le banconote), l’agenzia di stampa Télam, la compagnia idrica AYSA e Ferrocarriles Argentinos. Il capitolo sulla riforma elettorale prevede l’eliminazione delle Primarie Aperte, Simultanee e Obbligatorie, meglio conosciute come PASO, che sono state fonte di controversia fin dalla loro creazione nel 2009. Si propone di modificare la composizione della Camera dei Deputati, passando dal sistema attuale, che determina il numero dei rappresentanti proporzionalmente alla popolazione, a un sistema di collegi uninominali , che implica la divisione del Paese in 254 collegi elettorali con un deputato ciascuno. Anche se il governo sostiene che ciò metterebbe fine alle cosiddette “liste coperte ”, in cui la popolazione vota per molti rappresentanti che non conosce, i critici sottolineano che questa formula, utilizzata dai paesi anglosassoni, favorisce le grandi forze politiche,
togliendo rappresentanza a quelle più piccole.
Vengono fissati nuovi limiti alle manifestazioni, con le pene fino a quattro anni di reclusione per chi usa armi per interrompere il servizio di trasporto pubblico o fino a cinque anni per chi “dirige, organizza o coordina un incontro o una manifestazione che impedisce, ostacola o intralcia la circolazione o i trasporti pubblici o privati”. La pena sarà ancora più alta nel caso in cui le persone vengano costrette a partecipare a una protesta minacciando di togliergli l’assistenza sociale.
Di contro vengono eliminate le sanzioni per chi fa uso di armi “nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio legittimo del proprio diritto, autorità o posizione”. Attualmente il codice penale consente l’uso delle armi solo da parte delle forze di sicurezza. o quando la vita di altre persone è a rischio”. Ora la polizia ha mano libera!
La “legge omnibus” propone anche il riciclaggio di beni fino a 100.000 dollari, benefici fiscali per coloro che dichiarano beni o contanti inferiori a tale importo; dispone di lasciare l’aumento delle pensioni, che oggi sono regolate dalla legge, nelle mani dell’esecutivo, attraverso decreti presidenziali. Il nuovo pacchetto di Javier Milei prevede limitazioni al diritto di protestare.
Anche se alcune proposte – in particolare l’eliminazione del PASO – hanno il sostegno di diverse forze politiche, è probabile che molti dei 664 articoli della “legge omnibus” finiranno per non essere approvati. “Milei ha inviato la sua idea di un’Argentina perfetta, ma non ha tenuto molto conto della fattibilità politica”, ha detto l’analista del canale LN+
Pablo Fernández Blanco. Milei non ha la maggioranza al Congresso, quindi la fattibilità delle sue proposte non è garantita. Deve avere il pieno sostegno della coalizione di centrodestra “Insieme per il cambiamento, che era sull’orlo della frattura a causa delle divergenze sull’alleanza con Milei ma ora sembra disponibile a sostenerlo.
Mentre il Congresso discute la “legge omnibus” in sessioni straordinarie convocate fino al 31 gennaio, bisognerà attendere le sessioni ordinarie, a partire da marzo, per il 24 gennaio è stato convocato un primo sciopero generale.
Il ruolo della vicepresidente Victoria Vilarruel
A coprire dal punto di vista securitario la politica del presidente e ad assicurargli il sostegno dell’estrema destra è preposta la sua vice la quale si è distinta per avere promesso che in caso di vittoria avrebbe rivisto l’attuale politica della memoria, della verità e dei diritti umani del paese che ha risarcito migliaia di vittime della repressione avvenuta durante l’ultima dittatura militare (1976 -1983) che ha voluto che il decreto DNU disponesse l’abrogazione della legge sui diritti umani. Villarruel sostiene con la sua azione di voler difendere la” memoria completa” , il che significa tener conto che c’è
stata una guerra che ha visto da una parte i militari e le forze di sicurezza e dall’altra i guerriglieri di sinistra, che lei definisce “terroristi”. Figlia e nipote di soldati, Vicky, come la chiamano i suoi seguaci, ha creato una sua ONG nel 2006 per aiutare le 1.094 vittime dei gruppi armati di sinistra negli anni ’70 che “non sono mai state riconosciute dallo Stato.
Perciò dopo aver fatto abrogare la legge sui diritti umani si è fatta affidare la delega per i settori della Difesa, della Sicurezza e dell’Intelligence e mantiene i rapporti con gli ambienti degli ex golpisti.
G. C.