GKN O della realtà

“il costo annuo dei 422 lavoratori della fabbrica di Campi Bisenzio è di 19 milioni di euro, meno di quanto hanno incassato in un solo giorno Simon Peckham e Christopher Miller, CEO e vicepresidente di Melrose, fondo speculativo inglese che ha preso il controllo di Gkn nel 2018. La vendita delle azioni risale ad aprile, tre mesi dopo sono scattati i licenziamenti via mail. Ma la situazione non era irrecuperabile. La fabbrica aveva perso 4,5 milioni nel 2020 e 3,5 nel 2019, ma negli anni precedenti raccolse utili per 10 milioni; i vertici aziendali scrivevano che nel primo trimestre del 2021 il fatturato era già risalito rispetto alle previsioni. Una macchina da soldi, per i suoi azionisti, non certo per il destino delle imprese che comprano, ristrutturano e rivendono come nel caso di Gkn di Firenze, chiusa in un lampo per pochi milioni di perdite in due anni, che stavano per essere recuperate“. (“Il Fatto” 19/7/21)

La vicenda della GKN, esplosa a luglio dopo che il fondo speculativo inglese Melrose decise di inviare le lettere di licenziamento a 422 lavoratori, è diventata, in pochi mesi, una questione nazionale e politica.
Mentre la politica e, di conseguenza, il sistema informativo, ha puntato l’occhio sulla “barbara” modalità di licenziare via whatsapp o via mail (come se il nocciolo stesse nel BON TON – tra l’altro nell’epoca digitale da tutti così caldamente sostenuta non si comprende neppure quale sia lo scandalo nell’usare mezzi informatici), la combattiva RSU dell’azienda ha compreso subito, e con maturità politica, quale fosse il reale campo di battaglia.
Innanzitutto, un panorama del mondo del lavoro devastato da “riforme” che hanno parcellizzato, precarizzato, umiliato e alla fine liquidato un intero universo di conquiste raggiunte con decenni di lotte e sofferenze.
“Riforme” appoggiate e sostenute dall’unico partito ormai rimasto sulla scena politica: il PUL -Partito Unico Liberale, capace di scannarsi su ogni declinazione delle terminologie “corrette” e su qualunque cosa abbia a che fare con quella che una volta si chiamava “sovrastruttura” (e non faccio l’elenco delle emerite baggianate che ormai contraddistinguono la “sinistra”), ma fondamentalmente d’accordo sulle politiche economiche e sociali (privatizzazioni, mercato come unico orizzonte, mito della meritocrazia, distruzione del welfare universale…..).
La protesta dei lavoratori della GKN ha rimesso sul piatto il solito convitato di pietra, che in ogni periodo storico la classe dominante cerca di allontanare dalla “narrazione”: la realtà delle cose.
Ovvero che un’azienda sostanzialmente sana e produttiva, che produce semiassi per il settore automotive (quindi necessario adesso e anche in futuro, qualunque sia il carburante che farà viaggiare i motori), provvista di macchinari modernissimi, acquistati pochi mesi fa, viene chiusa poiché non è più remunerativa per gli azionisti della Melrose.
Ma Quale è la MIssion di Melrose? Lo scrivono direttamente nel loro sito (https://www.melroseplc.net/aboutus/) ” Melrose buys good manufacturing businesses with strong fundamentals whose performance can be improved. Melrose finances its acquisitions using a low level of leverage, improves the businesses by a mixture of investment and changed management focus, sells them and returns the proceeds to shareholders”. Ovvero Melrose acquista le aziende, le “migliora” e le rivende distribuendo i profitti agli azionisti.
Non c’è Licio Gelli (che sta bene su tutto ormai, soprattutto da quando è morto), la P2, le “trame oscure”. Non c’è un complotto. È tutto legale e alla luce del sole. Gli azionisti comprano le azioni per guadagnarci e che interessa a loro se 500 famiglie vanno sotto un ponte? E se il fondo facesse parte degli investimenti per costruirsi la pensione integrativa? E che ne sa il pensionato che la sua pensione è costruita sulle disgrazie altrui? Che gli interessa? È tutto legale, si può fare, è il capitalismo bellezza e tu non puoi farci niente. O quasi.
Quasi. Perché sicuramente non ci si aspettava la reazione di una classe operaia ormai data per morta e sepolta, perlomeno nella sua coscienza di classe.
