COLONIALISMO MAROCCHINO

Il Marocco è assurto agli onori delle cronache con lo scandalo del “Qatar gate” che ha portato alla ribalta il ruolo dei gruppi e delle lobbying create da questo paese presso l’Unione Europea, guidate dall’ambasciatore del paese gli emissari marocchini hanno operato all’interno e all’esterno del Parlamento europeo per creare consenso intorno agli affari e agli interessi del loro paese in modo da ottenere dall’Unione europea un trattamento privilegiato relativamente ai rapporti economici e commerciali, eludendo obblighi che l’ordinamento comunitario pure pone come condizione per addivenire agli accordi di partenariato con paesi terzi. In tal modo il Marocco ha potuto beneficiare di un trattamento speciale che gli ha consentito un’intensa attività economica che si è posta in concorrenza con le produzioni dei paesi comunitari, i quali si sono visti svantaggiati poiché i produttori marocchini hanno potuto beneficiare di costi di produzione più bassi grazie ad un trattamento della manodopera discriminatorio e a bassi i salari, ha potuto produrre e vendere prodotti, soprattutto agricoli e alimentari che non rispettavano gli obblighi comunitari in materia di uso di fertilizzanti e anticrittogamici, grazie all’assenza di ogni controllo. Ad esserne svantaggiati sono state soprattutto le attività agricole italiane del meridione, le colture dell’olivo, delle arance, degli ortaggi.
Per ottenere questi vantaggi il Marocco ha provveduto ad ungere con sostanziose tangenti – come abbiamo potuto apprendere dalle indagini della polizia belga – numerosi parlamentari europei, i quali si sono impegnati a lasciare al Marocco piena libertà operativa nello sfruttare gli accordi e i trattamenti di favore ottenuti grazie alle tangenti che tanto discredito hanno seminato sulle istituzioni comunitarie. A rendere particolarmente odiosa l’attività di corruzione contribuisce il fatto che il Marocco utilizza come un territorio coloniale il Saharawi occidentale, territorio ad esso contiguo che è ricco di risorse minerarie, soprattutto fosfati, e che permette il pieno sviluppo dell’industria del pescato, nel quale il Marocco ricopre un ruolo del tutto rilevante. Questa posizione di privilegio, ora messa in forse dall’inchiesta in corso, merita tuttavia alcune considerazioni in ordine al ruolo che questo paese sta cercando di svolgere rispetto all’intera Unione europea.

La poetica estera marocchina

Bisogna considerare che a prescindere dal valore delle tangenti pagate ai faccendieri comunitari dal governo marocchino, attraverso i suoi agenti ed emissari la migrazione marocchina ammonta a circa 5 milioni di persone su 37 milioni di abitanti. Il Marocco ha potuto beneficiare di uno sviluppo demografico accelerato che ha permesso al paese di
raggiungere obiettivi economici rilevanti, sostenuti da una gestione del potere, retto da una monarchia costituzionale che non si è fatta scrupolo di accentrare i poteri decisionali essenziali nelle mani del sovrano, pur lasciando al primo ministro, formalmente, la gestione degli affari dello nello Stato.
La politica estera marocchina mira a gestire con intelligenza ed attenzione l’immigrazione del paese, mantenendo con le comunità marocchine immigrate dei rapporti molto intensi. Tali rapporti sono affidati al Ministero per i waqf, il quale dispone di fondi molto ampi che investe in attività economiche di sostegno e assistenza, provvedendo anche alla formazione degli imam che vengono inviati a gestire sale di preghiera e moschee, costruite e finanziate dal paese.
L’obiettivo è quello di legare all’islam sunnita marocchino, un Islam moderato le comunità migranti, e, per il loro tramite, esercitare delle pressioni sulle società e i governi dei paesi ospitanti, ai quali questa scelta non dispiace, in quanto consente una forma di controllo di un fenomeno magmatico come la diaspora islamica non solo marocchina, permettendo di contrastare dall’interno elementi radicali e a volte cellule terroristiche che cercano di influenzarla e di reclutare proseliti.
Non è un caso che nello stesso ministero degli interni italiano ha assegnato alla comunità marocchina in Italia un ruolo di interlocutore rilevante per quanto riguarda le trattative con le comunità musulmane presenti nel paese, anche ai fini della stipula di una possibile intesa con l’Islam e in occasione della redazione della cosiddetta “Carta dei valori”, approvata dalle diverse componenti islamiche come propedeutica a stabilire dei rapporti con lo Stato italiano. Questa attività di controllo sulle comunità migranti non riguarda solamente l’Italia, ma tocca anche le comunità migranti presenti negli altri paesi, alle quali i governi europei chiedono di svolgere un identico ruolo svolto rispetto a quello svolto nella società italiana.
Tanta flessibilità e duttilità da parte del governo marocchino è interessata anche perché esso ha da far accettare alla comunità internazionale la sua politica coloniale nei confronti del popolo Sawaui.

