La destra al governo ha abilmente spostato il dibattito ereditato dalla scorsa legislatura sul riconoscimento dei diritti delle coppie di genitori dello stesso sesso (legge Zan) sul problema dell’utero in affitto che in Italia è una pratica estremamente limitata; inoltre, su dieci coppie che vi ricorrono nove sono eterosessuali. Si stima inoltre che non siano più di 250 le coppie che nel nostro paese sono ricorse a questa pratica per avere un figlio o una figlia. I partiti sedicenti di sinistra e la stampa sono caduti nella trappola mediatica, prova ne sia che la destra, agli occhi dell’opinione pubblica, è riuscita a mascherare l’attacco che sta portando alla famiglia non tradizionale, screditandola, con l’intento di demolire gli spazi di legalità e di consenso sociale verso le coppie di genitori dello stesso sesso. Ciò che la destra non sopporta è che le famiglie di coppie dello stesso sesso siano accettate dalla collettività che sempre più considera queste unioni e i loro figli come una famiglia all’interno della quale si sviluppano situazioni di solidarietà e
d’amore. Prova ne sia che l’attacco sferrato ha spostato sulla registrazione all’anagrafe dei figli delle coppie di genitori dello stesso sesso – i quali, è bene ricordarlo – non sono tutti figli nati ricorrendo all’utero in affitto, ma come è noto ed evidente, sono il frutto di una maternità che ricorre a un donatore del seme estraneo alla coppia consenziente alla inseminazione naturale o artificiale che sia e vietando, nonostante l’adozione in casi speciali, consentita a seguito della sentenza n. 79 del 2022 della Corte costituzionale “che garantisce all’adottata o all’adottato lo stato di figlia/o dell’adottante”, consentendo che i figli vengano riconosciuti come di entrambi i genitori tramite la procedura di adozione.
Ciò detto, viene da chiedersi che colpe abbiamo i figli del fatto di essere stati in tal modo concepiti per essere privati della protezione legale dei loro genitori e di essere non iscritti regolarmente all’anagrafe, sotto la responsabilità genitoriale di ambedue gli appartenenti alla coppia, in modo da poter accedere ai servizi, da quello sanitario a tutti gli altri, previsti dall’ordinamento per tutti i cittadini, per consentire ad ambedue i genitori di accudirli e ugualmente tutelarli.
In altre parole, non si capisce perché questi bambini debbano essere declassati per scelte del tutto legittime imputabili, comunque, esclusivamente ai loro genitori, i quali vengono ostacolati nell’esercizio delle attività genitoriali.
Si comprendono gli intenti che la destra vuole perseguire se si considera che nel sentire comune questi bambini vengono accolti nelle strutture sociali agli occhi dei loro coetanei come tutti gli altri e tutto ciò si riflette sulla loro famiglia che viene considerata come tale ne sentire sociale. Ecco perché, discriminarli nei diritti, serve a reprimere, a
punire, a sanzionare, il comportamento dei loro genitori, anche se a pagarne il prezzo sono i bambini. L’obiettivo vero della destra è quello affermato da Salvini, il quale non si stanca di ribadire che ogni bambino deve avere un babbo e una mamma, dimenticando che questa non è la regola, anche perché può succedere per una larga messa di accadimenti che il bambino cresca, e bene, accudito all’interno di una coppia di persone, ugualmente amorevoli e attente, affettuose e presenti, a prescindere da quale sia la loro appartenenza di genere e dai legami giuridici con i bambini.
Premesso che è del tutto evidente e prioritario smascherare questa operazione mediatica, non ci sottraiamo alla necessità di confrontarci sul problema dell’utero in affitto, anche se questa problematica viene, al solito, presentata come un’emergenza e finisce oggi per essere utilizzata come arma di distrazione di massa per sviare e distrarre il dibattito pubblico da problemi più rilevanti e centrali nella società italiana quali la crescita delle morti sul lavoro, i salari da fame, la crescita dell’inflazione, la precarietà del lavoro, la distruzione di intere filiere produttive con l’espulsione dal mondo del lavoro dei lavoratori ultraquarantenni che sono messi nelle condizioni di non poter più trovare una collocazione dignitosa nel mondo del lavoro, le crescenti carenza del sistema sanitario, l’assenza del diritto alla casa, le crescenti disuguaglianze,
la penalizzazione dei poveri e degli emarginati.
A cadere nella trappola mediatica sono stati i nuovi gestori del PD che sono subito scese in campo a fianco delle famiglie LGBT+ rinforzando e legittimando l’operazione mediatica della destra che ha avuto modo di sottolineare che non altrettanto impegno è stato profuso nella lotta di difesa dei diritti sociali, soprattutto di quelle delle classi subalterne.
