LA DISFIDA DI BURLETTA

La vera e propria débâcle della partecipazione elettorale all’ultima tornata
amministrativa segue un trend che pare ormai inarrestabile.
Questa evidenza, qualche decennio fa avrebbe avuto l’effetto di una esplosione nucleare e sarebbe stata considerata una tragedia di proporzioni immani, oggi occupa
qualche riga sui giornali (che non legge più nessuno, o quasi) e qualche intervento sui
social.
Ciò accade proprio perché non c’è stata nessuna esplosione, nessun brutto risveglio. Si è trattato, semmai, di una valanga, creata artificialmente, che è cresciuta sempre di più e arriva alle porte di casa portando via tutto. No, scusate, la metafora della valanga non funziona. Allora leggiamo queste 2 righe:

“I sistemi politici europei sono sovraccarichi di partecipanti e di richieste e incontrano sempre maggiore difficoltà nel dominare la complessità che è proprio il risultato naturale della loro crescita economica e del loro sviluppo politico”[1]

Da parte delle classi dominanti la questione è sempre stata chiara: il liberalismo (ma che bella parola: come “liberalizzazione, liberale” contiene in sé un suono magico)
non ammette la troppa partecipazione, la giustizia sociale. Il liberalismo inorridisce di fronte alla parola “socialismo”. Il liberalismo quando può sostiene il fascismo piuttosto che rischiare di perdere il proprio status (e il fascismo che lo sa bene, alla fine trascina anche i liberali nella propria nemesi. Ma “sempre meglio del comunismo”).
Abbiamo quindi le elezioni. Un procedimento di scelta delle democrazie borghesi che va abbastanza bene fino a quando la scelta è quella corretta per il funzionamento della stessa democrazia “liberale” ma non troppo. Quando si passa il limite la modalità per calmierare questa pericolosa invasione dei barbari la si può attuare in diversi modi.
L’Italia, li ha attraversati tutti. Dapprima sono partite le bombe, a cui è seguito un decennio di terrorismo che però non riuscì sostanzialmente a demolire l’impianto progressivo (di compromesso, ma progressivo) della Costituzione italiana. Basti pensare che poco tempo dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nacque il SSN. Ciò accadeva anche perché la classe politica (che appariva molto peggio di quanto oggi possiamo ricordare; non si poteva però pensare che ci trovassimo di fronte alla società “del pessimo spettacolo” attuale) dell’epoca, perfino quella che caratterizzava la più
destrorsa Democrazia Cristiana aveva alcune caratteristiche. Innanzitutto rivendicava una larga autonomia nei confronti del potere economico, poi perché le origini cattoliche del nostro paese hanno sempre abbastanza malvisto il turbocapitalismo. Intendiamoci non sto dicendo che la DC fosse composta da bolscevichi, ma (come era accaduto per il PPI prima del ventennio) c’era una certa attenzione per i ceti più umili, soprattutto la classe contadina, la piccolissima borghesia, il capitalismo familiare per i quali si temeva l’effetto corruttivo del capitale lasciato a se stesso. C’era in tutto questo una dose enorme di moralismo (che ovviamente attraversava tutto il paese e penetrava anche in larga parte il PCI) e perbenismo. Ma c’era anche l’attenzione a che quel mondo non venisse travolto. In alcuni punti si trattava anche di una certa visione socialcattolica che oggi parrebbe davvero bolscevica se solo venisse riproposta.
Insomma, malgrado il decennio difficile 1960-1970, la democrazia italiana progressiva pareva stare ancora in piedi, seppure un po’ acciaccata.
Il capitale (che non ha un piano, non pensa e non parla, ma sa benissimo cosa fare, a costo di mandare a puttane tutto il pianeta) deve trovare altre strade per sopravvivere.
Scusandomi per l’irrispettoso paragone, mi sale alla mente l’azione di Eichmann per realizzare la deportazione e lo sterminio degli ebrei d’Europa. Sarebbe stato impossibile fare salire con la forza centinaia di migliaia di persone per condurle alla morte. La cosa migliore è che ci andassero da sole, di propria “volontà”. Si crearono quindi i ghetti, i consigli ebraici e la polizia ebraica i quali servirono egregiamente per mettere in atto il piano senza tante grosse complicazioni “trovatevi il giorno x alla piazza y per farvi registrare” e, ovviamente quelli ci andavano, sollecitati dai propri dirigenti. “Consegnate le vostre cose personali al deposito prima di partire”. E quelli le consegnavano ai propri
connazionali che lavoravano per il Terzo Reich. Mi fermo qui con i paralleli perché capisco che possano essere considerati ingiuriosi. Ovviamente non è la stessa cosa. Ma le metafore servono anche per collegare fatti tra loro lontani…
Tornando al capitale (ah, a proposito di paragoni irrispettosi datevi una lettura qua https://financecue.it/10-grandi-imprese-collaborarono-hitler-nazismo-olocausto/17765/ oppure qua http://www.schiavidihitler.it/Pagine_documenti/archivio/IBM.htm) alla fine degli anni ‘70 la violenza non appare più la modalità per rinserrare le fila e dopo i primi anni ‘80 e le bombe cessano (qualche altra ne scoppierà ma per motivazioni diverse e in contesti sideralmente lontani). Si tratta ora di cambiare registro. Le tecnologie informatiche verranno in aiuto.
