Usa e getta (seconda parte)

Il disprezzo delle regole

Si è già detto che il rispetto delle regole nella politica internazionale è un ossimoro. Questo vale per tutti gli Stati, quelli più potenti in particolare. Gli USA possono però vantare degli autentici primati. Ciò che li guida è la profonda convinzione che difendere i propri interessi (quelli economici in special modo) ovunque sia necessario e con qualunque mezzo sia un loro sacrosanto diritto; ovviamente i diritti degli altri passano in secondo, terzo, quarto… piano. Alcuni esempi. Detengono illegalmente cittadini stranieri in un lager praticamente al di fuori di qualsiasi giurisdizione, senza alcun formale capo d’accusa, senza diritto alla difesa, senza regolare processo, senza rispetto della dignità umana: Guantanamo. Rapiscono con azioni dei servizi segreti cittadini in paesi alleati, per deportarli in altri paesi compiacenti dove si pratica la tortura: Abu Omar. Uccidono con droni personaggi a loro ostili su territori di stati sovrani: Qasem Soleimani. Intraprendono azioni belliche in ogni parte del mondo, tanto tutto viene considerato propria sfera di influenza.
Architettano e supportano colpi di Stato, alleandosi con i dittatori più feroci, che dismettono quando non gli fanno più comodo: Augusto Pinochet, Manuel Noriega, Jorge Rafael Videla. Armano terroristi quando questi rivolgono le proprie attenzioni ai loro nemici. Spiano sistematicamente i loro alleati. Costituiscono all’interno dei paesi alleati strutture militari
e spionistiche segrete per controllarne la politica interna [1].

I cattivi sono sempre gli altri

“Impero del male”, “Stati canaglia” ed altri sono i gentili epiteti che le amministrazioni statunitensi affibbiano ai loro avversari. In guerra (anche quella economica) non ci si scambiano carezze e la malafede è arma costante. Gli USA, però, eccellono in questa pratica, partendo dalla convinzione di essere sempre e comunque dalla parte giusta, o almeno questo si sforzano di far credere agli altri. Uno Stato che attua o promuove il terrorismo è, per l’appunto, uno “Stato canaglia” inserito nella loro speciale black list [2] solo se non è loro alleato o protetto; in questo secondo caso ogni operato, anche il più efferato, passa sotto silenzio; al più proviene da parte statunitense qualche minimo rabbuffo. Per i “cattivi” si attuano sanzioni economiche, embargo di merci (persino quelle salvavita, come i medicinali), guerra e distruzione. La loro bilancia della giustizia è fortemente squilibrata, pende tutta da un lato. Sul retro delle banconote USA viene riportato il motto “In God we trust”, ma il loro approccio alla politica estera non sembra rispondere ad alcuna credenza religiosa o ad un qualche principio etico, ma solo al perseguimento del massimo interesse e del maggiore profitto possibile; non sono gli statunitensi a conformarsi ai voleri di un qualsiasi dio, ma è quest’ultimo che deve assecondare le loro aspirazioni al potere e al comando globale.

L’american way of life

La maggioranza dei cittadini va fiera del proprio stile di vita. Tanto fiera che ritiene che anche gli altri popoli debbano beneficiare delle loro scelte di costume sociale, anche a costo di prenderli a bastonate; ovviamente per il loro bene. Loro sono convinti di godere del più grande beneficio che sia possibile ottenere nel convivere in comunità: la libertà. Peccato che questa libertà esista solo per pochi, che essa possa essere esercitata solo da chi possegga un patrimonio adeguato [3]. Spesso, comunque, anche questo non basta: una grave malattia può gettare sul lastrico un manager affermato e la sua famiglia [4]. Non vi è alcuna garanzia di una vecchiaia dignitosa, anche per coloro che hanno
lavorato intensamente per una vita. L’odio e la violenza sono una caratteristica endemica della società USA, come giornalmente la cronaca si incarica di dimostrare. La competizione tra individui spinge ognuno a farsi largo a gomitate se non si vuole essere stritolati dai più intraprendenti o sorpassati dai più scorretti. Intere zone del paese vivono ai margini delle informazioni e nutrono un sovrano disinteresse per la formazione, la cultura, la consapevolezza del proprio ruolo sociale, legati alle comunicazioni che i media locali forniscono sulla vita e gli accadimenti del piccolo circondario che servono.

