Il PNRR e la Pubblica Amministrazione

Uno dei settori principali di intervento sui quali dovrebbe intervenire il PNRR è la Pubblica Amministrazione: ma per poter analizzare e capire quali saranno gli interventi occorre delimitare il campo di indagine. Gli estensori del PNRR rilevano che la P. A. in Italia occupa oggi “un numero di dipendenti (circa 3,2 milioni in valore assoluto) inferiore alla media OCSE (13,4 per cento dell’occupazione totale, contro il 17,7 per cento della media OCSE, secondo i dati del 2017)”. Il blocco del turnover, conseguenza della riduzione negli ultimi 10 anni della spesa pubblica, ha generato una significativa
diminuzione del numero dei dipendenti pubblici in Italia. Ciò detto non è dato sapere quanti di questi siano gli addetti alla P. A. propriamente detta posto che dal testo del PNRR sembra che questi numeri comprendano i circa 1.300.000 addetti della scuola pubblica, con il che si scenderebbe al disotto dei 2 milioni di addetti, distribuiti tra amministrazioni dello Stato e quelle periferiche (Comuni e Regioni comprese).
Posto che la sostituzione del personale in servizio è stata pari a un nuovo assunto ogni tre cessazioni, nelle amministrazioni centrali e un assunto ogni due nelle amministrazioni locali. “oggi” l’età media dei dipendenti pubblici è di 50 anni (dati 2019). Il 16,3 per cento del totale ha più di 60 anni, mentre soltanto il 4,2 per cento ne ha meno di 30” e le maggiori carenze si registrano tra l’insieme delle competenze disponibili e quelle richieste dal nuovo modello economico e produttivo. Manca personale per i bisogni nel campo della digitalizzazione, della riconversione ecologica, di quella di messa in sicurezza del territorio e non è soddisfatto il fabbisogno di alte professionalità che d’altra parte non si saprebbe nemmeno come inquadrare, posto che sono stati espunti perfino dalle declaratorie degli organici quelle professionalità e competenze da utilizzare per le verifiche e i controlli delle tante attività che la P. A. ha esternalizzato.
Questa è una delle conseguenze della privatizzazione delle attività pubbliche nelle quali si distinse a suo tempo (anni ’90) un giovane Mario Draghi, allora al servizio del Tesoro. Per farla breve procediamo con un esempio: se oggi lo Stato volesse controllare le attività delle concessionarie delle autostrade per ciò che attiene la manutenzione della rete non disporrebbe del numero sufficiente di funzionari specializzati in grado di farlo!
Occorre dunque che il numero assoluto dei dipendenti della P. A. venga fortemente aumentato per portalo a livelli almeno comparabili con quello degli altri paesi U. E. e  tale incremento dovrebbe riguardare prevalentemente le alte qualifiche professionali, tenendo conto della forte incidenza dei pensionamenti nei prossimi 5 anni che depaupererà ancor più gli organici.

I concorsi e le nuove procedure per le assunzioni nella P. A.