La fecondazione eterologa
Per fare chiarezza sull’intera questione ci sembra opportuno iniziare rilevando che le crescenti capacità della scienza hanno permesso agli umani di intervenire in modo sempre più incisivo sui processi naturali, ponendo non pochi problemi etici rispetto alle richieste ed esigenze crescenti di porre rimedio ai limiti alle aspettative e ai desideri delle persone umane. Lo sviluppo della genetica, in particolare, consente oggi di intervenire nelle fasi iniziale nella vita degli esseri umani, agendo sia sull’ovulo, che sullo sperma e sull’embrione, per evitare il manifestarsi di malattie genetiche e prevenire le cause di malformazioni che potrebbero compromettere una vita sana nel futuro bambino. Questi interventi – non neghiamolo – pongono problemi etici superabili, considerando prevalente l’interesse del nascituro ma si prestano a richieste a volte discutibili, riguardanti le caratteristiche nel futuro bambino, che sono certamente da deplorare, come quelle che riguardano la predeterminazione di caratteristiche fisiche del nascituro, come il colore degli occhi e quant’altro.
Quanto elaborato a livello medico si interseca con le aspirazioni e i desideri degli esseri umani e con l’evoluzione del costume: ecco quindi l’emergere nel dibattito pubblico e a livello sociale del ruolo delle relazioni affettive tra persone dello stesso genere che, si badi bene, ci sono sempre state, anche se ipocritamente nascoste. Soprattutto il dibattito sulle relazioni affettive condotto senza preconcetti ha portato oggi alla presenza di relazioni tra persone dello stesso genere rese palesi e manifeste, regolate dalla legge prevedendo diritti ed obblighi, e alla corrispondente richiesta da parte di queste coppie di vivere questo rapporto con tutte le possibili similitudini, trattandosi di un rapporto affettivo, rispetto a quello che si sviluppa tra coppie eterosessuali, compreso l’accesso alla maternità e alla paternità per i soggetti coinvolti, come
completamento della loro relazione.
Come frutto di un sentire sociale che pone al centro del rapporto individuale e sociale lo sviluppo dell’individuo è cresciuta, dunque, la richiesta di estendere il diritto alla procreazione anche alle relazioni affettive sviluppate fra persone dello stesso sesso. Parallelamente lo sviluppo della genetica ha consentito di mettere a punto le necessarie procedure di inseminazione artificiale assistita che hanno a loro volta consentito la possibilità di una inseminazione anche da donatori anonimi. Ciò ha complicato notevolmente tutto ciò che riguarda la procreazione, per cui le società hanno sentito il
bisogno di normare queste procedure, stabilendo delle regole e consentendo la liceità delle richieste e delle procedure idonee per soddisfarle. Da questa scelta consegue necessariamente l’apertura del matrimonio non solo nella direzione del superamento del rapporto tra i due coniugi, con forme di famiglia allargata, ma anche la possibilità di estendere il rapporto matrimoniale e quello genitoriale anche alle coppie dello stesso sesso.
Se le richieste genitoriali delle coppie formate da due donne sono perfettamente risolvibili attraverso la gestazione della gravidanza da parte di una di esse, inseminata o naturalmente o attraverso fecondazione assistita, da parte di un donatore, la stessa richiesta non è immediatamente esauribile quando perviene da una coppia formata da due uomini.
A questo riguardo la genetica ha elaborato una soluzione, sviluppando una particolare branca della medicina e procedure idonee che consentono la fecondazione di un’altra donna, estranea al rapporto, che si rende disponibile a prestare il proprio corpo per far crescere e sviluppare una persona umana. Questa pratica viene utilizzata anche da donne non più fertili o afflitte da malformazioni che impediscono loro la gravidanza, procedendo all’impianto di un ovulo da esse fornito, provvedendo a fecondarlo ed impiantandolo nell’utero di una madre surrogata, dichiaratasi disponibile ad
assecondare il desiderio di maternità della donna inabile alla procreazione e naturalmente ancor più dell’uomo. Per esaudire il desiderio di procreare da parte di una di una coppia omosessuale maschile si utilizza l’utero della donna che mette a disposizione il proprio corpo e un proprio ovulo o ad impiantarne uno già fecondato. La maternità surrogata riguarda dunque esclusivamente questo secondo caso e coinvolge le coppie genitoriali di genere maschile e le donne inabili, per le cause più diverse, nella procreazione.
