I nemici della complessità considerano un ossimoro la destra sociale e così facendo non comprendono una delle cause della crisi della sinistra e del suo stesso esistere. La storia dello sviluppo del pensiero politico del 900 è in realtà più complessa di quanto comunemente si creda e ciò perché le intersezioni fra le sue diverse componenti ideologiche e le istanze sociali e politiche sono maggiori di quanto si possa ipotizzare guardando schematicamente le collocazioni politiche tra destra e sinistra degli schieramenti. Questo anche perché la visione che la destra sociale ha della società futura e dell’assetto politico e sociale che vuole costruire nasce dalla condivisione di elaborazioni di dottrine altre, riviste e reinterpretate alla luce di alcuni concetti base come quello di nazione, di popolo, di patria.
Volgendo l’attenzione a quella che viene definita destra sociale va ricordato che essa rappresenta l’insieme di quelle convinzioni e dottrine politiche che nell’ambito della destra e della sua visione più estrema della società ideale dovrebbero coniugare la giustizia sociale con i valori tradizionali, (assimilando organicamente così la dottrina
ottocentesca sociale cattolica, compiutamente espressa nella Rerum Novarum e nelle encicliche successive del magistero pontificio sul lavoro), prioritariamente diretta a contrastare teorizzazioni socialiste e anarchiche finalizzate alla costruzione del comunismo e di una società nella quale vige il principio “ad ognuno secondo i suoi bisogni.”
La visione cattolica di un mondo fatto di piccole imprese dove il rapporto tra padroni ed operai è familiare e collaborativo si salda con influenze del pensiero socialista che suggeriscono riferimenti ad un mondo più ampio che è quello delle grandi fabbriche che consente di ipotizzare i riferimenti alle corporazioni di mestiere, alla funzione del
sindacato unico, al ruolo delle assicurazioni sociali.
Questa visione sociale si salda con l’esigenza di mantenere la gerarchizzazione della società, propugnando la realizzazione di un assetto organico del rapporto tra le classi e i ceti sociali, e facendo della nazione l’ambito nel quale si sviluppa tra le diverse componenti della società quell’elemento di coesione che dovrebbe consentirne un organico sviluppo, individuando nel comunitarismo di marca anglosassone e nel corporativismo gli elementi che fanno da collante della società. In alte parole il nazionalismo e il culto della patria hanno un ruolo centrale in questa costruzione politica in quanto si ritiene che da questi concetti non si possa prescindere poiché l’interesse della nazione e della patria costituiscono il punto di coagulo attraverso il quale i valori identitari e della tradizione si combinano tra loro (Dio, patria e famiglia) consentendo di conciliare l’interesse individuale con quello collettivo.
Pertanto la destra sociale si colloca su una terza posizione fra capitalismo e socialismo e rifiuta l’economia di mercato, tipica del liberismo economico, alla quale contrappone la socializzazione dell’economia, proponendo una visione economica post-keynesiana, fondata sul corporativismo, sulla autosufficienza della struttura produttiva, sul superamento della globalizzazione; condivide l’ambientalismo, la tutela della natura, l’alimentazione biologica, in questo modo saldandosi con molti degli aspetti di quella che nella nostra analisi delle tendenze del capitalismo, soprattutto europeo, abbiamo definito come economia neo-curtense.
Collocandolo in questo ambito la destra sociale non disdegna di ricorrere all’intervento statale nell’economia, a favore delle classi disagiate, in modo da appianare le differenze economiche attraverso un percorso definito di socializzazione. Per raggiungere questi obiettivi la destra sociale fa ricorso al comunitarismo, inteso come il radicamento “…in un orizzonte sociale e culturale avvertito come orizzonte comune, plurale e significativo. Comunitario è chi assegna valore all’identità, alla provenienza, dunque all’origine, e alle vie che conducono alle radici, come le tradizioni.
Comunitario è chi assegna valore al legame sociale, religioso, familiare, nazionale, che non vive come vincolo ma come risorsa. Comunitario è chi ritiene che ogni Io abbia un luogo originario o eletto, che avverte come patria. Il comunitario infine è colui che assegna importanza al comune sentire, ai riti, le usanze e i costumi di un popolo”. (Così un teorico della nuova destra Marcello Veneziani).