I problemi connessi alle assunzioni sono stati sempre uno dei talloni di Achille della P. A. È noto che la Costituzione impone l’assunzione nelle amministrazioni sia statali che periferiche per concorso pubblico e che questa procedura si distribuisce su tempi lunghi. Non solo, fino a ieri, lo Stato e le amministrazioni periferiche hanno assunto prevalentemente sulle basse qualifiche per risparmiare, generando poi la perpetuazione del sottoinquadramento e del demansionamento del personale, il che ha periodicamente richiesto procedure di riprofilatura e di scorrimento verticale, anche come strumento di accrescimento del salario. Da qui l’utilizzazione di procedure spesso viziate dal clientelismo, nelle quali le OO. SS. si sono cimentate volentieri, sperimentando e banchettando sulla cogestione delle procedure, con il risultato non solo di incrementare il loro ruolo clientelare, ma anche di snaturare il loro ruolo di classe, divenendo di fatto la controparte dei lavoratori e di conseguenza facendo regredire la sindacalizzazione del P. I., snaturando il ruolo del sindacato.
Posto che le procedure concorsuali per gestire il ricambio all’interno della P. A .sono ancora molto lente, al punto da richiedere fino a quattro anni, all’apparenza oggi il problema potrebbe a prima vista risultare finalmente superato, posto che il Premier ha dichiarato che oggi si tratta d’incrementare i salari, in modo da stimolare il consumo, e che le nuove assunzioni, anche al fine di superare i tempi lunghi dei concorsi, avverranno con modalità tali da “snellire e rendere più efficaci e mirate le procedure di selezione e favorire il ricambio generazionale”. Nel PNRR si prevede a tal fine di rivedere gli strumenti per l’analisi dei fabbisogni di competenze, potenziare i sistemi di preselezione, utilizzare le prove anche a distanza, progettare sistemi veloci ed efficaci di reclutamento delle persone, differenziati rispetto ai profili sui quali assumere, di disporre di informazioni aggregate qualitative e quantitative sul capitale umano della funzione pubblica e sui suoi cambiamenti. Queste assunzioni verranno effettuate dalle singole amministrazioni, utilizzando una piattaforma ad hoc consentendo ai dipendenti pubblici interessati di accedere al proprio profilo completo per aggiornare costantemente le informazioni sulle loro capacità e competenze e conoscere le posizioni vacanti disponibili all’interno della P. A. per le quali eventualmente presentare la propria candidatura, progredendo quindi per concorso.
Ma, pur rimanendo il concorso la modalità ordinaria per l’accesso al pubblico impiego, saranno introdotti programmi dedicati agli alti profili: per giovani dotati di elevate qualifiche (dottorati, master, esperienza internazionale) da inserire nelle amministrazioni, con percorsi rapidi, affiancati da una formazione ad hoc, concludendo accordi con Università, centri di alta formazione e ordini professionali, per favorire la
selezione e l’assunzione rapida dei migliori nei profili specialistici. Inoltre, con procedure analoghe, viene selezionato un pool di esperti multidisciplinari per il supporto tecnico alle Amministrazioni centrali e locali nella implementazione degli investimenti e delle riforme previste dal Piano. Il personale, così selezionato, verrà contrattualizzato a tempo determinato. I titoli così acquisiti daranno diritto al rilascio di attestati che
permetteranno di acquisire punteggi a valere nei futuri concorsi.
Sotto il profilo della struttura del salario verranno introdotti incentivi collegati alle performance, mettendo in pratica gli istituti contenuti nel D. Lgs. n. 150/2009, accentuando così una tendenza già presente, particolarmente diretta remunerare le figure dirigenziali.

La revisione dei profili professionali

Il PNRR interviene anche sulla configurazione dei profili professionali, assorbendo l’intervento già previsto nei nuovi contratti per il P. I., ma anche ai fini di procedere a una pianificazione strategica delle risorse umane utilizzando nuovi “descrittori di competenze (incluse le soft skills) per comporre i diversi profili professionali, integrate nella piattaforma unica per il reclutamento”, aggregando diversi profili per famiglie e
aree professionali in corrispondenza, con gli inquadramenti contrattuali. A tal fine verranno definiti profili professionali quali “parametri di riferimento” per le politiche di assunzione e migliorata la coerenza tra competenze e percorsi di carriera, anche attraverso dei percorsi formativi, differenziati per target di riferimento.
Cosi, da un lato sarà possibile “una revisione dei percorsi di carriera della PA, che introduca maggiori elementi di mobilità, sia orizzontale tra Amministrazioni che verticale, per favorire gli avanzamenti di carriere dei più meritevoli e capaci e differenziare maggiormente i percorsi manageriali” e favorire”, anche attraverso modelli di mobilità innovativi, l’accesso da parte di persone che lavorano nel privato più qualificato, in organizzazioni internazionali, in Università straniere o presso soggetti pubblici e privati all’estero”. Per migliorare la capacità formativa della P. A. verrà potenziata la Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), anche attraverso la creazione di partnership strategiche con altre Università ed enti di ricerca nazionali; si procederà all’organizzazione e razionalizzazione dell’offerta formativa, “a partire dalla
predisposizione di specifici corsi on-line (MOOC), aperti al personale della P. A. sulle nuove competenze oggetto di intervento nel PNRR, con standard qualitativo certificato. determinando un impatto positivo sulla formazione a breve e medio termine”: verranno creati per le figure dirigenziali, “specifiche Learning Communities tematiche, per la condivisione di best practices e la risoluzione di concreti casi di amministrazione”. Verrà infine realizzata “una riorganizzazione degli spazi di lavoro (bricks), e a una crescente
digitalizzazione delle procedure (bytes), con acquisizione delle competenze specifiche, tramite formazione o attraverso l’immissione in ruolo di nuovo personale”.

