Impedimento legittimo

Prima del voto si vociferava che il referendum sul legittimo impedimento potesse non raggiungere il quorum, a differenza degli altri che forse ce l’avrebbero fatta. Niente di tutto questo. Gli elettori non hanno fatto distinzione. Segno che forse la stagione di “culo flaccido” o se si preferisce di “cacasotto”, per dirla con Bossi, volge al termine.
Non sarà facile e comunque questo non avverrà a causa dei processi. Il processo Mills andrà in prescrizione a gennaio e gli altri processi pendenti rischiano tutti di fare la stessa fine. Su quello Ruby pesano ancora alcune incognite di carattere procedurale. Dunque la caduta deve essere politica e non può che avvenire attraverso un’azione
congiunta costituita dall’implosione della maggioranza e dall’iniziativa delle opposizioni.
Vi è ormai per questa maggioranza scilipotica un impedimento legittimo a governare.
A dare un leggero scossone al Governo ha provveduto la Lega la quale pensa a una crisi lenta, a un deterioramento progressivo che dovrebbe portarla alle elezioni in un momento migliore e in grado di capitalizzare i risultati di una strategia non nuova: il partito sarà insieme di lotta e di governo. Dopo tante cortine fumogene il vero prezzo che il Pdl dovrebbe pagare è la revisione del patto di stabilità che dovrebbe poter liberare le risorse a livello locale che occorrono per salvare le amministrazioni leghiste, prima delle altre, e una nuova legge elettorale. Il resto, ministeri compresi si vedrà.
Intanto il Pdl si frantuma, si articola in varie fazioni con la speranza che dopo la diaspora dei vari tronconi possa essere individuata una leadership in grado di riunirli, almeno a livello di coalizione elettorale, in modo da poter marciare divisi per colpire uniti.
Né sembra possibile che della crisi prossima ventura del Pdl possa approfittare il cosiddetto terzo polo il quale, malgrado gli sforzi congiunti di Cacciari e D’Alema, non riesce ad avere alcuna funzione rispetto al blocco di centro sinistra che le amministrative e i referendum hanno indicato come vincente.

Un programma per vincere

Le segreterie dei diversi partiti si studiano e si lasciano andare ai tatticismi su primarie si, primarie no, di partito o di coalizione, ma i punti reali di un programma capace di gestire la crescente disoccupazione, porre limite alla disastrosa politica berlusconiane, innescare una inversione di tendenza a proposito delle politiche sul precariato e sulla scuola, non se ne vede traccia.
Tuttavia l’opposizione sociale cresce e si dà strumenti e reti di collegamento. L’indubbio successo della trasmissione organizzata da Santoro per i 150 anni della FIOM ha registrato un enorme successo non solo di partecipazione e di ascolto, ma anche nella qualità degli interventi messi in campo da avanguardie reali delle lotte in corso. Con questa strategia la FIOM si impone di fatto al pompiere rosso (solo di capelli) Camusso e straccia completamente i servi sciocchi Bonanni e Angeletti, i quali non riescono a radunare consensi e ascolto nemmeno sulle tematiche fiscali. La loro unica forza sta nella gestione da avvoltoi che essi fanno delle vertenze di fabbrica e della ristrutturazione dei contratti agli ordini di Marchionne. I padroni e il Governo lo sanno e non li vedono nemmeno. Il manutengolo Sacconi li evita come la peste.
Arriverà il momento nel quale la classe operaia e il movimento dei lavoratori travolgeranno definitivamente le loro botteghe, i Banchi di Pegni che essi gestiscono e allora verrà fatta finalmente pulizia.
Per aiutare questo processo dobbiamo da subito, in tutti i settori, in tutte le categorie, in tutti i posti di lavoro provocare la loro emarginazione, chiedendo ai dirigenti di base e ai quadri di queste organizzazioni di spiegare ai lavoratori la loro politica filo padronale, chiedendo alle assemblee di espellerli, escludendoli dalle delegazioni trattanti che devono essere espressione dei lavoratori sul posto di lavoro e non dei crumiri, che
devono operare sulla base del mandato ricevuto.
La parola d’ordine non può che essere no ai padroni, no ai suoi servi, prima causa della nostra sconfitta e della miseria delle classi subalterne. Questa operazione di pulizia deve essere efficace e avvenire al più presto, poiché si prepara una manovra di quaranta miliardi di euro ed essa farà pagare ancora una volte un prezzo
pesante ai soliti noti.
Dobbiamo prepararci a scendere in piazza come avviene in Grecia, in Spagna, in Portogallo, nella sponda sud del mediterraneo, perché non c’è spazio di mediazione e ulteriori sacrifici dei lavoratori in Italia non sono accettabili e sopportabili.

Nel prato di Pontida

Dal prato di Pontida li leva il lezzo della merda delle vacche delle quote latte e dei maiali dai quali si fanno le salamelle dopo le passeggiate nei luoghi preventivati per la costruzione delle moschee. In questo elemento si rotolano i resti di quello che fu un partito di governo e che è sempre più un concentrato di razzismo e xenofobia, guidato dal questurino Maroni che progetta centri di detenzione senza processo per tutti. Si sa, si comincia dai migranti per passare poi a tutti coloro che si oppongono al governo di lor signori. Mentre i valligiani rivendicano ministeri, autarchia e secessione, il paese affonda nel miscuglio di sterco e fango nel quale questo governo lo sta trascinando.
Opporsi non basta più, occorre una piattaforma comune, un programma di interventi immediati che colpiscano i grandi patrimoni e le rendite, che recuperino elusione ed evasione proprio là dove la ricchezza si produce, ovvero nel Nord Italia. La sinistra deve evitare di entrare nel gioco dello scontro tra nord e sud, deve battersi per spostare le risorse verso le fasce sociali più deboli, deve saper garantire un’alleanza tra lavoratori,
sottoccupati, precari, false partite IVA per imporre tutele nel campo dei servizi sociali, della casa, dei livelli minimali di reddito, della scuola, della sanità.
Solo così il cambiamento avrà basi di massa altrimenti le sinistre pagheranno il prezzo del risanamento fatto sulle spalle dei lavoratori e degli sfruttati delle varie tipologie che formano oggi il mercato del lavoro.
E’ per questo motivo che bisogna essere nelle lotte come lavoratori e come militanti della lotta di classe.

La Redazione