Lo spirito della frontiera

Mito fondante dell’autoproclamata Repubblica degli Stati Uniti d’America è l’epopea della frontiera nel periodo dell’estensione verso ovest dei territori “bonificati” dalla presenza dei nativi. Un’epopea per gli invasori, un olocausto per gli invasi. Su di essa, mitizzata dai film hollywoodiani, si sono incardinate usanze, costumi, forme istituzionali, abitudini mentali, stereotipi di ogni genere: sprezzo del pericolo, disinteresse al proprio futuro, l’ossequio al personaggio che appare più forte, incuranza della vita, in specie quella altrui, ossessione per un nemico perennemente alle porte, l’arbitrio del potere comunque conquistato, la giustizia che si piega ai comandi del potente di turno, il disprezzo per chi è diverso o più fragile, la chiusura entro piccole comunità poco permeabili agli influssi esterni [5]. Una miscela esplosiva il cui approdo inevitabile è la competizione esasperata e l’odio aggressivo.

Il culto delle armi

La facilità con cui anche adolescenti possono detenere armi in USA è pari alla facilità con cui esse vengono usate. La lobby delle industrie produttrici di armi è altrettanto o forse più potente di quella delle assicurazioni sulle malattie.
Nessun serio argine alla diffusione di armi sofisticate ed estremamente efficaci è mai stato possibile introdurre nella legislazione; i cittadini sono ossessionati dal desiderio di possederle nella vana convinzione di provvedere alla propria difesa: non si rendono conto che l’affidare la propria sicurezza al possesso di armamenti in realtà rende molto più pericolosa la vita in un paese dominato dalla paura dell’altro anch’esso armato. È questo un altro terribile portato dello spirito del “far West”, dell’uomo che si considera isolato e circondato da un ambiente ostile. Come diceva qualcuno se si producono delle armi prima o poi si finisce per adoperarle. La cronaca giornaliera si incarica di avvalorare questo
aforisma.

Istituzioni vetuste

La democrazia statunitense è stata una delle prime repubbliche parlamentari al mondo, ma proprio a causa di ciò il suo sistema istituzionale necessiterebbe, dopo due secoli e mezzo, di un proficuo aggiornamento. Il sistema elettorale, ad esempio, assegna tutti i voti dei grandi elettori pertinenti ad uno Stato a chi prende in esso un solo voto in più; così capita che il Presidente della Repubblica vinca in alcuni Stati chiave, ma nel complesso prenda molti voti popolari in meno dell’avversario. Il Presidente eletto nomina i membri della Corte Suprema (9), che restano in carica fino a quando uno di essi si dimette o decede; il mandato del Presidente dura quattro anni, mentre un giudice della Corte Suprema è nominato a vita. Se per avventura (come è successo a Trump) durante il suo mandato, molti dei giudici devono essere sostituiti, quel Presidente segna politicamente il decorso dell’organo giuridicamente più importante degli USA per un lungo tempo a venire, ben oltre la sua permanenza alla Casa Bianca [6]. Il grande potere che la Costituzione attribuisce alla Corte sta producendo proprio in questi tempi un profondo rivolgimento dei costumi sociali, con un salto indietro nel tempo, grazie alla schiacciante maggioranza dei giudici conservatori (6 su 3). In un recente articolo Sergio Fabbrini [7] ha analizzato modalità [8], strumenti e conseguenze della retromarcia sui diritti civili messa in atto dalla Corte. La filosofia che guida questo scempio è il “ritorno alle origini”, allo spirito della Costituzione del 1787, sorvolando sulla profonda differenza intercorsa tra la composizione sociale dell’epoca e quella odierna. Allora, per impedire che una maggioranza soffocasse i
diritti delle minoranze l’architettura costituzionale prevedeva un bilanciamento dei poteri, ottenuta sfalsando le scadenze e le relative rielezioni dei vari organi: Senato, Parlamento, Presidente. In realtà, come detto, il peso elettorale degli Stati meno popolosi è sovrastimato, il che comporta una preponderanza degli Stati dell’interno per tradizione più conservatori; questi designano un numero di grandi elettori per il Presidente della Repubblica e ogni Stato, indipendentemente dalla popolazione, elegge due membri del Senato: Senato e Presidente sono gli organi abilitati a designare i giudici della Corte Suprema. Così le cose si sono ribaltate ed una minoranza tradizionalista [9], arroccata nelle zone centrali del paese, riesce ad imporre le proprie visioni retrive ad una società ormai da lungo tempo multietnica e che negli ultimi cinquant’anni ha costruito un complesso di diritti a favore delle persone di diverso colore della pelle, di diverso orientamento sessuale, di diverso ceto sociale, di diverso credo politico e religioso.