La riprofilatura del personale in servizio

È in questo quadro d’insieme che vanno collocati sia la ristrutturazione dei contratti di comparto per i quali erano già in corso le trattative e le dichiarazioni del Premier, sulle quali riflettevamo nell’articolo Il patto per la coesione sociale e i contratti del P. I. pubblicato nel numero 145 dell’aprile 2021, p. 3-5 e al quale rimandiamo. Si comprenderà allora che la piattaforma contrattuale, benché appaia in dirittura d’arrivo nella sua formulazione, va completamente rivista, adeguandola ai nuovi fabbisogni.
Nella fase attuale, se bisogna dar fiducia alle dichiarazioni del Premier, non occorre prevedere slittamenti del personale in servizio, anche artificiosi, come avvenne in passato, per superare il sotto inquadramento ottenendo aumenti salariali ma, accanto a una dotazione economica significativa degli aumenti tabellari, mirare a un reinquadramento che privilegi il risultato dei corsi di aggiornamento e professionalizzazione promessi dal premier e dal PNRR, anche ai fini di promuovere la digitalizzazione e l’innovazione tecnologica e organizzativa, valorizzando le competenze digitali già presenti nell’amministrazione, ampliandole e rafforzandole.
Nel fare questo occorre ricordare, ora come allora, la professionalità è un falso mito. Se la intendiamo come conoscenza del ciclo, dell’organizzazione del lavoro e dei processi produttivi da parte del lavoratore questa conoscenza e le relative competenze sono state distrutte dal capitalismo prima con la figura dell’”operaio massa” e ora attraverso l’informatizzazione del ciclo di lavoro che immette l’operatore in un percorso guidato,
segnato da operazioni in linguaggio binario: oggi il datore di lavoro compra il tempo vita del lavoratore che viene anche usato come consumatore Nei re inquadramenti e nelle riprofilature dei lavoratori un passato il problema era il salario e come aumentarlo, ovvero la strategia era finalizzata all’aumento del salario, la tattica adottata era quella di “giocare” sulle mansioni per ottenere più salario. Da qui deriva l’obiettivo di allora della componente cogestionaria delle OO. SS. di inserirsi nelle procedure di re inquadramento e gestirle in modo clientelare. Oggi si può risolvere a monte il problema della gestione della transizione dell’inquadramento nel nuovo mansionario, rifiutando la
cogestione delle procedure e ponendosi come controparte del padrone, tanto più che si dovrebbe procedere per corsi di riqualificazione che faranno parte dell’orario di lavoro, ma dubitiamo fortemente che il sindacato confederale avrà la volontà, la capacità e l’intelligenza per farlo, condannandosi così a perdere definitivamente consenso, ruolo e quei residui di politica di classe che da qualche parte resistono. Troppo forte è il
richiamo a partecipare e cogestire e ad essere protagonisti di un sindacato partecipativo e conforme agli interessi padronali. D’altra parte, nelle passate tornate contrattuali solo dove il sindacato è stato controparte del datore di lavoro, non gestendo il re inquadramento, è cresciuto e grazie alla mobilitazione ha conquistato iscritti, rappresentanza democratica e partecipazione, come emerge da un’esperienza che di seguito ricostruiamo per larghe linee.

La Redazione