La destra, si sa, ha poca disponibilità all’innovazione, ama la tradizione, ed è per questo motivo che di fronte al problema dell’inflazione che morde, della povertà che dilaga, del numero crescente di poveri, ricostruisce di l’Ente Comunale di Assistenza (ECA) e riscopre le tessere annonarie. Decisa a smantellare il reddito di cittadinanza, misura simbolo dei 5 Stelle, la destra deve pure inventarsi qualcosa per intervenire a tamponare il disagio sociale delle fasce più deboli della popolazione e allora, come suo costume, ricorre all’arsenale della tradizione, e rispolvera misure simboliche che hanno l’effetto di riproporre le sue radici, e essere immediatamente distinguibili ed identificabili dal suo elettorato. Nel caso di specie per operare si parte dal principio che tutto era stato creato, che tutto esisteva, tutto era perfetto, quando c’era Lui, “Capone“, il quale aveva provveduto ai bisogni del popolo. Durante il fascismo il problema della povertà venne affrontato smantellando le congregazioni di carità, assorbendone i patrimoni, per creare l’Ente Comunale di Assistenza (ECA) con la legge del 3 giugno 1937 numero 847. Per completare l’opera il regime definì le attività del nuovo ente con una nuova parola: assistenza, che sostituì al quasi offensivo concetto di carità.
Lo scopo dell’ECA era quello di assistere coloro che versavano in condizioni di particolare necessità e disagio provvedendo a coordinare le varie attività esistenziali esistenti nel Comune. L’ente aveva inoltre il compito di curare gli interessi dei poveri assumendone la rappresentanza legale davanti alle autorità amministrative e giudiziarie, ritenendo che i poveri fossero incapaci di difendersi legalmente – e questo poteva sembrare un intento nobile – ma in realtà ribadendo la loro diminuita rappresentanza legale a causa della povertà, ritenuta un marchio di inferiorità che era di ostacolo al godimento della piena capacità giuridica. L’ECA aveva inoltre il compito di assistere gli orfani e i minorenni abbandonati, i ciechi e i sordomuti indigenti, amministrare le istituzioni di assistenza e beneficenza che le erano state affidate, gestire lasciti e donazioni.
L’ECA ha mantenuto i suoi compiti ben oltre la durata del regime e via via si è visto anzi attribuire nuovi compiti almeno fino al 1963 per poi vederseli restringere all’assistenza ai ciechi e agli invalidi civili. Solo nel 1977 l’ente è stato Soppresso, ma questo carrozzone sopravvisse per la sua definitiva liquidazione fino al 2008 quando venne
definitivamente soppresso con la legge 112.
L’esistenza di questo ente presso i comuni costituiva un formidabile strumento per procacciare consenso tra gli elettori più poveri in occasione delle elezioni perché in coincidenza con i confronti elettorali si provvedeva a corrispondere alle fasce più disagiate della popolazione aiuti che sarebbero stati ripagati dal consenso elettorale. L’Ente distribuiva inoltre posti di lavoro e assicurava rendite alla clientela dei gestori nominati dal Comune.
Direttamente connesso all’attività dell’ente era lo strumento della tessera non aria un documento personale con il quale veniva definita la quantità di merci e di generi alimentari razionati acquisibile in un determinato lasso di tempo durante il periodo delle sanzioni e del secondo conflitto mondiale. Questa tessera significativamente ribattezzata a livello popolare come tessera della fame Veniva rilasciata dal comune era nominativa di durata bimestrale e su di essa venivano incollati dai bollini che rappresentavano il totale consumo mensile di pasta, olio e zucchero mentre il pane e il latte erano esclusi e distribuiti a parte punto la tessera stampata su carta a colori diversi a seconda dell’età contenere le generalità del possessore scritte con inchiostro nero indelebile. Si badi bene, a date prestabilite bisognava recarsi da un fornitore abituale per la prenotazione provvedendo ad indicare i generi alimentari e in seguito anche di vestiti e di altri beni e prelevando poi a date stabilite a prelevare le merci prenotate. Visto che con l’alto tasso di inflazione i prezzi variavano di mese in mese era abitudine comune prelevare tutto quanto fosse possibile in un’unica soluzione.
