Antifascismo per principianti

L’ultima boutade del Presidente del Senato su via Rasella è interessante da diversi punti di vista.
Innanzitutto perché pare che 80 anni siano passati invano così che il motore incantato di una narrazione del tutto avulsa dalla realtà prosegue senza preoccuparsi minimamente di dargli anche un’occhiata a questa realtà. Insomma la narrazione fascista (monito che non verrà mai ascoltato, ma che dovrebbe fare riflettere chi è
innamorato degli “story telling”) non è variata di una virgola in quasi un secolo.
Del resto la boutade fa il paio con l’affermazione della Meloni sulle Fosse Ardeatine, dove, a suo dire, furono uccise 335 persone solo perché “italiani”. Una castroneria.
Prima di occuparmi della questione specifica voglio anche precisare che, seppure potrebbe trattarsi di una boutade per buttarla in caciara e non parlare dell’assoluto nulla rappresentato dal governo Meloni, è pavlovianamente interessante che la tematica sia sempre la stessa.
In caciara sì, ma sempre da fascisti.
Dunque parliamo del fatto in sé. Innanzitutto l’attentato di via Rasella non colpì affatto una banda di musicisti italiani di mezza età. L’ 11ª Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment “Bozen”, oggetto dell’attacco dei GAP, era composto da altoatesini utilizzati in funzione antipartigiana e responsabili di diversi massacri. Dal punto di vista militare erano un obbiettivo legittimo. Che questo attentato abbia portato a discussioni è normale come in molte azioni partigiane. Il mondo della resistenza non era un monolite e la diversità di visione erano all’ordine del giorno.
Che quell’attentato non andasse fatto perché “si sapeva” della rappresaglia è una interpretazione assai discutibile, in quanto la rappresaglia non era codificata da nessuna norma e fu una prassi messa in atto dai nazisti per terrorizzare la popolazione. Se i partigiani avessero dovuto osservare queste cautele nelle loro azioni, tanto valeva che non iniziassero nemmeno. Inoltre, curiosa interpretazione della storia è quella che considera le stragi e i massacri compiuti dai nazisti quasi come un inevitabile fatto “naturale”. Inutile ricordare che non lo era, ma si trattava di scelte consapevoli.
L’altra bufala che viene riportata, a dispetto ormai di assodatissime conoscenze storiche è quella relativa al fatto che i partigiani non si “fossero presentati” come richiesto, al fine di evitare la strage.
Ora, a parte il fatto che non s’è mai visto che un combattente si presenta al nemico dopo un’azione di guerra, non ci fu nessuna richiesta di presentarsi. La notizia che apparve sui giornali (velina dell’agenzia Stefani) il giorno dopo l’attentato, il 24 marzo, recitava:                                                                                                                        “Nel pomeriggio del 23 marzo 1944, elementi criminali hanno eseguito un attentato con lancio di bombe contro una colonna tedesca di polizia in transito in Via Rasella. In seguito a questa imboscata, trentadue uomini della polizia tedesca sono stati uccisi e parecchi feriti. La vile imboscata fu eseguita da comunisti-badogliani. Sono ancora in atto le indagini per chiarire fino a che punto questo criminoso fatto è da
attribuirsi a incitamento angloamericano. Il Comando tedesco è deciso a stroncare l’attività di questi banditi scellerati. Nessuno dovrà sabotare impunemente la cooperazione italo-tedesca nuovamente affermata. Il Comando tedesco, perciò, ha ordinato che per ogni tedesco ammazzato dieci comunisti-badogliani saranno
fucilati. Quest’ordine è già stato eseguito.”
Già, l’ordine era già stato eseguito.
Ma questi fatti sono noti, tra l’altro sviscerati in maniera esemplare dal bellissimo libro di Alessandro Portelli “L’ordine è già stato eseguito” uscito nell’ormai lontanissimo 1999.
Che poi gli uccisi fossero stati uccisi perché “italiani” è davvero una distorsione totale della storia realmente accaduta. Fra i massacrati vi erano ovviamente antifascisti, ebrei, comunisti, uccisi perché invisi al nazi-fascismo, non certo perché italiani, visto anche che chi collaborò alla compilazione e dell’elenco, come il Questore Caruso (fucilato nel dopoguerra) e il Ministro Buffarini-Guidi, erano italianissimi.
E allora perché rimestare nuovamente su queste vicende e rilanciare falsità ormai del tutto improponibili?
A me pare che l’attacco non sia verso l’antifascismo “generico” come oggi purtroppo viene celebrato e vissuto (tutti possono definirsi “antifascisti” ormai), ma sia proprio vero la Resistenza come atto in sé. Ovvero, una delle pochissime volte in cui, dall’Unità d’Italia, una minoranza corposa, sorretta da un consenso rilevantissimo in ampie parti del popolo italiano, scelse da sola. Scelse di darsi una legalità al di fuori di quella
esistente e scelse di abbandonare non solo il ventennio fascista, ma di sottoporre a critica l’intero percorso unitario e, alla fine, anche la Monarchia che questa Unità aveva portato a compimento. Ciò ptodusse un rancore verso una classe dirigente popolare, subito messa a tacere nel secondo dopoguerra e verso la quale rimane una fortissima insofferenza. Questo sentimento, questa avversione, la destra l’ha sempre portato avanti (ovvio), ma è stato il cedimento revisionista della sinistra, le baggianate sui “ragazzi di Salò”, che hanno predisposto il terreno. Perché in tutti e due i casi era ed è insopportabile che qualcuno abbia deciso di prendere le armi per smettere di stare a guardare. Un vulnus che andava presto recuperato, trasformando il fascismo in
una rassegna di bulli e l’antifascismo in una specie di duello rusticano.
Chico Mendes una volta ha detto che “l’ambientalismo senza lotta di classe è giardinaggio”. Se è vero per l’ambientalismo, figuriamoci per l’antifascismo.

Andrea Bellucci