Profitti Nuovi, Recuperati e Rapinati

In una recente trasmissione televisiva Bini Smaghi, banchiere europeo e neoliberista impenitente, per avvalorare la propria tesi circa l’adeguatezza del piano di utilizzo dei fondi del NGEU (New Generation EU) predisposto dal Governo Draghi, si soffermava sulle prime quattro pagine (delle oltre 300 complessive), tessendone le lodi.
Si dà il caso che quelle pagine siano quelle introduttive che indicano le intenzioni cui l’PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) intende attenersi. Ora, a memoria d’uomo, nessuna iniziativa di legge o di programmazione governativa ha avuto in premessa una dichiarazione del tipo: “Questa disposizione è fatta per tartassare i meno abbienti e favorire i ricchi”, oppure “Si vuole favorire di datori di lavoro a scapito delle maestranze”, oppure ancora “Si sarà clementi con i grossi evasori e picchieremo duro sui piccoli furtarelli dovuti all’indigenza”. Le intenzioni dei preamboli sono sempre ottime e quindi buone per lastricare le vie dell’inferno.
Giudicare un documento programmatico dalle premesse è per lo meno avventato. Il problema è, però, che il PNRR draghesco è quasi tutto, come naturale, un catalogo di intenzioni, la cui reale portata e natura si potrà scoprire solo via via che le singole proposte diverranno carne concreta e sezionabile nei relativi dispositivi legislativi. Ciò significa che sulla sua analisi dovremo tornare più e più volte nel corso del tempo. D’altra parte, non significa però che già non sia possibile individuare le linee di criticità che esso presenta, se si astrae dal furore innovativo che pervade il documento, che disegna un futuro roseamente digitale. Linee di criticità che possono solo peggiorare nel passaggio agli articolati di legge, perché allora si vedranno le iniziative concrete in tutti i loro particolari, e proprio in questi ultimi si annida la coda dello scorpione.

La struttura

Il PNRR si divide in “riforme” e “missioni”, precedute da un’analisi della situazione del paese e selle sue deficienze strutturali di lungo periodo e dei problemi sorti in conseguenza dell’evento pandemico. Le prime sono il terreno da dissodare per impiantarvi con speranza che germoglino i passi reali degli investimenti per “la ripresa e la resilienza”; sono, cioè, gli atti preliminari da sbrigare per ottenere dall’Unione i ben noti miliardi, sia in prestito che a fondo perduto. In altre parole, ce li “chiede l’Europa”! In questo primo articolo analizzerò a volo d’uccello le riforme, riservandomi di prendere in seguito in considerazione le sei missioni.
Le riforme sono suddivise in:
· orizzontali, quelle cioè che fanno da sfondo necessario a tutte le missioni da intraprendere, che sono quelle della Pubblica Amministrazione (lenta e burocratica) e quella della Giustizia (sentenze tardive e pertanto inefficaci);
· di contesto, quali la semplificazione e la promozione della concorrenza, cioè quegli “interventi funzionali a garantire l’attuazione del Piano e in generale a rimuovere gli ostacoli amministrativi”;
· settoriali, “cioè le misure consistenti in innovazioni normative relativi a specifici ambiti di intervento o attività economiche”;
· di accompagnamento, cioè ulteriori “misure non comprese nel perimetro del Piano, destinate ad accompagnarne l’attuazione”.
Poiché quelle settoriali sono comprese nelle missioni da mettere in essere e le altre vengono considerate nei momenti opportuni, sono le prime due che vengono analizzate per prime in dettaglio; in particolare quella della Pubblica Amministrazione e quella della Giustizia.