L’operaio “massa” non servirà quasi più a nulla, il lavoro ripetitivo lo possono fare le macchine. Ma soprattutto cambierà il vento nel contesto politico:
“Poi, un po’ di bella vita, un po’ di soldi non fanno schifo a nessuno, si diventa più belli, più puliti, un’ora di palestra, una doccia, l’amore, la pienezza dei sensi, la natura!“.[2]
Arricchitevi sarà il motto della nuova Italia degli anni ‘80, nella congiuntura internazionale di Craxi, Thatcher e Reagan (altro che metafore!).
Ma, a dire il vero, malgrado l’irresistibilità di questa parola e la comparsa di elogi che sarebbero apparsi imbarazzanti appena qualche anno prima agli “imprenditori”, ancora qualcosa resisterà per buona parte degli anni ‘80 del secolo scorso. Quello che spazzerà via tutto sarà, più che il fatto in sé, la lettura che la sinistra darà della caduta dei paesi del cd. “socialismo reale”. Ovvero non la fine di un sistema politico e sociale nel suo contesto storico (un sistema che comunque è durato 70 anni non un giorno) ma nientepopodimenoche “la fine del comunismo”. Su questa base, non inclinata ma a precipizio, si sono costruite le dinamiche della sinistra nel nostro paese (nel nostro più che altri, dove, perlomeno, la parola “socialdemocrazia” non veniva considerata un offesa da lavare con il sangue). È stato un “libera tutti” epocale. Altro che arricchitevi (in questo senso Craxi appare oggi assai migliore di come appariva 20 anni orsono)
la sinistra ha, via via, preso su di sé ogni caratteristica degli apologeti del capitale (pericolosi come tutti i novizi, imbevuti di una ideologia che nei turbocapitalisti è assente. Sarebbe come chiedere al leone perché sbrana la gazzella) e, a parte cambiare nome ogni decennio al proprio partito, gli “eredi” hanno sposato completamente la post-ideologia (ovvero dove di ideologie ce n’è una sola, e totalitaria) aderendo alla UE e alla NATO non come si aderisce ad alleanze politiche, economiche e militari, ma supinamente come si aderisce ad una religione integralista.
Ciò non poteva non coinvolgere il momento elettorale. Nel mentre Renzi eliminava gli elettori (con una riforma del sistema elettorale delle province degna della repubblica delle banane) il PD proseguiva con la farsa delle primarie, dove l’elettore già rintronato da un mondo che non riesce più a capire (anche perché nessuno glielo spiega) non sa bene per cosa va a votare e scambia la messinscena di una specie di partito che fa scegliere “al popolo” (!) chi lo dovrà guidare, per elezioni politiche. Poi lo stesso partito sostiene e sorregge il neoliberismo al cubo: Monti, Draghi, la riforma delle pensioni, la distruzione del mondo del lavoro (Treu), l’alternanza scuola-lavoro, il jobs-act, la modifica della Costituzione. Non c’è una cosa o una persona di queste che ho citato alla rinfusa che possa essere definita, non dico di sinistra ma lontanamente progressista.
Alla fine arriva la realtà. Che non muta al cambio della descrizione (la bufala della “comunicazione”. Come direbbe Wody Allen, con un randello chiodato in mano si comunica molto meglio) e c’è da chiedersi non perché va a votare solo il 40%, ma come cazzo faccia ad andare a votare ANCORA il 40%. Se con la distruzione della dialettica
politica, la logica del “pilota automatico” (ovvero chiunque governi le linee fondamentali sono tracciate), sistemi elettorali pseudo-golpisti (chi prende il +1 porta via il banco) ormai governare è diventato come la disfida di Barletta (o burletta) ma che governino da soli, verrebbe da dire (che poi sarebbe esattamente il desiderio della classe politica attuale. Altro che fascismo).
Ma la realtà è anche quella degli scioperi enormi in Francia e persino in Gran Bretagna. Forse questo magnifico mondo prospettato dalla ex-sinistra, non è poi così bello e mi viene da chiudere con un post fulminante che il Prof.
Gianpasquale Santomassimo ha pubblicato sui social:

“E’ incredibile che i giornalisti di Repubblica, di fronte alla legittima esigenza della proprietà di seguire le leggi del mercato, vendendo testate e tenendo giustamente bassi gli stipendi dei dipendenti, decidano di ricorrere a uno strumento antiquato e novecentesco come lo sciopero, anziché farsi imprenditori di se stessi, mettersi in gioco, creare startup innovative e liberare creatività, come hanno sempre raccomandato di fare ai lettori residui di quel giornale.”

Forse vecchia talpa è stata seppellita troppo presto.

[1] Michel J. Crozier – Samuel P. Huntington – Joji Watanuki, LA CRISI DELLA DEMOCRAZIA. Rapporto sulla governabilità delle democrazie alla Commissione trilaterale, Franco Angeli,, 1977. IL testo è leggibile e scaricabile gratuitamente da
https://www.mauronovelli.it/Trilateral%20La-crisi-della-democrazia%201975.pdf            [2] Giorgio Gaber, “Gli inutili”, 1992.

Andrea Bellucci