Una giustizia ingiusta

I giudici statunitensi rispondono sempre alla politica. O vengono nominati dal Governatore dello Stato [10], con la convalida del Senato statale, oppure vengono eletti dal popolo. Questa non è l’unica profonda differenza con i sistemi giuridici esistenti nell’Europa continentale, dove i giudici durano in carica fino alla pensione, quando hanno superato un
concorso, che ne dovrebbe accertare la competenza. Infatti, mentre nella tradizione del diritto romano, l’amministrazione della giustizia viene fondata su codici di leggi scritte (pur soggette ad interpretazione) [11], nella concezione anglosassone, trasferita negli Stati Uniti d’America, nella gran parte dei casi non vi è una legge scritta, ma il giudice si basa sulle
sentenze già da altri emesse (Common Law); la giurisprudenza in quest’ultimo caso acquista uno spazio di arbitrarietà più ampio. La libertà interpretativa del giudice è più libera di esprimersi e se talvolta essa risponde più velocemente ai mutamenti sociali in corso, dall’altro i margini di discrezionalità producono effetti imprevedibili. L’unione tra
discrezionalità ed il bisogno di fare carriera cercando i favori dei politici o dell’elettorato partorisce sentenze legate agli umori delle comunità locali, più che ad una visione imparziale dei diritti e dei doveri. La popolazione nera degli Stati meridionali ha pagato per lungo tempo e continua tuttora a pagare lo scotto di questa situazione. D’altra parte, questa aleatorietà della certezza del diritto fornisce un incentivo enorme alla casta degli avvocati, una vera potenza in grado di ribaltare anche sentenze date per scontate; i ricchi che possono permettersi il fior fiore degli avvocati possono ottenere dei vantaggi giudiziari che ai poveri sono negati[12].

L’ultima porcata (per ora)

La bulimia della NATO non ha limiti. Suo scopo prioritario è indebolire l’orso moscovita, isolarlo dal mondo “occidentale”, anche se ciò significa gettarlo nelle braccia del nuovo vero antagonista degli Stati Uniti d’America: la Cina. Nel perseguire i suoi scopi essa non ha avuto alcuna remora a usare come carne da cannone gli ucraini. Ma la misura non è colma! Ci sono due Stati opulenti, uno dei quali fino ad un anno fa vantava un modello di neutralità che, si diceva, faceva scuola. La loro popolazione è stata messa in allarme, paventando un’improbabile invasione russa; un’invasione che potrebbe essere operata da un esercito che la propaganda dipinge in difficoltà nei ristretti territori del Donbass, stanco e demoralizzato, a corto di riserve, dotato di armi obsolete e di un comando incapace. Ebbene, questi due paesi hanno chiesto di aderire all’Alleanza Atlantica, ma a questo evento si opposto il Presidente turco Recep Tayyip Erdoĝan, un personaggio che veniva descritto come un famigerato dittatore, assurto recentemente al ruolo di paciere e di mediatore; bene per dare il proprio assenso all’ingresso di Svezia e Finlandia egli ha preteso ed ottenuto la mano libera nello sterminio dei curdi [13]. Proprio quei curdi che le potenze occidentali pochi anni fa osannavano perché si sono opposti ed hanno sconfitto Daesh, lo Stato islamico dei “tagliagole”; gli eroici Peshmerga avrebbero dovuto avere
l’imperitura riconoscenza delle “democrazie” per averle salvate dal terrorismo, eppure a distanza di soli tre anni il loro sacrificio non ha comportato il riconoscimento di un loro autonomo territorio, ma addirittura sono stati abbandonati alla mercé del loro più acerrimo nemico [14]. Questa è la giustizia secondo i dettami della regina dei paesi capitalistici, il
“regno del bene”, il regolatore della politica internazionale, la grande nazione cui affidare il nostro futuro. Essere “antiamericani” non è un vezzo, una moda da “sinistra radical chic”, una posizione preconcetta, ma una necessità derivante da un’attenta valutazione degli eventi storici, dalla disamina del tipo di società proposto, da un minimo di coscienza morale, dalla distanza che occorre prendere da cinismo del profitto.

