L’Italia neofascista decide di essere autarchica, termine che significa “bastare a sé stessi”, di diventare autosufficiente e non dover dipendere dalle importazioni estere per i materiali occorrenti alla transizione ecologica, come il litio e il cobalto, essenziali per la costruzione di batterie elettriche. Per questo motivo il ministro del Made in Italy Urso ha sposato la tesi di uno studio del CNR nel quale si sostiene di aver localizzato attraverso delle ricerche geologiche alcune aree nelle quali sarebbero presenti significativi giacimenti di litio e cobalto.
Un’accurata revisione dei dati geologici, mineralogici e geochimici disponibili avrebbe consentito di individuare due aree principali ad alto potenziale: la fascia vulcanico-geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania) dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 mg/l e la fascia al fronte della catena degli Appennini (da Alessandria fino a Pescara) dove sono presenti manifestazioni termali, con contenuti in litio fino a 370 mg/l, associati spazialmente a giacimenti di idrocarburi.
A ben vedere si tratta di siti in larga parte già conosciuti nei quali si svolgevano attività minerarie fin dall’antichità successivamente dismesse a causa degli alti costi delle lavorazioni a fronte di un rendimento molto limitato dei siti in questione. L’Italia è costellata di vecchie miniere, pozzi di estrazione e quant’altro ormai dismesse tanto che si può affermare che in Italia è totalmente assente una manodopera qualificata capace di svolgere attività minerarie. La novità sarebbe rappresentata dal fatto che i valori riscontrati nei fluidi profondi del pianeta per quanto riguarda il litio permetterebbero l’estrazione del metallo con la tecnica conosciuta come Direct Lithium Extraction, permettendo ai giacimenti un significativo rendimento anche se questa tecnica di estrazione è di impatto ambientale devastante. Non va dimenticato infatti che in particolare l’estrazione di litio avviene con un processo molto lungo e complicato che può durare da otto mesi fino a tre anni. Inizia con la perforazione di un foro e il pompaggio della salamoia in superficie. I minerali dissotterrati vengono poi lasciati all’aperto a evaporare per mesi in vasche di decantazione dalle quali emanano miasmi non proprio salubri, creando prima una miscela di manganese, potassio, borace e sali che viene filtrata e posta in un’altra vasca di evaporazione. Occorrono tra i 12 e i 18 mesi perché la miscela venga filtrata a
sufficienza per poter estrarre il carbonato di litio.
Sebbene questa fase sia oggi economica ed efficace, necessita di un dispendio di molta acqua (stimata in 500.000 galloni per tonnellata di litio estratto). Questo esercita una forte pressione sulle comunità locali che vengono private di una risorsa essenziale all’agricoltura e alle altre attività economiche del territorio oggi divenuta sempre meno disponibile a causa dei mutamenti climatici e di una inesistente gestione delle acque sul territorio. Per non avere una dimensione del problema basti pensare che ad esempio, nel Salar de Atacama in Cile, l’attività estrattiva ha causato la perdita del 65% dell’acqua dolce della regione, mettendo a dura prova gli agricoltori locali che hanno dovuto rifornirsi altrove per continuare il loro lavoro.
Tutto ciò fa pensare che, visto l’assetto del territorio italiano, le difficoltà per l’estrazione e la lavorazione del minerale sarebbero difficilmente affrontabili, tanto più a fronte della crisi idrica conseguente ai mutamenti climatici.
Raccogliendo gli stimoli provenienti dalla politica dagli ambienti scientifici rileviamo che arrivano sussurri sulla presenza un po’ dovunque sul territorio italiano di giacimenti di metalli preziosi e ricercati dall’industria che sarebbero divenuti ora competitivi ed economicamente convenienti utilizzando moderne tecniche di estrazione che permettono di giungere a maggiori profondità e di effettuare più raffinate lavorazioni. La consistenza di queste voci ed orientamenti sarebbe confermata dalle scelte delle aziende per la transizione green le quali pensano ad una transizione possibile. Ciò fa sì che anche nel governo vi sia chi ritenga che evidentemente gli industriali sanno dove trovare le materie prime occorrenti.[1]
I diversi orientamenti nel governo
Questo orientamento è stato sposato e condiviso da Fratelli d’Italia non solo per ragioni ascrivibili al fascino dell’autarchia, esercitato sul partito dalle reminiscenze storiche ad esso tanto care, ma anche per dare spazio alla politica della premier di avvicinamento all’Europa e alla maggioranza che la governa, con una parte della quale il gruppo dei
Conservatori da lei presieduto ambirebbe di giungere ad un accordo per la prossima Commissione. Qualora il paese disponesse delle materie prime necessarie per la produzione di automobili elettriche sarebbe più facile addivenire ad un accordo con la componente democristiana del Parlamento europeo all’interno della quale le posizioni green trovano largo consenso. Non sembra essere convinta di queste possibilità la Lega, la quale ha sostenuto una forte opposizione alla ristrutturazione green soprattutto dell’industria automobilistica, in difesa dei posti di lavoro esistenti, cercando di ritardare
almeno i tempi di attuazione del progetto, in attesa di rivederne orientamenti e caratteristiche. È pure vero che le diverse opinioni tra i due partiti di governo in sede europea si sono poi ricomposte al momento del voto, in occasione del quale sia Lega che Fratelli d’Italia hanno votato contro il Regolamento (UE) 2021/1119, detto anche “Normativa europea sul clima”, ma sembra di poter affermare che la Lega va oltre, fino a sostenere la reintroduzione del nucleare in Italia come soluzione ai problemi energetici del paese, sposando il mito del nucleare pulito e di quarta generazione.