La guerra contro il popolo Sawraui

Questa è una delle guerre “dimenticate” ma tra quelle più crudeli e feroci. Quando il 14 dicembre 1960 le Nazioni Unite votarono la risoluzione n. 1514 con la quale si riconosceva il diritto all’indipendenza per le popolazioni dei paesi colonizzati si pose tra gli altri il problema del Sahara Occidentale – territorio posto tra il Marocco l’Algeria e la
Mauritania ed abitato da popolazioni berbere. Questo territorio nel 1963 fu incluso dalle stesse Nazioni Unite nell’elenco dei paesi da decolonizzare. Nel dicembre di due anni dopo l’ONU riaffermò il diritto all’indipendenza del popolo sahrawi, invitando la Spagna a metter fine all’occupazione coloniale dell’area e nel 1966 ratificò l’atto di autodeterminazione del popolo sahrawi.
Bisognerà attendere il 10 maggio 1973 perché venga costituito il Frente Popular de Liberación de Saguia el Hamra y Río de Oro (POLISARIO) che organizza il censimento della popolazione del Sahara Occidentale, richiesto dall’ONU fin dagli anni ’60. Votano 74.902 persone che chiedono l’autodeterminazione del popolo sahrawi. Si oppone a
questa decisione il Marocco che il 31 ottobre 1975 invade con un esercito di 25.000 uomini nella zona contigua ai suoi confini con il Sahara Occidentale mentre la Spagna comincia lo sgombero delle aree sotto il proprio controllo. Il 6 novembre 197, 350.000 marocchini entrarono nel Sahara Occidentale (compiendo la cosiddetta marcia verde) effettuando una definitiva appropriazione dei territori sahariani occidentali, malgrado il 2 novembre dello stesso anno la Spagna confermasse il proprio impegno a rispettare l’autodeterminazione del popolo sahrawi. Messa di fronte al fatto compiuto la Spagna sottoscrive segretamente un accordo con Marocco e Mauritania per la spartizione del paese. Il popolo sahrawi, guidato dal Fronte POLOSARIO, iniziava un’azione di resistenza armata contro il Marocco e la Mauritania.
La risposta è quella della repressione più feroce che conosce perfino l’uso delle bombe al napalm e il bombardamento degli accampamenti berberi fin nelle oasi più sperdute mentre si susseguono arresti, torture stupri ed ogni forma di vessazione e viene imposto un regime di sfruttamento del lavoro che colpisce non solo gli abitanti sahrawi ma anche i marocchini poveri, costretti a lavorare nelle serre e nei lavori agricoli o nei giacimenti di fosfati.
La resistenza dà vita alla Repubblica Democratica Araba dei Saharawi (RASD) e nel 1979 la Mauritania firma un accordo separato di pace riconoscendo la TASD. A restare in guerra è in Marocco che a quel punto si impossessa di tutto il territorio del saharawi, contrastato dal POLISARIO sostenuto dall’Algeria. Gli sforzi delle Nazioni unite per addivenire ad un cessate il fuoco e ad una pace mediante trattative vengono vanificati ripetutamente e la guerra attualmente continua così come una feroce repressione per sostenere la quale il Marocco ha bisogno del consenso internazionale e pertanto è
disponibile a provvedere al pagamento di sostanzioso tangenti, soprattutto in ambito europeo, in modo che la sua situazione di guerra con il saharawi non sia di ostacolo ai rapporti commerciali con l’unione europea vitali per il paese, che dovrebbero essere preclusi per i paesi in guerra.
D’altra parte continuare a controllare il territorio del Saharawi occidentale è vitale per l’economia marocchina poiché è qui che sono localizzati i giacimenti di fosfati di cui è il secondo produttore mondiale (dopo la Cina), ma ampiamente al primo posto per le riserve (detiene circa il 100% delle riserve mondiali conosciute) ed è il principale
esportatore mondiale. Le miniere di fosfati sono gestite dall’OPC Group, una società anonima marocchina, leader della produzione mondiale di fosfato e acido fosforico ed è uno dei principali produttori che operano nel settore dei fertilizzanti a livello mondiale. L’OCP ha accesso a circa il 70% delle riserve mondiali conosciute ed è il principale esportatore mondiale. Le attività della società vanno dall’estrazione della risorsa mineraria alla produzione di prodotti ad alto valore aggiunto. L’OCP ha una presenza globale nella produzione di fosfato e serve tutti i mercati agricoli chiave nel mondo.