Fare di tutte le erbe un fascio e quindi legare il problema del ricorso all’utero surrogato a tutte le questioni inerenti alla procreazione delle coppie di genitori dello stesso sesso è dunque errato e fuorviante, ma si presta a conseguire l’obiettivo politico di critica a una diversa visione del rapporto genitoriale, ammettendo come lecito esclusivamente
quello formato da una coppia eterologa. Rimane il fatto che qualunque cosa si pensi del matrimonio e dell’unione affettiva tra due esseri umani che le scelte di una coppia genitori dello stesso sesso o di genitori che hanno fatto ricorso all’aiuto medico per la procreazione, ricada sui bambini e questo anche perché una volta che essi sono nati, sono persona, sono titolari di tutti i diritti che sono propri di ogni essere umano.
Da quanto sopra inequivocabilmente discende che negare mediante una circolare l’iscrizione all’anagrafe di una famiglia perché unigemitoriale può non avere alcuna implicazione con la maternità surrogata, ma costituisce piuttosto uno strumento per ostacolarne comunque l’esercizio della genitorialità da parte di famiglie costituite da persone dello stesso sesso.
La maternità surrogata
Una volta definito il rapporto che intercorre dal punto di vista fisico e funzionale tra la madre surrogata e i committenti del rapporto procreativo, si pone il problema di come valutare giuridicamente questo fatto, come regolamentarlo, quali tipi di rapporti contrattuali associare al verificarsi di questo evento, posto che tutte le attività umane
sono suscettibili di essere condizionate da relazioni economiche e di interesse (non è un caso che per il diritto si parli di contratto matrimoniale).
In altre parole può accadere e accade che vi siano delle donne che prestano gratuitamente il proprio corpo pur di veder realizzata l’aspirazione alla genitorialità di due soggetti di per sé geneticamente incapaci di sviluppare una gravidanza utilizzando esclusivamente i propri corpi, ma l’esperienza dimostra, e più spesso accade, che tale attività venga prestata in cambio di una remunerazione, e comunque si pone l’esigenza di regolamentare giuridicamente il rapporto che si determina tra i diversi soggetti, anche in relazione al futuro destino del nascituro.
Da queste esigenze sono nati i contratti relativi alla regolamentazione delle procedure connesse alla pratica dell’utero in affitto, in sistemi giuridici tra loro tra i più diversi, come gli Stati Uniti (in alcuni Stati), il Canada, ma anche il Belgio, l’Ucraina, la Russia, solo per citarne alcuni. Tutti gli schemi contrattuali previste da queste leggi sono caratterizzati dalla preoccupazione di garantirsi contro possibili utilizzazioni fraudolente del corpo della donna e prevedono quindi una remunerazione per la prestazione effettuata che dovrebbe impedire forme di sfruttamento. Tali contratti che obbligano i committenti a sostenere le spese di mantenimento e quelle relative alla gestazione, spesso prevedono precise clausole relative alle modalità con le quali le gestanti conducono la gravidanza, obbligandole a comportamenti ritenuti funzionali ad una sana conduzione della gestazione per non pregiudicare lo status e la salute del nascituro, ma che risultano di fatto gravemente limitativi dei diritti della persona della donna che accetta di condurre tale pratica. Questi contratti regolamentano inoltre la fase successiva al parto e prevedono e regolamentano la consegna del neonato ai committenti, senza che la madre naturale possa esercitare alcun diritto sul nascituro e giungendo fino al punto di escluderei ogni possibilità per i bambini nati da fecondazione assistita di poter conoscere l’identità della madre originaria (diritto normato in Italia dall’art. 24 comma 5 della L. 149/2001, che concede all’adottato/a che ha compiuto 25
anni di accedere a queste informazioni con istanza al Tribunale dei Minori).
È proprio questo insieme di condizioni che caratterizzano la maternità surrogata a suscitare le maggiori riserve e le contrarietà verso questa pratica, evidenziando l’importanza del legame che si crea fra il taciturno e la gestante, l’inevitabile rapporto affettivo, filiale, che lega i due soggetti, che viene inevitabilmente reciso per contratto, senza che la madre gestante posse mutare opinione sulla consegna del nascituro alla coppia committente. Si apre a questo punto il dibattito etico, filosofico, sociale sull’ammissibilità di questi comportamenti, costringendo ognuno di noi ad interrogarsi
sul problema e quindi a chiedersi se sia lecito ed accettabile consentire l’esercizio di queste pratiche, piuttosto se ciò non contrasti con un’etica sociale condivisa.
