La polemica relativa all’opportunità di inserire il rifacimento dello stadio Franchi di Firenze tra gli obiettivi del PNRR apre una polemica non solo a livello nazionale, ma anche tra i sodali di quel gruppo di politici e faccendieri che ha fino ad ora gestito il “sacco di Firenze”. Negli anni la città toscana è stata ed è al centro di una gigantesca speculazione edilizia e urbanistica che coinvolge politici e faccendieri delle più diverse famiglie e che ne ha stravolto l’assetto urbanistico.
Questo gruppo di affari ha cominciato ad operare grosso modo agli inizi degli anni ’80 individuando nella gestione dell’espansione della città nella piana le occasioni di affari proponendosi di gestire le aree industriali progressivamente dismesse e quindi l’insediamento a Novoli dell’Università e del nuovo Tribunale, ancora l’insediamento
a Sesto dell’area scientifica dell’Università, l’ampliamento (irrazionale e impossibile) dell’aeroporto. Principale attore dell’operazione la Fiat che poteva così collocare sul mercato immobiliare l’area di Novoli cedutagli per 10 milioni a condizione di costruirvi il proprio insediamento e la Fondiaria. Nel 1984 alcuni operatori privati, l’Agip, la FIAT e la
Fondiaria, proprietari di terreni a Novoli e a Castello, manifestano l’intenzione di avviare operazioni immobiliari in quelle aree. Nel marzo del 1985 la Giunta comunale guidata dal repubblicano Lando Conti, con Gianni Conti (DC) all’Urbanistica, avvia una variante del piano regolatore per il settore nord-ovest. Tre miliardi di investimenti e 4 di milioni
di metri cubi l’entità dell’intervento. Per capire quale sia la portata degli investimenti basti considerare che Agip e Fondiaria intervengono su 186 ettari: più del doppio di Milano Fiori e più del Centro direzionale di Napoli; a Novoli la FIAT l’investimento avviene sui 32 ettari del vecchio stabilimento.
90 intellettuali firmano un manifesto contro la gigantesca speculazione, ma invano. Nel 1987 il Comune di Firenze approva il “preliminare” del Piano regolatore e nel 1988 la Regione approva la Variante con alcune prescrizioni inserendo nel piano l’ampliamento dell’aeroporto di Peretola stretto tra le vicine colline e l’autostrada. È troppo e nel marzo del 1989 al Congresso provinciale del PCI passa una mozione contraria alla Variante, presentata dalla Federazione giovanile. I dirigenti del partito la bloccano minacciando le dimissioni ma a giugno vengono sconfessati dal Segretario del Partito Occhetto e si dimettono in blocca; ade anche la giunta comunale. La nuova giunta nel 1990 ridimenziona il progetto che riparte.
Intanto, sgomitando nel Partito Popolare e poi nella Margherita e dopo aver vinto nel 1994 48.4 milioni di lire, presentato dallo zio Nicola Boboli, agente Publitalia, si fa largo Matteo Renzi che dal 2004 al 2009 diventa presidente della Provincia per cambiare poltrona nel 2009 e divenire sindaco di Firenze fino al 20014. Il comitato d’affari che
gestisce il sacco di Firenze assume un profilo definito e stabile.
Le mani di Renzi sulla città
Nel 2013 il potere del rignanese si è consolidato con la conquista della segreteria del PS e da quella posizione può meglio organizzare il sacco della città che dovrà fornirgli le risorse per la sua azione politica. Già nel 2010 ha inaugurato i convegni della Leopolda che si svolge ogni anno nel periodo autunnale a Firenze presso l’ex stazione Leopolda, e dà vita alla Fondazione Open che nasce nel 2012, con il nome di ‘Big Bang’ poi modificato, per sostenere le iniziative politiche come la Leopolda di Matteo Renzi e la corsa dello stesso Renzi alle primarie del Pd fino all’approdo a Palazzo Chigi e alla
campagna per il sì al referendum costituzionale.
Viene avviato il piano di trasformazione urbanistica della città che diviene un cantiere con la costruzione delle tranvie, si intensifica la ristrutturazione del quadrilatero in gran parte di proprietà della Misericordia che va da Piazza Duomo a Piazza Signoria, delimitato da un lato da via Calzaiuoli e dall’altro da via del Proconsolo, che viene svuotato dei fiorentini e diventa a totale disponibilità dei turisti.