La monarchia Alawide e il Ministero per i Waqf

Il Marocco si distingue dagli altri paesi arabi per la presenza di un islam moderato. Il sovrano si dichiara erede diretto di Maometto e gestisce di fatto il potere, avocando a sé le decisioni più importanti per il paese. La tenuta a livello sociale del paese è sostenuta dal già citato ministero dei Waqf, le fondazioni pie islamiche, che gestiscono un ampio spettro di attività non solo per ciò che attiene i rapporti con la diaspora marocchina, ma anche per la gestione di numerose attività agricole soprattutto nel centro e nel sud del paese e garantiscono il controllo sociale della popolazione più povera dedita alla coltivazione di ortaggi, cereali, agrumi, olive, frutta, vino, legumi, carni ovine e bovine. In questa situazione l’Unione Europea può fare molto per incidere positivamente sulla fine della guerra e della repressione esercitata dal regime sul Sarawui, solo che lo voglia. Verso l’unione sono infatti dirette la maggior parte delle esportazioni del paese.
Va poi sottolineato che il Marocco è il secondo produttore di cannabis del mondo e che circa il 70% della cannabis consumata in Europa proviene dalla regione del Rif in Marocco dove almeno 400.000 persone vivono della sua coltivazione in mancanza di altre prospettive lavorative. Nel 2021 il Marocco ha approvato una legge che legalizza
l’utilizzo della cannabis per usi terapeutici e industriali (rimanendone vietato l’uso ricreativo), allo scopo di fare uscire dall’illegalità le decine di migliaia di famiglie che vivono della coltivazione della canapa e di creare ulteriore valore aggiunto all’economia marocchina per alcuni miliardi di dollari.
C’è da dire che sotto il profilo securitario da non sottovalutare è il ruolo economico svolto nel paese dalla componente ebraica della popolazione, una volta certamente più numerosa, ma che ancora consente al paese di mantenere ottimi rapporti di collaborazione in campo economico e militare con Israele il quale fornisce sistemi d’arma atti a contrastare la crescente presenza militare russa in Africa e a contenere la guerriglia del POLISARIO che trova il sostegno della popolazione e qualche appoggio nella vicina Algeria e in Mauritania.
È tuttavia del tutto evidente che senza la solidarietà internazionale non sarà possibile riportare la pace in quest’area del nord Africa, stabilizzando un’area sempre più afflitta dai problemi della crisi climatica, dalla desertificazione e rispetto alla quale la guerra e la repressione in atto finisce solo per spargere sale su ferite profonde.

Gianni Ledi