Il post totalitarismo gentile

“Il Gentil Totalitario”

Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte
e diventerà una verità
Joseph Goebbels

Premessa uno: le recentissime elezioni sono state elezioni europee, dove notoriamente i voti vanno più in libertà del solito;
Premessa due: il risultato delle amministrative è stato strettamente collegato a quello delle europee;
Premessa tre: L’astensionismo è stato elevatissimo.
Fatte salve le premesse sopracitate, che servono più che altro per aprire e chiudere eventuali (e per chi scrive poco significanti) critiche a ciò che segue, andiamo dunque al sodo.
Il risultato delle elezioni europee assume il carattere di un plebiscito a favore di Matteo Renzi. Il 41% ottenuto dal PD, infatti, non è altro che un voto verso il capo indiscusso (tanto è vero che su molte schede, nello spazio riservato alle preferenze molti hanno scritto il suo nome).
Questo risultato così clamoroso, al di là di ogni previsione e, aggiungo io, anche al di là di ogni buon senso, necessiterebbe di una lunga analisi che vorrei qui ridurre ad un elenco abbastanza sommario, suscettibile di integrazioni e modifiche.
a) lo sbarramento mediatico a favore di Matteo Renzi, che ha raggiunto nella stampa e nella TV italiana livelli sconosciuti anche in epoca Berlusconiana (ultimo l’endorsment di Eugenio Scalfari su Repubblica);
b) il “terrore” verso Beppe Grillo, alimentato dai media ma veicolato perfettamente dal comico che ha confuso le piazze con i voti, cadendo perfettamente nella trappola tesagli da quei media che dovrebbe conoscere;
c) il voto europeo come voto in libertà, molto diverso da quello politico ma anche amministrativo (vedere le percentuali del PD a livello locale, spesso alte ma non come le europee);
d) la capacità del PD renziano di attrarre ormai appetiti e affinità da parte di una larga fetta della società italiana, centro e destra in primis, vista la caduta libera di Forza Italia e di essere del tutto rassicurante per il capitalismo italiano;
e) il “brand”PD che per molti militanti provenienti del PCI rappresenta un’ancora ideologica e identitaria ancora forte. L’unica in grado di inserirli in una comunità che non esiste più ma che da ancora l’idea di far parte di qualcosa (qualcosa assai inquietante ma meglio che la solitudine nella quale la gente ormai vive…);
f) Lo scatolone vuoto di quel partito è però uno scatolone che funziona. E’ stato interamente vampirizzato ma mantiene una burocrazia efficiente e pronta e che dà il meglio di sé nella capacità organizzativa;
g) (ovviamente avendo anche i mezzi materiali per farlo);
h) la linea diretta senza mediatori fra centro e periferie: il PD è un partito populistica guidato da un capo deus ex machina, non esistono rappresentazioni di strutture terze, di mediazioni. Questo viene vissuto come liberatorio.
A questo va aggiunto, a parziale e significativa integrazione del punto “f “, l’annotazione sul fatto che l’apparato del PD ha funzionato come un esempio da manuale della burocrazia di stampo weberiano.
Un apparato burocratico asservito totalmente alla nuova dirigenza, senza nessun interrogativo sulle finalità. Questo in omaggio a quella filosofia, della “macchina” associata alla “governance” e alla separazione fra realizzazione e indirizzi che, seppure ovvia e anche auspicabile, diventa, in momenti eccezionali o laddove si verifichino situazioni quali quella attuale, dove un gruppo dirigente “conquista” in modo brutale il potere interno, una potente e pericolosissima autostrada di potere.
E’ evidente che questa incoronazione si caratterizzi come estremamente pericolosa (non in potenza ma, ormai, nei fatti) poiché essa emerge in assenza di qualunque opposizione esterna e interna, fatta salva l’esperienza di Tsipras a livello europeo (da verificare quanto possa funzionare sul piano italiano).
Ovviamente si parla qui di piani istituzionali e rappresentativi, non del paese e delle lotte reali che al suo interno si continuano a svolgere. Ma, visto che il piano elettoralistico ha ormai fagocitato completamente la discussione, questo ci costringe ad affrontare la questione da questo punto di vista.
Molti hanno parlato del PD renziano come la “balena bianca” ma le similitudini, pur essendo molte, non scalfiscono la estrema novità e diversità del fenomeno.
Innanzitutto la DC non aveva capi carismatici al suo interno (nel caso li eliminava) era divisa in correnti ferocissime che si sbranavano dividendosi territori ed elettori. Il collante del suo interclassismo era l’anticomunismo.
Di quella compagine il renzismo ha ereditato la ferocia che ha usato per la conquista del partito. Senza fare prigionieri. Lo ha conquistato come un coltello che taglia il burro, dopo un po’ di resistenza che Bersani oppose nel 2012.
Questo per ribadire la assoluta insufficienza e obsolescenza del sistema partito di stampo gramsciano che ormai non è più in grado di arginare alcunché, ma, anzi, una volta conquistato dall’interno si trasforma nel suo opposto, senza dare segni esterni di cambiamento.
La compagine che ha votato Renzi è davvero complessa e articolata e non è detto che tutto questo ben di dio, alla fine, porti bene al progetto. Potrebbe anche farlo implodere.
Al momento però, il fenomeno pare durare e ingigantirsi, trasformandosi via via in un sistema davvero totalitario, senza opposizioni, né voci discordanti.
Un sistema che solo apparentemente mantiene modalità democratiche, perfino affabili, ma che nasconde ( e neppure tanto) una totale spietatezza.
Un totalitarismo gentile, insomma.

Andrea Bellucci