Né la speculazione si si ferma al centro storico perché investe l’area della Leopolda, della ex Manifattura tabacchi, di Costa San Giorgio, dell’ampliamento dell’aeroporto di Peretola dove la gestione viene affidata a uno stretto sodale di Renzi, Marco Carrai che lo “ospita” in casa sua a Firenze, e che nel 2015 diventa il direttore del Consiglio di
amministrazione di Toscana Aeroporti. Carrai garantisce i rapporti con il miliardario Eduardo Eurnekian proprietario della Corporación América che controlla per il 62,3% e gestisce oltre cinquanta aeroporti in tutto il mondo, con un fatturato di oltre 2 miliardi di dollari e garantisce i rapporti con la finanza internazionale che investe a Firenze.
Benché il quadro che abbiamo dato sia necessariamente sommario ma in fondo simile a quanto avviene per il sacco di altre città – con la sola differenza degli attori in campo – è sufficiente a comprendere in che contesto si situano gli investimenti del PNRR, contesto sul quale intervengono molti comitati di quartiere, comitati di tematici e forze politiche di opposizione con l’obiettivo di contrastare la speculazione e il dissesto idrogeologico, ambientale e urbanistico.
Le speculazioni diffuse sul territorio
La pianificazione neoliberale che caratterizza Firenze ha come obiettivo la progressiva sostituzione degli abitanti dal centro delle città. Essa si realizza favorendo il ricambio della composizione sociale della città, «rompendo i conservatorismi dei singoli cittadini», attraendo cittadini temporanei, e perché tali dinamici, competitivi, e perciò
“progressisti”. Meglio se si tratta di cittadini che non investono le proprie aspettative di lunga durata sulla città, se sono cittadini ospiti, e perciò non votanti e che quindi non disturbano i gestori della città. L’urbanistica neo liberal si distingue per l’adozione di tecniche utili ad espellere gli abitanti verso le periferie, oltre i confini comunali, attraendone di nuovi e valorizzando la più parassitaria delle forme di introito: la rendita, ovvero il guadagno ottenuto senza lavoro perseguito drogando il mercato immobiliare con offerte di ambienti urbani smart, allettanti, confortevoli, super sicuri, accoglienti,
ma sterilizzati, uguali ovunque, ma segnati da un brand convincente, rendendo nel contempo inaccessibile ai meno abbienti l’affitto di abitazioni dignitose, in aree urbane centrali o semicentrali. E a niente, o a poco, vale il social housing (investimento di edilizia sociale) che copre necessità di fasce sociali diverse.
L’offerta sul mercato di appartamenti sempre più piccoli copre un ampio ventaglio della domanda: dai miniappartamenti e pied-à-terre di pregio, per classi medio alte, per turisti di lusso, per affitti brevi, per dépendences di alberghi; fino alle case “a buon mercato”, ma poi in effetti tuguri di bassa qualità igienico ambientale destinati al sottoproletariato, indispensabile al lusso di un turismo che vive anche di sfruttamento penalizzando i diritti del lavoro.
Spazi insomma che costano molto, o abbastanza poco, ma comunque ottimi per acquirenti “che hanno mire di investimento” ad ogni livello.
A una città siffatta non servono i luoghi di aggregazione pubblici e gratuiti, le abitazioni sociali ERP (sono più di mille a Firenze gli appartamenti chiusi non attribuibili a chi ne ha il diritto), mentre si continuano a porre in vendita pezzi importanti di città e a finanziarizzare i servizi al cittadino. Una città eternamente cantierizzata per grandi opere che compromettono l’ecosistema urbano, in una città dove ogni norma urbanistica proveniente da chi da decenni la governa, continua a parlare di un futuro di city grabbing, (ovvero accaparramento della città da parte di “privati”, mega-costruttori
e mega-imprenditori non di rado in posizione di monopolio, di colonizzazione capitalista, di espulsioni sociali).
In queste città, i cosiddetti centri storici – cittadelle della storia, settori urbani eminenti dal punto di vista patrimoniale-monumentale – si tramutano in ghetti per turisti facoltosi, in centri commerciali per oligarchi, in salotti per emiri, facendo in modo che l’estrazione di profitto dall’«autenticità» dei luoghi, dei prodotti culturali e artistici ponga l’arte, la moda, il design e la cultura in connessione con la valorizzazione della rendita, in quanto moltiplicatori dei valori immobiliari.