La scommessa Ucraina
Chi sostiene l’esistenza di una soluzione autarchica del problema omette di ricordare, per pudore, che l’industria europea, soprattutto quella tedesca, ha puntato molto ai giacimenti di litio, cobalto e gas che sarebbero localizzati nel Donbas – peraltro a detta di una spedizione geologica predisposta dal CNR italiano – e nella Crimea da recuperare, scommettendo incautamente sulla sconfitta russa, ma ancor più sulle supposte ricchezze minerarie in aree come quelle di Mariupol – i cui giacimenti sono tutti da verificare – che sarà problematico recuperare e alle quali sarà difficile comunque
accedere, devastate come sono dalla guerra e dalle migliaia se non milioni di mine disseminate.
Se lo facesse dovrebbe ammettere che il tanto entusiastico aiuto all’Ucraina non è motivato da ragioni di solidarietà verso il paese aggredito, ma da un mero e squallido calcolo di interesse, finalizzato a vincolare al mercato europeo le risorse del paese, con la conseguenza di dover spiegare che la guerra ucraina è una guerra combattuta per gli
interessi economici dell’Europa da una parte e della Russia dall’altra, la quale era stata esclusa per legge dal poter entrare nel mercato ucraino e proporsi come soggetto gestore delle risorse delle quali parliamo. Si veda al riguardo la legge ucraina sulla redistribuzione della proprietà della terra e delle risorse minerarie che precede di due anni lo scoppio del conflitto.
Comunque vada, per quanto riguarda gli approvvigionamenti delle materie prime sul mercato è del tutto evidente che sarà inevitabile una situazione di dipendenza dalle forniture dei paesi che posseggono direttamente i giacimenti di Litio e cobalto e di terre rare o ne controllano lo sfruttamento, come la Cina e la Russia. In questa situazione c’è il rischio concreto che la ricerca parossistica di giacimenti sul territorio italiano trovi spazio, di fatto giustificando le aspirazioni autarchiche dell’attuale governo.
Ma anche nell’eventualità che questi problemi vengano risolti resta quello dello smaltimento problematico delle batterie usate che presenta grandi problemi di inquinamento dei territori e delle falde acquifere E da ciò consegue che la scelta dell’abbandono del motore a scoppio per passare a quello elettrico, sulla base delle conoscenze scientifiche attuali non è poi così ecologica, ma rischia semplicemente di esportare da un settore all’altro l’inquinamento del pianeta.
E. P.
[1] Sul punto vedi: Saverio Craparo, Testacoda – passato e futuro dell’energia nucleare, Newsletter Crescita Politica, N°156, Febbraio 2022.
http://www.ucadi.org/2022/02/21/testacoda-passato-e-futuro-dellenergia-nucleare/ [2] Vedi la legge Про внесення змін до Земельного кодексу України та інших законодавчих актів щодо удосконалення системи управління та дерегуляції у сфері земельних відносин”, Kiev, 31 marzo 2020, N 552-IX) e Gianni Cimbalo, Le cause economiche della guerra ucraina, Newsletter Crescita Politica, n°160, giugno 2022, http://www.ucadi.org/2022/06/22/le-cause-economiche-della-guerra-ucraina/
[3] Saverio Craparo, Illusione elettrica, Nesletter Crescita Politica, n° 115, febb. 2019, http://www.ucadi.org/2019/02/01/illusione-elettrica/; S.C., Ci sono o ci fanno?, Newsletter Crescita Politica, n° 160, giugno 2022, www.ucadi.org/2022/06/22/ci-sono-o-ci-fanno/