Da una società siffatta è ovviamente escluso il migrante, in quanto portatore di tradizioni e costumi diversi, in quanto estraneo alla comunità nazionale, alla sua storia, al suo vissuto, ai suoi valori. La crescita di migranti in una società viene avversata perché mette in atto quella sostituzione etnica che la destra tutta attribuisce al progetto oggi rappresentato da Soros ma storicamente conosciuto come “piano Kalergi”,il quale consisterebbe in un piano d’incentivazione dell’immigrazione africana e asiatica verso l’Europa al fine di rimpiazzarne le popolazioni (Vedi: Richard Nikolaus di Coudenhove-Kalergi, 1894-1972).
Sul piano sociale la visione tradizionale della società porta la destra sociale alla difesa dei valori della famiglia tradizionale, alla valorizzazione dei corpi intermedi (associazioni, gruppi politici, ordini professionali, comunità locali) e a proporre scelte di carattere economico e sociale basate sui principi della partecipazione e della solidarietà, che tuttavia tengono conto della collocazione professionale di classe dei diversi ceti coinvolti e questo perché essa ritiene che l’individuo si formi e si realizzi completamente nell’ambito della vita di relazioni che si sviluppa nel contesto della
cultura popolare e della comunità locale e nazionale che fa propri e condivisi questi valori.
Sul piano della politica internazionale la destra sociale non disdegna di assumere posizioni anti-americane, antisioniste e islamofobe, ma filo palestinesi, intendendo con ciò opporsi allo stesso tempo al sionismo e all’islamismo, ma sostenere nel contempo il diritto dei palestinesi ad una propria patria e ad una propria nazione. L’ambizione di rafforzare l’orgoglio nazionale spinge la destra sociale all’anti americanismo, inteso come indipendenza dall’alleato americano e quindi essa è indotta ad opporsi all’intervento dei paesi occidentali nella guerra ucraina, sottolineando gli interessi
americani e inglesi nello sviluppo del conflitto e non disdegnando di sostenere il nazionalismo putiniano ai cui valori si sente vicina.
Destra sociale e destra di governo
Definire il rapporto tra destra sociale e destra di governo è oggi di importanza essenziale per comprendere come la svolta a destra del paese minaccia di consolidarsi e consentire che la destra resti egemone per molto tempo, a fronte di una sinistra incapace di qualsiasi opposizione sul piano sia politico che sociale, Per governare, l’alleanza tra Fratelli d’Italia la Lega e Forza Italia, ha dovuto assumere le vesti di una destra moderata e istituzionale, pronta ad omologarsi al capitale e alle esigenze del mercato. Ha dovuto accettare che il governo Draghi che l’ha preceduta, disegnasse un quadro economico rigido e definito, dei saldi binari entro i quali muoversi, restringendo le disponibilità di cassa e le possibilità di manovra sulle risorse disponibili, in modo che la gestione dell’economia seguisse linee obbligate funzionali agli interessi del capitale e delle imprese.
Il condizionamento dell’Unione europea ha fatto il resto e ha costretto il governo in carica ad uniformarsi alle linee politiche di Bruxelles pur di trovare lo spazio politico per sopravvivere: da qui la strategia della Meloni di scalata alla Commissione europea, approfittando della scadenza delle prossime elezioni europee, viste come un’occasione per un mutamento della composizione della maggioranza che determina la designazione della Commissione. Da qui il grande impegno in politica estera della premier, la quale si è pressoché esclusivamente dedicata a questi aspetti di governo, di
fatto riducendo il ministro degli Esteri, pure alleato e vice premier sulla carta, ad un pupazzo che assiste, come un cane bassotto da vecchia signora ,allo straripante attivismo della premier.