Si collocano in questa prospettiva: la trasformazione della sede storica dell’Accademia di sanità militare in Costa San Giorgio trasformata in Hotel superlusso che si progettava di collegare con accesso riservato e ascensore privato e riservato al Giardino di Boboli, trasformato in dependance/pertinenza annessa all’Hotel, progetto per fortuna sventato,
anche grazie all’opposizione opposta dal Direttore del Museo degli Uffizi che esercita la giurisdizione su questi beni ma soprattutto alla decisa opposizione di comitati di cittadini.
Altra gigantesca speculazione è quella che coinvolge l’area contigua alla Leopolda, collegandosi con quella sulla ristrutturazione della manifattura tabacchi ,dove l’investimento riguarda la realizzazione di immobili di lusso, di studentati per utenti ricchi a detrimento del verde pubblico per i cittadini residenti ,e tanti altri esempi si potrebbero fare.
Il ruolo di coordinamenti e comitati e la difesa del territorio
A combattere contro questo scempio sono i comitati e coordinamenti formatisi in città e nella piana di Sesto che aggregano i cittadini per la difesa e la valorizzazione del territorio, lottano per il verde pubblico, chiedono l’attivazione di servizi, che vigilano sulla tenuta antifascista e solidale della popolazione, attraverso il sostegno all’educazione, alla cultura, alle iniziative di solidarietà sociale, ricostruendo la storia delle lotte e la memoria storica del territorio e promuovendo solidarietà e integrazione, e svolgendo attività, diffuse sul territorio, che assumono varie forme, vedono convergere nell’attività politica circoli ARCI, dell’Ampi, forze antagoniste, associazionismo sociale che si sforzano di operare senza antagonismi.
È quanto stato fatto al quartiere San Jacopino-via Maragliano, a “le Piagge”, a Castello, e con intensità e risultati diversi un po’ ovunque in tutta la città. Studio, analisi rigorose dei piani speculativi, contestazioni nel merito come nel caso della denuncia dell’inquinamento delle falde acquifere, contestazione degli insediamenti speculativi come nell’area della Leopolda, smantellamento di una ferrovia esistente nella stessa area che potrebbe agevolmente essere trasformata in metropolitana leggera, proposte di un migliore utilizzo del territorio, bene comune, iniziative di scolarizzazione per adulti e migranti, mostre sulla storia del territorio che ricostruiscono la memoria, pranzi collettivi e iniziative ludiche che producono inclusione e integrazione sono gli strumenti con i quali si cerca di contrastare, a volte con successo chi ha messo le sue mani rapaci sulla città.
La ristrutturazione dello Stadio
In questo contesto si colloca la polemica sul rifacimento dello stadio “Franchi”, progetto faraonico che richiede non solo la ristrutturazione del vecchio stadio, ma anche la costruzione in zona di un centro commerciale, la realizzazione sulle colline circostanti di parcheggi per 5.000 posti auto, la realizzazione di una ulteriore tranvia e tant’altro. Su quest’investimento il gruppo di sostegno ai palazzinari e al sacco della città si è diviso e Renzi che ne è stato il fondatore, beneficiario e artefice ha preso le distanze da Nardella e il suo entourage sostenendo l’opportunità di finanziare con il PNRR la costruzione di case popolari alle Piagge e a Rocca Tebalda: come dargli torto? Resta da spiegare cosa ha prodotto la spaccatura all’interno del gruppo di speculatori che sta realizzando il sacco della città.
Un’ipotesi è che alla gestione renziana che operava puntando prevalentemente ai capitali privati per realizzare gli investimenti speculativi facilitati in ogni modo dalla politica è subentrata una gestione meno opaca e più legalitaria che privilegia il ricorso a investimenti pubblici proponendosi di destreggiarsi nella gestione degli appalti per trarre profitto piuttosto che servirsi di una finanza privata che ha procurato lauti guadagni, soprattutto a Renzi, (che ha già pagato la sua lussuosa casa ai primi contrafforti delle colline di riva d’Arno) ma che ha richiesto coperture e complicità oggi difficili da garantire. E poi c’è l’invidia politica del rignanese per essere stato scaricato da molti degli appartenenti ai salotti buoni fiorentini.
Enrico Paganini