Pubblica Amministrazione

Per quanto concerne la prima essa viene presa in considerazione ampiamente nell’articolo che segue.. Qui mi preme sottolineare alcuni aspetti che ricorrono spesso in tutto il documento e che lo caratterizzano globalmente. Innanzi tutto, l’esaltazione dello smart working, o lavoro agile, di cui si esaltano solo i lati positivi e che (“ringraziando” la
pandemia) ha conosciuto una accelerazione negli ultimi anni. Altrove abbiamo messo in evidenza gli aggravi per i lavoratori dovuti al lavoro agile, che possono essere considerati singolarmente vantaggiosi, ma che, in realtà, accentua l’isolamento individuale; si risparmia in termini di tempo per il trasferimento presso il luogo di lavoro, si pensa di disporre con maggiore libertà della propria vita, ma nella realtà si perde la socialità e si ha l’aggravio dell’unione del lavoro domestico con il lavoro dipendente, pesa soprattutto per le donne (solo per esse infatti “[…] le misure dedicate al lavoro agile nella Pubblica amministrazione incentivano un più corretto bilanciamento tra vita professionale e vita privata). Vedi: R. Petrone, Uso il virus e ti fotto, n. 132 – Maggio 2020.
Punto particolarmente dolente è quello delle assunzioni. Già il Ministro redivivo Brunetta lo aveva annunciato; i concorsi durano troppo tempo e, poiché servono subito forze fresche, occorre trovare scorciatoie. Ma la gattina frettolosa…; accanto ai percorsi ordinari di assunzione sono introdotti “percorsi rapidi, affiancati da una formazione ad
hoc”. Da dove vengono prelevati i giovani volenterosi e preparati? Verranno assunti a tempo determinato, tramite accordi con “Università, centri di alta formazione e ordini professionali” e poi assunti con concorsi interni nei quali l’esperienza fatta nel frattempo avrà un peso determinante. Se i pubblici concorsi prestavano il fianco a clientelismi, raccomandazioni, nepotismi, che dire del ricorso agli ordini professionali, più sotto definito come “privato più qualificato”. Individuato da chi?
Si apre poi la partita del cloud. La trasposizione di tutti i dati che ci riguardano in un unico contenitore, propagandato come la riforma delle riforme, apre scenari inquietanti. La prospettiva è ben presentata: se tutte le amministrazioni, centrali e periferiche, concentrano tutte le informazioni in loro possesso sui cittadini in un unico contenitore non ci sarà bisogno di dichiarare in ogni atto da presentare notizie già note ad un Ente diverso da quello cui ci si rivolge: la formula è lapidaria: “once only”, una volta sola. Il problema è la gestione sicura dei dati che riguardano ciascun individuo, anche quelli sensibili, tutti stivati in un immenso magazzino di cui tutti gli enti pubblici avranno le
chiavi. Mo solo gli enti pubblici, che già non mi sembra poco? No! I dati del cloud potranno anche “migrare sul cloud ‘public’ di uno tra gli operatori di mercato precedentemente certificato”. Si noti l’uso perfido del termine inglese public che non equivale sempre al nostro pubblico (si pensi alle public school, che non sono quelle statali, ma quelle private aperte a chi se le può permettere), ma che sta a significare che svolgono una funzione pubblica. Chi certifica gli operatori di mercato.? Perché i miei dati sensibili, come quelli sanitari, debbono andare in gestione ad un operatore di mercato? Chi mi garantisce la sua riservatezza nel tempo? Le vicende note dei social media non sono molto confortanti in merito.

Giustizia

Anche la velocizzazione dei processi passa attraverso l’assunzione di giovani leve in supporto al giudice (Ufficio del processo), che dovrebbero sgravarlo di molte operazioni; ricerche, stesura, degli atti etc. Le modalità di assunzione ricalcano quelle già viste per la Pubblica Amministrazione. E che fine faranno i giudici onorari, precari che lavorano a
cottimo, sui quali oggi grava il peso di molta parte dell’attività della magistratura?
Il vecchio satiro brianzolo si può consolare; se non schiatta prima potrà veder coronato uno dei suoi sogni: la separazione delle carriere dei giudici: nella riforma dell’Ordinamento giudiziario, infatti, si prevede “la riduzione dei possibili passaggi da incarichi giudicanti a quelli requirenti”.
Anche per la Giustizia si romanda per un esame più approfondita ad un apposito intervento sul quale stiamo lavorando.

Semplificazioni

Anche qui vale il vecchio detto relativo al bambino e l’acqua sporca. Uno dei bambini sacrificati è l’impatto ambientale la cui valutazione, a detta del Pnrr, prevede delle “procedure di durata troppo lunga e ostacolano la realizzazione di infrastrutture e di altri interventi sul territorio”. Con buona pace degli Enti Locali.
Poiché, a detta sempre del Pnrr, alcune procedure di pubblico controllo da antidoti alla corruzione sono divenute “occasione di corruzione”, occorre procedere ad abrogarle o revisionale: ad esempio quelle relative ai “controlli pubblici di attività private, come le ispezioni”. Certo se non ci sono controllori questi non possono essere corrotti e in tal modo i privati potranno evadere le leggi senza pagare una tassa aggiuntiva agli ispettori; peccato per quelli seri ed integerrimi, e per i lavoratori che vedranno tutelati i loro ambienti di lavoro non regolarmente, ma, forse, solo all’emergere di gravi
eventi luttuosi.
Da notare, infine, la parte relativa alla concorrenza di forte venatura liberista; persino il delicato settore della gestione dei rifiuti per il quale si raccomandano “norme finalizzate a rafforzare l’efficienza e il dinamismo concorrenziale”, come se proprio questa concorrenzialità e dinamismo non fossero uno dei principali contributi forniti al dissesto ambientale ed al proliferare delle ecomafie. Che dire poi della riproposizione diffusa della privatizzazione della gestione e della distribuzione dell’acqua in spregio al risultato referendario.
Infine, si apre alla rincorsa, già in atto per l’allestimento e lo sfruttamento dei distributori di energia elettrica per le auto, un settore, quello delle colonnine di ricarica nel quale si stanno scatenando gli appetiti di molti operatori.
Il seguito alla prossima puntata.

Saverio Craparo