Ma per mettere in atto questa sua politica la premier ha dovuto abbandonare quelle pallide reminiscenze di destra sociale che ancora pervadevano il suo operare, quando tuonava dai banchi dell’opposizione e spingersi al punto di divenire la coccolina di Biden, posizione plasticamente rappresentata nelle foto che l’hanno immortalata accanto al presidente statunitense. E non si è trattato soltanto di un’immagine retorica perché sul piano politico la premier promuove l’Italia come subagente degli Stati Uniti per l’Africa, ergendosi ad erede della politica coloniale francese, con il risultato che i polli nel pollaio della politica internazionale si stanno facendo delle grandi risate nel vedere l’italietta meloniana proiettata alla conquista dell’Africa in nome della lotta agli scafisti, con l’ambizione di divenire l’hub energetico per l’Europa del futuro.
Questa scelta di politica estera ha comportato un atlantismo rigido e subalterno, con un approccio al problema ucraino più vicino a quello dell’Inghilterra, noto paese guerrafondaio, che all’Europa, con il risultato di indebolire la già debole politica estera del continente. Questo spostamento della Meloni su posizioni di destra liberale potrebbe aver lasciato scoperto uno spazio alla sua destra nel quale cerca di insinuarsi un suo vecchio camerata, Gianni Alemanno, progettando la nascita di una nuova formazione politica che dovrebbe coniugare un consenso potenzialmente esistente
nell’elettorato di destra, alimentato da un’incapacità totale della sinistra di rappresentare ceti e classi sfruttate, i diseredati, gli esclusi quelli che sono vittime della soppressione del reddito di cittadinanza e dei nuovi provvedimenti da vecchio regime come quello del bonus povertà. Ovviamente la destra sociale si propone di svolgere questo compito, selezionando i diseredati e ben distinguendo fra quelli autoctoni, dotati di cittadinanza italiana, e i migranti verso i quali si sostiene la politica repressiva e di emarginazione che peraltro la destra al governo non è totalmente in grado di assicurare poiché, avendo responsabilità rispetto al mercato del lavoro si è accorta che bisogna aprire agli immigrati di cui il paese ha bisogno anche se non sa come rispondere compiutamente a questa richiesta e come provvedere ad addestrare la forza lavoro necessaria al mercato del lavoro.
Un partito per la destra sociale
Il 31 di luglio si è tenuto ad Orvieto il ‘Forum dell’Indipendenza Italiana’ con la partecipazione di 38 sigle della destra sociale e dell’ambiente del dissenso di destra; nell’iniziativa sono confluiti organizzazioni come; Casa Pound Italia, Forza Nuova, Fronte Nazionale, Movimento fascismo e libertà, Partito socialista nazionale, Movimento idea nazionale, Movimento sociale fiamma tricolore, Blocco studentesco, Azione studentesca, Lotta studentesca, per citare le sigle che rappresentano organizzazioni di una qualche consistenza, lanciando un loro programma politico comune contenuto nel cosiddetto “manifesto di Orvieto” Questa nuova formazione politica che probabilmente nascerà in autunno intende pungolare da destra il governo Meloni con iniziative di carattere sociale, come ad esempio iniziative contro l’autonomia
differenziata, difesa dei percettori del reddito di cittadinanza, vicinanza alle fasce più deboli della popolazione, sostegno alla richiesta del salario minimo e via dicendo.
È del tutto evidente che la nuova formazione politica presume di avere davanti grandi praterie da conquistare vista l’assenza totale o quasi di iniziative della sinistra e non solo di quella riformista, ma anche di quella rivoluzionaria e antagonista, la quale ha da tempo perso l’abitudine ad occuparsi dei problemi reali dei nemmeno abbienti, organizza con sempre un maggiore fatica le lotte per il salario, per la casa, per la sanità, per l’assistenza sociale ed è sempre meno in grado di intervenire sulle situazioni di forte disagio sempre più numerose nel paese. Al tempo stesso languono le iniziative a sostegno dei migranti, contro lo sfruttamento del lavoro nero e precario, il sostegno alle lotte di fabbrica, della logistica, delle fasce più povere e disagiate del lavoro, al crescente precariato, prova ne sia l’assenza di ogni significativa iniziativa di lotta contro il ricorso ai voucher reso legittimo dalla politica sul lavoro del governo.
In queste contraddizioni la nuova formazione politica di destra intende inserirsi con forza contestando il governo a parole ma nei fatti togliendo spazio all’opposizione di sinistra, incapace di svolgere i suoi compiti di opposizione al governo fascista del paese.
La Redazione