Deutschland über alles

L’Europa è investita da un flusso migratorio senza precedenti nelle epoche recenti.
Il Pentagono, che è un attivo produttore di incessanti flussi migratori attraverso la promozione della guerra ha dichiarato che questo fenomeno continuerà ancora per 20 anni. E’ perciò del tutto evidente che, per evitare che la migrazione si tramuti in un problema per la tolleranza interna e per la stabilità degli Stati occidentali, occorre integrare gli immigrati. Oggi, in tutto il mondo, si contano almeno 200 milioni di migranti
– persone che vogliono o sono costrette a vivere lontano dalla loro terra di origine. Si tratta all’incirca del 3% della popolazione mondiale.
Le cause principali delle migrazioni internazionali sono le differenze nello sviluppo economico, problemi demografici e, naturalmente, le guerre. Le migrazioni non sono un fenomeno transitorio, ma un elemento fondamentale dell’esistenza umana. Essa esiste da quando esiste l’Homo sapiens; le migrazioni sono parte integrante della condizione umana come la nascita, la riproduzione, la malattia e la morte. Volerla fermare
o pensare di riuscire a fermarla significa mentire a se stessi e agli altri; nell’attuale società capitalistica la volontarietà dei fenomeni migratori non esiste quasi per nulla, ma donne e uomini sottostanno a ricatti economici, guerre che aumentano il bisogno di migrare per sopravvivere.

L’emigrazione e la Germania

Nel 1952 venne introdotta in Germania la statistica ufficiale sulla migrazione. Da quell’anno al 2006, 36,3 milioni di persone si sono insediate in Germania. Nello stesso periodo, quasi 26,5 milioni di tedeschi e di stranieri hanno lasciato il paese. Questo significa per la Germania un saldo migratorio in aumento di 9,8 milioni che negli ultimi anni.
Possiamo individuare diverse fasi d’immigrazione. Negli anni del dopoguerra, furono soprattutto sfollati e rifugiati a raggiungere la Germania occidentale. Il boom economico negli anni del dopoguerra scatenò un’elevata richiesta di manodopera, che costrinse la Repubblica Federale Tedesca a reclutare i cosiddetti “Gastarbeiter”, lavoratori ospiti provenienti dall’estero, fra i quali molti italiani. Infatti il primo patto di reclutamento di manodopera venne stipulato con l’Italia. A novembre del 1973, a seguito della prima crisi dei prezzi del petrolio e della crescente disoccupazione, la Germania decise di interrompere il reclutamento di nuova manodopera.
Molti dei lavoratori reclutati restarono in Germania, invitando, sempre più spesso, i propri familiari a raggiungerli tanto che secondo alcune stime, dalla metà degli anni settanta alla fine degli anni ottanta, oltre la metà degli immigrati era costituita da familiari che andavano a ricongiungersi soprattutto con ex Gastarbeiter. Nel 1990, con il crollo del Muro di Berlino si ebbe l’aumento del numero di rifugiati politici e di immigrati di origine tedesca, provenienti dall’Europa orientale e dall’ex Unione Sovietica e la struttura dell’immigrazione cambiò. Le richieste d’asilo non furono mai così tante come nel 1992, quando raggiunsero quota 440.000. Nello stesso anno venne introdotto un contingentamento sulle domande d’asilo che riguardò anche la quota di immigrati di origine tedesca. Ciò fece si che vi fosse una progressiva diminuzione di entrambe
le forme di migrazione. Nel 1998 il numero di richieste d’asilo scese al disotto dei 100.000 – nel 2006 circa 21.000 persone presentarono domanda di asilo. In calo anche il tasso di immigrati di origine tedesca, passato dai massimi storici del 1990 con 400.000 persone alle 7.700 persone nel 2006. In questa fase si assiste al consolidamento della situazione: diminuiscono complessivamente le cifre sull’immigrazione e il ricongiungimento familiare è il fattore principale che porta alla migrazione. Le aree dell’Est europeo hanno garantito per anni manodopera a basso costo dislocata in quella zone.