[1] Il clima plumbeo di sospetto e di insicurezza che si respirava nei paesi del Patto di Varsavia, ben descritto nel film del 1970 “La confessione” di Costa-Gravas (Köstantinos Gravas) non era certo invitante, ma ancora a distanza di tanti anni mi chiedo come potesse Enrico Berlinguer sentirsi più sicuro “sotto l’ombrello della NATO”.
[2] Anche se non esistono prove, come nel caso di Cuba.
[3] Ciò non desta scandalo, in quanto è insito nella concezione protestante, che sta alla base della morale statunitense, la considerazione che le fortune economiche siano un premio legittimo per coloro che sono scelti dal creatore, anzi esse sono un dono per una vita virtuosa nel segno dell’etica.
[4] Si può ricorrere alle cure della costosissima sanità privata, l’unica veramente efficiente, solo se si possiedono i mezzi necessari: questi vengono forniti dalle onerose polizze assicurative; le potenti compagnie di assicurazione, dotate di un nutrito stuolo di avvocati, cercano di sfuggire agli obblighi contratti con i clienti con tutti i mezzi, anche fraudolenti, e siccome la loro lobby ha unto generosamente gran parte della classe politica, le leggi le agevolano in ogni modo.                                                                                                       [5] Spesso l’immigrazione nelle nuove terre era condotta da minoranze religiose molto coese al loro interno, cementate da una profonda fede comune; questo fenomeno ha generato enclave più o meno interconnesse con l’ambiente che le circonda, fino al paradosso delle comunità Amish.
[6] L’intenzione dei costituenti nell’attribuire ai giudici della Corte Suprema un mandato a vita era quella di svincolarli da ogni altra ambizione e con questo renderli imparziali, super partes; in realtà ogni individuo porta con sé le proprie convinzioni e le proprie inclinazioni politiche: così i giudici restano conservatori o progressisti e sono nominati in quanto tali da Presidenti conservatori o progressisti.
[7] SERGIO FABBRINI, La Costituzione Usa e i possibili danni del ritorno alle origini, in “Il Sole 24 ore”, a. 158, n° 181, 3 luglio 2022, pp. 1 e 8.
[8] “Con una sentenza dietro l’altra la Corte ha cancellato il diritto federale all’aborto, le limitazioni statali all’acquisizione delle armi da fuoco da parte dei privati, i poteri regolamentari dell’Agenzia per la protezione ambientale, i diritti delle comunità indigene alla gestione autonoma delle riserve, la neutralità religiosa delle scuole pubbliche.”
[9] Nel 1787 la popolazione statunitense era costituita quasi esclusivamente dai cosiddetti WASP (White Anglo-Saxon Protestant; “bianco di origine anglosassone e di religione protestante”), ora esigua minoranza che grazie a strumenti costituzionali obsoleti tende a prevaricare la stragrande maggioranza della popolazione, riportando indietro di oltre due secoli l’orologio della storia.                                                                                                [10] È da ricordare che lo stato federale USA è per Costituzione fortemente decentralizzato, per cui tutte le materie che la Carta fondativa non assegna specificatamente allo Stato Federale sono di pertinenza dei singoli Stati; essi pertanto posseggono le proprie leggi, i propri ordinamenti, i propri sistemi scolastici e le proprie strutture giudiziarie, compresa una Corte Suprema per ciascuno.
[11] Civil Law.
[12] Il caso di Orenthal James Simpson è paradigmatico. Cfr.: https://it.wikipedia.org/wiki/Caso_O._J._Simpson.
[13] La Turchia uscita dalla rivoluzione che ha mandato in soffitta il secolare impero ottomano, non è mai stata tenera con le minoranze, come ben ricordano gli armeni.
[14] Certamente non è un caso che l’esperimento sociale in atto nelle regioni controllate dai curdi sia fortemente caratterizzato da venature egualitarie ed anticapitalistiche, per cui esso si sia reso inviso ai potentati economici internazionali. Cfr.: http://www.ucadi.org/2022/02/21/il-popolo-curdo-per-la-rivoluzione-sociale/.