Ma la coscienza di classe non nasce (solo) nella teoria. Ha bisogno della prassi. Ha bisogno di scontrarsi con la realtà. Al contempo la realtà deve essere analizzata con occhi consapevoli. E così invece di operai piangenti con cui magari chiudere un accordo tra la contentezza di molti (anche di quelli di cui si parlerà più sotto) ci si è trovati di fronte la rabbia di classe. Consapevole, matura e decisa.
In pochi mesi, dunque, ha preso vita una delle esperienze sindacali e politiche più importanti degli ultimi 30 anni.
Un gruppo di lavoratori e lavoratrici, tosti, preparati, inflessibili, capaci, è riuscito a creare un’area grandissima di consenso intorno alla propria lotta ed ha costretto (spesso obtorto collo) molti soggetti e istituzioni a prendere, almeno formalmente, una posizione a loro favore.
Le maestranze della GKN, riposizionando al centro il lavoro hanno in realtà rimesso in piedi una critica radicale alla fase capitalistica attuale e gettato la palla in buca riuscendo nell’intento di unire la lotta per la salvaguardia dei posti di lavoro, la salvezza di una fabbrica produttiva e la critica politica all’economia.
Lo hanno fatto con intransigenza, ma anche con notevole capacità egemonica, allargando il proprio raggio di influenza molto al di là delle consuete lotte sindacali, ma anche moltissimo al di là di quanto la politica sia riuscita a fare in questi decenni.
Si tratta di una novità importantissima e assai pericolosa per la classe dominante e tutto il corollario istituzionale (e non) di acquiescenza alla TINA.
Lo si vede anche nelle modalità con cui si sono organizzati partecipatissimi cortei (Firenze, Campi, di nuovo Firenze: si parla di decine di migliaia di persone provenienti da tutta l’Italia. Una cosa che non si vedeva da decenni).
Infatti lo sfondamento iniziale sul piano mediatico è stato via via riassorbito da ben altre notizie e aperture di prima pagina (che ha in sostanza relegato alle cronache locali la manifestazione di sabato 18 settembre).
Vi è stata quindi un’ampia solidarietà trasversale, merito dell’azione egemonica degli operai in lotta che hanno scelto di coinvolgere tutti in questa battaglia, e che hanno “avvertito” la classe dirigente che l’impatto di 422 posti di lavoro perduti sarebbe ricaduta sui territori, con un non particolarmente benefico effetto sulla politica (e, si sa, i politici tendono a non gradire di non essere rieletti).
Ma tutta questa “solidarietà con la GKN” (che terminerà non appena le questioni diventeranno molto più stringenti) è data anche (a mio modesto parere) dal fatto che Melrose sia un fondo d’investimento speculativo per di più inglese.
Per cui si somma l’idea di un “capitalismo cattivo della spectre” (quando è invece tutto alla luce del sole) a quella che attraversa trasversalmente molti ceti sociali, del “dio stramaledica gli inglesi” e gli stranieri in genere.
Dimenticando (cosa che è chiarissima, ovviamente alla RSU della GKN) che la classe “digerente” italiana, oltre ad aver svenduto il proprio patrimonio produttivo/industriale strategico, ha aderito in pieno alla fase del capitalismo finanziario avallando compiutamente le norme che rendono del tutto legale quello che Melrose (come centinaia di altre realtà finanziarie) mette in atto.
La Melrose rispetta le leggi. Quelle che negli ultimi decenni sono state scritte a suo favore con il sistema che Gallino chiamava “delle porte girevoli”. Non ci sono molte strade davanti, o si accetta la legge (che è quella del capitale) o la si cambia (mettendosi contro). Stai a vedere che alla fine è sempre il solito conflitto che dura da almeno 500 anni.
La domanda è: ma c’è davvero la volontà o capacità di cambiare, rendendo assolutamente sconveniente, o vietando del tutto, la speculazione, oppure si considera tutto ciò “naturale”, magari con l’idea dell’impossibilità degli “aiuti di stato”? (che viene ormai usata come se fosse una parolaccia e tale uso viene da chi con i soldi dello stato c’è campato per anni – vedi il rignanese -che pure parla ancora e a cui stiamo dando da mangiare a ufo da oltre un decennio).
Sennò, di che stiamo a parlare?

Andrea Bellucci