Gli effetti della politica tedesca sull’emigrazione

Per dare un quadro della situazione migratoria, è necessario tener conto sia del numero di stranieri che vivono in Germania, sia della quota di persone con un passato di migrazione. Il 19% della popolazione in Germania ha una storia di migrazione alle spalle – quasi un cittadino su cinque. Il 96% di questi 15 milioni circa di cittadini con un passato di migrazione, vive nei Bundesländer occidentali e a Berlino.
Quasi un bambino su tre con meno di cinque anni ha un passato di migrazione. Nelle scuole tedesche in media, quasi il 22% degli alunni di 15 anni si trova in analoghe condizioni. Le grandi città vantano la più alta percentuale di immigrati rispetto alla popolazione totale: a Stoccarda, Francoforte sul Meno e Norimberga quasi il 40% degli abitanti ha un passato di migrazione
In questi gruppi di persone le donne sono sotto rappresentate e le persone sono più giovani rispetto a coloro che non hanno un passato di migrazione. Lo si evince dall’età media, particolarmente bassa, dall’elevata percentuale di giovani che hanno meno di 15 anni e dalla bassa percentuale di coloro che hanno più di 65 anni Se si considera solo il tasso di stranieri presenti in Germania fino al 2008, il loro numero raggiunge, secondo il registro centrale degli stranieri, i 6,95 milioni di presenze. La maggior parte di essi, ovvero quasi l’80% o 5,6 milioni di persone, proviene dall’Europa, ovvero dagli Stati europei inclusi la Turchia e la Federazione Russa; 2,5 milioni di questi 5,4 milioni di stranieri, provengono dagli Stati membri della UE – 1,6 milioni dei quali dai “vecchi” Stati membri della UE. Il gruppo più nutrito di stranieri, composto da 1,8 milioni di persone, è di cittadinanza turca.
L’Italia è al secondo posto con 530.000 presenze. Attualmente gli stranieri hanno un’anzianità media di permanenza di 17,3 anni. Rispetto a questa media, gli Italiani si trattengono per periodi più lunghi – con un’anzianità media di 25 anni. La percentuale di quegli stranieri, che soggiornano per meno di quattro anni, è del 15%, mentre sale al 22% la percentuale di coloro che si fermano più di 30 anni. Va detto comunque che da
qualche anno le cifre sull’immigrazione in Germania erano complessivamente in calo; il costante flusso d’immigrati era di dimensioni relativamente ridotte e ciò malgrado nel paese la percezione pubblica fosse molto più alta
A seguito dell’evoluzione demografica in Germania, con una popolazione che invecchia ed è in calo, era stata avanzata la proposta di bilanciare questo scompenso con l’immigrazione. Si calcolava che mantenendo invariato il saldo immigrazione, nel 2050 la popolazione in Germania sarebbe sceso dagli 82,5 milioni a una cifra che oscilla fra i 75 e i 67 milioni.. C’era quindi da superare la legge sulla “Gastroenterite”, provvedendo a una integrazione mirata e sistematica.
Per questo motivo è stata approvata una nuova legge sull’immigrazione, entrata in vigore il 1°gennaio 2005 e fondata su un ampio consenso politico, che ha permesso avviare una politica d’integrazione sistematica, introducendo, per la prima volta nella storia della Repubblica Federale, un’offerta paritaria a livello nazionale a favore dell’integrazione dei nuovi immigrati. Per la prima volta il legislatore ha individuato “il
sostegno all’integrazione” come un punto centrale della politica per lo sviluppo economico. La legge considera che, proprio nel campo della migrazione e dell’integrazione, la Germania si trova davanti a particolari sfide come quelle di consentire la partecipazione paritaria degli immigrati alla società e alla vita culturale,
sociale, politica ed economica, per cui nell’interesse degli immigrati, ma anche delle società di accoglienza, occorre riuscire a integrare gli immigrati che vivono legalmente in Germania, tenendo conto che l’integrazione non si realizza in maniera autonoma, ma è un processo al quale entrambe le parti devono contribuire in modo attivo. I nuovi venuti devono impararne la lingua, le usanze e le regole e pur conservando la propria identità, identificarsi con l’ordinamento di base, liberale e istituzionale della Germania, tenendo conto CHE integrazione non significa vivere gli uni accanto agli altri, ma costruire assieme la società.
Malgrado le dichiarate buone intenzioni si è rilevato che nel 2006 la percentuale di disoccupazione fra i tedeschi raggiungeva una media annuale del 10,8%, fra gli stranieri raggiungeva quasi il 23,6%. Secondo i risultati di un microcensimento effettuato nel 2005, le persone con un passato di migrazione dipendevano più
frequentemente dal sussidio di disoccupazione rispetto alle persone senza un passato di migrazione. Non possedendo qualifiche professionali gli stranieri incontrano spesso maggiori difficoltà nel mondo del lavoro. E così, anche per via dei titoli di studio di grado inferiore, gli immigrati in Germania finiscono per essere sovrarappresentati nelle categorie di lavoro per personale non qualificato. Anche le lacune linguistiche sono un
problema. Ciò vale soprattutto per la seconda e la terza generazione, con alle spalle famiglie in cui spesso si continua a non parlare tedesco.
Componente essenziale del modello di integrazione tedesco è di consentire insediamenti equilibrati sul territorio, in modo da mantenere un tasso controllato di stranieri provenienti da diversi Paesi e ostacolare la formazione di comunità territorialmente coese e omogenee. Bilanciando le presenze sul territorio il modello
tedesco di gestione dell’emigrazione cerca di evitare le concentrazioni ghettizzanti di migranti, per evitare problemi di ordine sociale.