Se le relazioni sociali sono quelle contrattuali e mercantili tipiche della società capitalistica, che pongono al centro della realizzazione degli uomini e delle donne una visione individualistica e non solidaristica della vita e delle relazioni affettive, la regolamentazione giuridica delle pratiche di maternità surrogata attraverso leggi adeguate ad evitare lo sfruttamento della donna gestante, come ad impedire attraverso l’esercizio di un’attività ricattatoria, di pressioni di carattere economico come condizione per rispettare il contatto non bastano a risolvere i problemi. Certamente leggi adeguate a regolamentare le diverse fattispecie sono necessarie, ma da esse comunque non devono riscendere conseguenze negative per il nuovo nato, il quale, divenuto persona, acquisisce tutti i diritti di status che gli appartengono e che prescindono dalle modalità con le quali egli è venuto alla vita.
In una società altra, basata sui valori della solidarietà sociale si può ipotizzare e rendere possibile che il desiderio di genitorialità espresso da una coppia unisessuale le possa essere soddisfatto attraverso un accesso facilitato alle pratiche di adozione – da sempre ostacolato per consentire la gestione economica e sociale degli orfani mediante orfanotrofi, spesso fabbriche di profitto – in modo da offrire l’affetto familiare e l’accoglienza ad ogni nuovo nato.
Non neghiamo che anche quando questa visione sociale fosse condivisa rimane aperto il problema della maternità surrogata gestita per solidarietà, per conto di altra donna, impedita dal portarla a termine, a causa di ragioni di salute o di difficoltà fisiche insorte, e che tale maternità non rendono possibile. Ma questa condizione dipende dall’animo umano e pertanto a riguardo non possano esservi certezze. Peraltro, riteniamo che la capacità normativa del diritto, la forza delle norme dell’ordinamento giuridico, abbiano dei limiti, costituiti dall’inaccettabilità dello Stato etico, e ogni persona debba fare riferimento a quell’orientamento morale ed etico che è comunque patrimonio e frutto dell’elaborazione di ogni persona umana, in quanto le scelte valoriali vanno risolte nell’individuo, nel suo foro interno, prima che mediante il diritto.
Ciò fermo restando – lo ribadiamo ancora una volta – che i diritti del nuovo nato non possono comunque essere pregiudicati. Egli, infatti, è una nuova persona, che, come tale, va tutelata dalla società nel suo sviluppo, consentendo una crescente autonomia dell’individuo, ridimensionando progressivamente il potere genitoriale, e consentendo la ricerca e la sperimentazione di una vita degna di essere vissuta, mano a mano che con l’età l’autonoma personalità dell’individuo si arricchisce di esperienze culturali e derivanti dalle relazioni umane, individuali e sociali.
Maternità surrogata reato universale
Tutto ciò premesso l’intento della maggioranza di governo, e in particolare le posizioni su questo tema espresse in più occasioni dalla ministra della famiglia e dall’intero governo di dichiarare la maternità surrogata reato universale, risulta essere nei fatti un provvedimento demagogico-dichiarativo, privo di effetti giuridici e frutto del modus operandi di chi ritiene di poter imporre la propria giurisdizione e la propria legge al mondo intero. Per perseguire qualcuno per aver commesso un reato è necessaria la collaborazione dell’ordinamento dello Stato nel quale si ritiene che il reato sia stato
commesso. Ottenere tale collaborazione è necessario per istruire il processo e procedere all’erogazione della pena ma il fatto che quelle condotte che in Italia si ritengono illeciti nel paese nel quale sono state messe in atto sono leciti e regolati dalla legge. Diviene pertanto impossibile per l’ordinamento di questi stati fornire alcuna collaborazione per istruire il processo. Diviene così evidente e palese il fine demagogico e propagandistico che caratterizza le dichiarazioni del Governo e tutto questo per coprire e giustificare i provvedimenti repressivi diretti a colpire e discriminare le famiglie di genitori dello stesso sesso, obiettivo certamente privilegiato rispetto a quello di incrementare comunque le nascite di bambine e bambini figli anche se solo in parte della stessa linea genetica, nell’ottica di contrastare la paventata sostituzione della popolazione italiana che, frutto di una congiura internazionale, mirerebbe alla sostituzione etnica. Evidentemente, nella destra l’avversione verso l’omosessualità vince perfino sul timore della sostituzione etnica. Ma, attenzione, occorre tenere conto che ciò che disturba la destra è la natura aperta che si vuole conferire all’istituto matrimoniale che, in una visione antiautoritaria delle relazioni sociali e umane, mette in discussione il principio d’autorità e la visione patriarcale della famiglia, incide profondamente sull’educazione dei figli e offre spazio al pluralismo ideologico.
La Redazione