Pietre, pietruzze e….sassolini

La situazione politica in Italia è grave ma non è seria.
Ennio Flaiano

La linea
Alla fine degli anni ’60 del secolo scorso il genio di Cavandoli produsse un cartone animato destinato ad entrare nella storia del costume italiano: la linea. Si trattava, per i pochi che non lo ricordano, di un “omino” stilizzato che camminava e, in pratica, viveva, su una linea orizzontale. Costui, in un linguaggio incomprensibile e con gestualità nevrotica, rimbrottava il proprio disegnatore intimandogli di soddisfare i propri desideri, proseguendo nella linea o disegnando oggetti sempre nuovi.
Chissà perché a me viene questo cartone. Eppure ci deve essere un qualche legame fra la situazione attuale, a sinistra dico, e quella di un buffo uomo che si agita nervosamente in maniera inconsulta e che dice cose che nessuno capisce su una linea senza alcuna profondità e che esulta, contento, ogni volta che il disegnatore aggiunge dei particolari che paiono alleviare la situazione. E non si accorge che il problema sta proprio nella linea.

I brutos

Sempre nei favolosi sixties italiani si esibiva, nelle sere in bianco e nero della televisione a due canali, un originale gruppo comico-musicale: I Brutos. Come suggeriva il nome, non erano esattamente degli adoni. Il tormentone del gruppo, che proponeva una comicità demenziale, ma per l’epoca originalissima, era dato dagli
schiaffoni che il povero Gianni Zullo, puntualmente si prendeva in faccia. Guardando la composizione di questo governo, il richiamo ai Brutos pare davvero obbligato. In un crescendo lombrosiano possiamo apprezzare la ghigna di Bossi, lo sguardo rubizzo e l’occhio pallato, quasi un Goering de noantri, di Calderoli, la statura morale di Brunetta (che avrebbe potuto far reintitolare la canzone “un giudice” in “un ministro” al nostro
Fabrizio), l’inguardabile decadenza fisica sorretta da iniezioni di botulino, trapianti di capelli chissà cos’altro del nostro Presidente del Consiglio [1]. Ognuno di essi potrebbe far parte, a pieno titolo dell’ensemble di comici demenziali citati poc’anzi. C’è solo un piccolo particolare, la parte di Gianni Zullo la fanno recitare a noi.

Un paese di merda

Il nostro povero Silvio è stato attaccato da tutti per l’unica frase ragionevole che ha pronunciato nella sua carriera. Siamo oggettivamente un paese di merda. Senza dimenticare che a renderlo tale ha contribuito il cavaliere e chi l’ha votato (e chi lo voterà) bisogna anche, onestamente, guardarsi intorno per capire che non può essere opera di una persona sola (per di più con i tacchi di 7 cm).
Chissà, forse siamo in un paese di merda perché abbiamo un tizio che indossa cappelli stravaganti e gonne lunghe che mette bocca in tutte le vicende che non dovrebbero interessarlo. Omofobo e sessista è a capo di una potentissima organizzazione che copre pedofili e incassa i nostri soldi per pagare le pubblicità in cui ci chiede di dargli ancora più soldi. Non contento, costui, evade tasse e imposte, nomina e licenzia professori addetti all’indottrinamento.
Ma guai a toccarlo. Non appena qualcuno, timidamente, avanza una piccola critica (che so: ma l’ICI non potrebbe almeno pagarla?) si alzano gli scudi di tutti gli schieramenti (e pensare che, almeno, prima, di scudi avevamo solo quelli crociati). Per dire: non si può. E si riparte con la solita solfa delle radici giudaico-cristiane dell’Europa. Hai visto mai che ogni tanto ci si ricordasse anche dei Greci?
Un paese nel quale, ad ogni piè sospinto, qualcuno prova a convincerci che, sì, insomma, il fascismo in fondo è stato anche una buona cosa, la resistenza invece no.
Eh sì, siamo proprio un paese di merda.

Foto di gruppo con assenza[2]
Firenze, 6 settembre 2011. Tra molti mal di pancia dei “democratici” (vengo, non vengo, vengo e sto in disparte?), alla fine lo sciopero c’è stato. Partecipato. Migliaia di persone sfilano in una città ancora estiva. Sole, caldo.
Sfilano sindaci (convinti? Mah), presidenti di Regione e Provincia……manca qualcuno. Manca il padrone di casa (è proprio il caso di dirlo). Quello simpatico (perché ormai la politica si fa così. A pensarci bene, Mussolini deve essere stato simpaticissimo) che parla con un po’ di “zeppa” che fa tanto Muccino.
Il decisionista, che ha paragonato a Fantozzi i dipendenti del suo comune (dimostrando, altresì, di non aver capito nulla della maschera creata da Villaggio e da Salce). Quello condannato dalla Corte dei Conti per improbabili assunzioni quando era “il più giovane presidente di provincia” (la gioventù da dato di fatto a qualità soggettiva) e che ora le chiuderebbe tutte, le Provincie.
Sapete, il padrone di casa non c’era. Non s’è fatto vedere. Di sicuro questa non era la sua manifestazione. E i manifestanti, che idioti non sono, l’hanno capito benissimo.

(vedi foto su PDF)

[1] Giustamente Luis Sepulveda nota nel suo recente lavoro “Foto di gruppo con assenza” (Guanda, 2010) che Berlusconi assomiglia sempre di più ad un cinese con evidenti difficoltà ad aprire gli occhi.
[2] Per il titolo di questa parte vedi la nota 2.

Andrea Bellucci