Naturalmente anche questo sistema non era esente da frodi in quanto si provvedeva al commercio delle tessere, a stamparne di false, a provvedere al baratto delle merci in possesso nella disponibilità degli intestatari delle tessere vedi o presunti che fossero.
La social card del Governo Meloni
Ora, nella sua lotta senza quartiere contro i poveri, dopo aver di fatto soppresso il reddito di cittadinanza, il governo Meloni si è inventato la social card di 380,5 € da distribuire a disposizione dei nuclei familiari che si trovano in situazioni di indigenza. Ciò che c’è di nuovo è innanzitutto il nome per il quale si ricorre all’odiato uso della lingua
inglese, che avrebbe dovuto essere bandito per legge e che da allora in poi non è stato mai così usato dal governo e dai sostenitori dell’uso esclusivo della lingua italiana, ma c’è di più: la card ha un nome a presa per il culo: “Dedicata a te”, non va ai poveri e soprattutto non è di semplice uso. Distribuita dalle poste secondo elenchi compilati sulla base dei dati forniti dall’Inps la card è innanzitutto di difficile aggiudicazione poiché prevede che ne usufruiranno quei nuclei familiari che avranno presentato in tempo utile la documentazione Isee e risulteranno percettori di un Isee inferiore a 15 euro l’anno. L’aiuto una tantum riguarda circa un milione e trecento mila famiglie e non può essere sommato ad altre provvidenze. Sono infatti automaticamente esclusi tutti coloro che ricevono il reddito di cittadinanza, la disoccupazione, la cassa integrazione, la mobilità e qualsiasi altra forma di indennità o aiuto. Inoltre il nucleo deve essere composto dal
almeno tre persone: niente genitori single. Dalla misura sono infatti fascisticamente esclusi i nuclei familiari formati da una singola persona o quelli privi di figli in omaggio a quello che fu la legislazione fascista contro il celibato con la sola differenza che invece di richiedere il pagamento di una tassa i singoli e le famiglie senza figli, se vogliono mangiare, che almeno scopino e facciano figli, e naturalmente si sposino, rendendosi utili alla società anche perché non si vede altrimenti il motivo per mantenerli a spese della collettività. Ma c’è di più e chi si illudeva e questo bastasse ha sbagliato i
suoi calcoli.
Da buoni fascisti, gli accoliti della Meloni, nel progettare la misura, hanno voluto essere didattici ed hanno quindi previsto una griglia di alimenti che possono essere acquistati con la card in quanto utili e necessari ad una sana alimentazione; ecco perché ad esempio si può acquistare del pesce fresco, ma non quello congelato, alcuni beni sono
disponibili altri no, perché e il governo decide anche la dieta: A quanto le disposizioni anche relative all’uso delle spezie per cucinare?
Ciò che preoccupa è che sembra che il paese non si accorga di quanto sta avvenendo e ingurgita senza fiatare queste stronzate che guidano vendetta da parte di ogni persona di buon senso.
Il governo può così permettersi, senza alcun pudore, di inondare con spoot televisivi che offendono le intelligenze più sprovvedute. la televisione di Stato per propagandare il baratto tra una elemosina di 400 € annuali e un reddito di cittadinanza che ,sarà stato certamente uno strumento imperfetto, ma forniva mediamente 570 € mensili senza
discriminare coppie senza figli e individui singoli.
Tutto questo senza dimenticare l’opposizione all’introduzione del salario minimo che non a caso si accompagna con il ripristino dei vaucer, con il lavoro in affitto, con quello precario, nel mentre si favorisce con l’aumento dell’emigrazione clandestina il rifornimento costante del mercato del lavoro nero, mettendo a disposizione di imprenditori privi di scrupoli e caporali criminali un esercito industriale di riserva sterminato.
La Redazione