La crisi del 2008 e la nuova migrazione

La crisi del 2008 ha alimentato anche in Germania l’immigrazione clandestina il cui volume è andato crescendo con la crescita delle migrazioni per il tramite dei paesi del sud Europa ed è stato tollerato per il bisogno di manodopera che caratterizza l’economia tedesca in costante crescita.
Va detto inoltre che l’emigrazione dai paesi dell’Est non è mai cessata e almeno rispetto ad alcuni paesi come quelli dell’Europa centrale, Ucraina compresa, ha assunto la forma di emigrazione “circolare”, ovvero periodica o stagionale, con frequenti ritorni al paese d’origine. Questa forma di pendolarismo emigratorio consente una riduzione notevole dei costi e una migliore e più agevole gestione del fenomeno.
Tuttavia, come si evince dalla ricostruzione precedente del fenomeno, in Germania vi sono ragioni strutturali che inducono a favorire l’emigrazione con carattere stanziale, selettiva e controllata. Ecco perciò emergere la decisione recente di accogliere i profughi siriani, decisione che appare a prima vista sorprendente e generosa, ma che è motivata da precise scelte economiche e politiche.
Accogliere migranti di un unico paese e quindi con usi e tradizioni cultural religiose consente un maggiore controllo del fenomeno come è avvenuto in passato per i turchi. L’istruzione di questa popolazione è in genere medio alta e ciò corrisponde ai bisogni dell’economia tedesca. Ad attrezzare il paese ad avere rapporti con l’islamismo ha pensato, quando era Ministro federale degli Interni Wolfgang Schäuble, che ha costituito la Conferenza Tedesca dell’Islam. Questa struttura è chiamata a gestire o rapporti con i 4 milioni di musulmani che vivono già nel paese anche se, come ovunque in Europa, rimane aperto il problema dei rapporti COI i giovani musulmani di seconda e terza generazione nella scuola, nel mondo del lavoro, nella società. Alle componenti attuali dell’Islam presenti all’interno della Conferenza dell’Islam, bisognerà aggiungere gli aleuiti, promuovendo il dialogo fra rappresentanti dello Stato tedesco e rappresentanti dei musulmani, che vivono in Germania.
Al centro dell’offerta statale d’integrazione in Germania ci sono i corsi d’integrazione. Seguendo il principio “del pretendere e dell’incentivare”, è un diritto, ma anche un obbligo partecipare ai corsi. Il corso d’integrazione si fonda su due pilastri: 600 ore di corso di lingua e 30 ore di corso d’orientamento sull’ordinamento giuridico, la storia e la cultura in Germania. I corsi vengono affiancati da un’offerta di consulenza individuale rivolta agli immigrati, la cosiddetta consulenza per la migrazione, della durata di tre
anni. La legge sull’immigrazione prevede fondi per specifici progetti d’integrazione, che sostengano il lavoro degli operatori di strada in zone disagiate della città e le politiche di insediamento dei migranti sul territorio.
L’accoglienza della gran parte della popolazione dei nuovi venuti non si spiega solo con la composizione della popolazione tedesca ma anche con il desiderio di sostenere economicamente il paese.
Ad opporsi quelle parti di popolazione di istruzione medio bassa e di lavoratori marginali, residenti soprattutto nell’Est del paese e perenne base sociale dei movimenti di destra sempre attivi nel paese.

Gianni Cimbalo