Elimina il berlusconismo “sinistro” che è tra noi

Al tempo di “mani pulite” il Partito Comunista Italiano divenuto poi PDS (Partito dei Democratici di Sinistra) ritenne di doversi porre il problema della governabilità del paese, convinto di conseguire a breve la vittoria alle elezioni politiche.
Come sappiamo le cose non andarono così, Luciano, da bravo tecnico del diritto, già magistrato e poi professore universitario, titolare tra l’altro della cattedra di Diritto pubblico oltre che di quella di Diritto e procedura penale, si è fatto carico dell’esigenza di “stabilità” degli esecutivi. Nel corso della sua riflessione Violante sembra ritenere che la stabilità costituisce un valore in sé e che va ricercata nella composizione del
governo e che essa non dipenda invece dalla capacità dell’esecutivo di saper risolvere o prospettare soluzioni efficaci ai problemi del Paese. Il governo è l’espressione del “blocco” politico e sociale che lo ha eletto e deve essere posto in condizione di difenderne gli interessi durante il corso di tutta la legislatura. Pertanto la stabilità dell’esecutivo è funzionale al miglioramento dell’efficienza del sistema istituzionale nella misura in cui riesce a superare la frammentazione degli interessi in campo, e cioè è in grado di governare.
La stabilità consente di dare risposte al conflitto sociale solo se l’esecutivo è in grado di selezionare, isolare e amministrare anche gli interessi della minoranza tenendola sotto scacco. L’esecutivo deve poter esercitare la “dittatura della maggioranza”, anche qualora si trovi momentaneamente di fronte ad un deficit di consenso. Per ottenere questo risultato deve stipulare accordi finalizzati a trasferire i costi delle scelte pubbliche
relative alla divisione del lavoro e della ricchezza sociale sui gruppi non facenti parte della maggioranza che lo sostiene.
Occorre dunque riformare l’esecutivo rafforzandolo, modificando le norme costituzionali e superando la diffidenza dei costituenti i quali – memori dell’esperienza fascista – ne avevano limitato i poteri, ben consapevoli che il primo atto di Mussolini al momento del consolidamento del suo potere dittatoriale era stato proprio quello di riorganizzare la Presidenza del Consiglio e rafforzarla. Per realizzare questa “modernizzazione delle istituzioni” si sceglie la via delle varie Bicamerali, ma al tempo stesso si ricorre alla presentazione di numerosi disegni di legge, come ad esempio quelli in materia di riforma della giustizia, di processo breve (prima firmataria Anna Finocchiaro) e quant’altro può assicurare e garantire all’esecutivo un agevole controllo del Paese. Prima o poi la sinistra diverrà maggioranza e allora dovrà poter disporre degli strumenti istituzionali per esercitare incontrastata il suo potere: il controllo delle masse sul potere è un inutile orpello della democrazia, assicurata da un governo lungimirante, riformista, progressista.
Per veicolare nelle istituzioni come nel comune sentire valori e regole in forte antitesi con i principi democratici dell’assetto costituzionale formalmente vigente si fa ricorso al concetto di Costituzione materiale, giocata contro le regole formali. Tuttavia la Costituzione formale ha mostrato e mostra – grazie all’assetto “a maglie larghe” voluto dall’accordo costituente – una capacità di tenuta e di autointegrazione inattesa che la
rende capace di rispondere a un sistema politico molto articolato e polarizzato intorno a visioni diverse dell’organizzazione dell’economia e della società. La Costituzione ha dalla sua la partecipazione organizzata di vaste aree della struttura sociale che ne sostengono per lungo tempo la tenuta. Sono dunque queste le forze da sconfiggere se se si vuole modificare la Costituzione. Bisogna abbattere la rete di garanzie sindacali e
istituzionali, le strutture della società civile, la magistratura, la scuola pubblica.
La sinistra si dedica a quest’opera demolitoria con inusitato e encomiabile zelo:
a) Attacca la natura pubblica della scuola pubblica, facendola divenire il più possibile simile alla scuola privata (Luigi Berlinguer e la sua “riforma”). La gestione berlusconiana completerà il lavoro tagliando i finanziamenti alla scuola pubblica e finanziando quella privata.
b) Attacca e distrugge le garanzie relative alla struttura del mercato del lavoro introducendo infinite forme di precariato (pacchetto Treu e legge Biagi). La destra completa l’opera precarizzando ulteriormente il rapporto di lavoro
c) Attacca il potere di rappresentanza dei lavoratori mettendo in discussione le capacità contrattuali dei sindacati (e il Governo attraverso Marchionne e con il consenso di una parte del PD completa l’opera).
d) Introduce attraverso la modifica del titolo V della Costituzione il principio di sussidiarietà utilizzato per smantellare e privatizzare il servizio pubblico e aprire al mercato la gestione dei servizi (la destra ha continuato ma non inventato questa politica).
e) La stessa proposta di federalizzazione dello Stato è stata iniziata con le leggi Bassanini che si proponevano di attuare una modifica istituzionale a Costituzione invariata, violando così la Costituzione formale (come meravigliarsi oggi dell’attacco del governo sul terreno dell’autonomia delle istituzioni locali e la frammentazione dello Stato!).
f) E’ stata la sinistra a iniziare la critica alla magistratura e a proporre provvedimenti finalizzati a circoscriverne poteri e attività con la riforma del CSM, il processo breve ecc. (ora il Governo fa il resto e meglio dal suo punto di vista, ma come criticarlo se approfitta dei propri inconsapevoli (!) sodali).
Così operando la sinistra parlamentare ha dato prova di aver più o meno consapevolmente rimosso l’esperienza autoritaria e totalitaria fascista il cui perno era rappresentato proprio dalla prevalenza del capo del governo e dal prevalente potere normativo del governo rispetto al Parlamento.
E vero che nessuna storia si ripete uguale a sé e la maturità della società civile del popolo italiano non accetterebbe esiti autoritari senza contrastarli. Ma ciò non smentisce la pericolosità della tendenza a centralizzare e concentrare un potere politico che la Costituzione vigente vuole invece diffuso, frammentato, partecipato, plurale. Ciò tanto più quando si adotta un sistema maggioritario a liste bloccate, senza preferenza,
con premio di maggioranza; quando si assiste alla tendenziale concentrazione dei poteri esecutivi nella figura del Presidente del Consiglio; quando si subisce il rafforzamento dei poteri normativi propri del Governo in rapporto al Parlamento, con conseguente uso della decretazione d’urgenza e imposizione in sede di conversione
in legge; quando l’esecutivo ricorre all’uso consistente delle deleghe legislative e alla costante delegittimazione di tutti i poteri e le istituzioni pubbliche.
La sconfitta del berlusconismo è perciò un’operazione complessa che richiederà tempo. Essa non si realizza con la scomparsa di Berlusconi dal governo o dalla scena politica ma con l’eliminazione dei suoi epigoni anche a sinistra. Non si tratta solo di un ricambio generazionale dei politici di sinistra come vorrebbe il rottamatore Renzi ma di un radicale cambio di linea politica e di valori della sinistra a cominciare, ad esempio,
da Renzi stesso.
Al lavoro compagne e compagni

Gianni Cimbalo