Nel momento nel quale scriviamo lo sciopero è al suo quattordicesimo giorno consecutivo. Si, perché in Francia l’azione di sciopero deve essere collettiva, concertata e motivata da richieste professionali e il lavoratore smette completamente di lavorare e sciopera in genere per molti giorni. Lo sciopero non deve essere uno sciopero politico e
quello per ragioni economiche può durare meno di un giorno o legalmente anche per diversi mesi.
Il 15 febbraio 2006 (appello 04-45738) la “camera sociale” della Corte di Cassazione ha ritenuto che la partecipazione a uno sciopero nazionale finalizzato alla difesa delle pensioni costituisce una richiesta di natura professionale e quindi indirlo e/o parteciparvi è lecito e non costituisce causa di licenziamento. Pertanto il contratto di lavoro rimane in vita (L 2511-1), sono garantiti la conservazione dell’anzianità pregressa e la qualifica professionale; l’articolo L 1132-1 rafforza questa protezione, ma il contratto di lavoro è sospeso. Ciò significa che sono sospesi anche tutti gli obblighi delle parti e quindi non solo non viene corrisposto il salario, ma, i periodi di sciopero non vengono presi in considerazione per il calcolo della pensione.
Lo sciopero viene proclamato con preavviso di cinque giorni lavorativi (esclusi quindi i festivi e i fine settimana) da inviare ai datori di lavoro pubblici e dei servizi pubblici (articoli da L. 521-2 a L. 521-6 del codice del lavoro) o alle società sia pubbliche che private,ad esempio quelle del trasporto urbano, che forniscono le prestazioni. Non è richiesto alcun preavviso per le altre società private.
A un anno dallo scontro del Governo francese con lavoratori e sindacati sulla riforma delle pensioni – punto fondamentale del programma di Macron – il problema si ripresenta insieme a una riforma complessiva e strutturale del mercato del lavoro e del sistema di welfare. Il progetto governativo è stato elaborato da in gruppo di lavoro sotto la guida dell’Alto Commissario per la riforma delle pensioni, Jean-Paul Delevoye, dimessosi il 16 dicembre 2019 per conflitti di interesse con l’incarico ricevuto. È stato sostituito il 18 dicembre da Laurent Pietraszewski, deputato di en Marche, già dirigente del gruppo
Auchan, una catena di supermercati. La riforma propone di elevare a 64 anni l’età pensionabile per tutte le categorie dal 2025, standardizzando le regole per il calcolo delle pensioni. Il contenuto in dettaglio della riforma deve ancora essere chiarito, ma le
linee principali delle modifiche riguardano l’introduzione di un nuovo sistema universale in cui la pensione sarà calcolata per punti. Verrebbero così abrogati gli Statuti delle diverse categorie di lavoratori che stabiliscono modalità e condizioni diverse e caratterizzano il mercato del lavoro francese, assicurando categoria per categoria, i diritti conquistati in anni di lotte in materia di orario e condizioni di lavoro, di trattamento pensionistico e previdenziale, di godimento di diritti sociali, di welfare per le famiglie, diritto all’abitazione, congedi parentali, ecc.
La proposta del Governo ha incontrato l’opposizione dura delle organizzazioni sindacali (di ferrovieri, lavoratori dei trasporti, impiegati pubblici, medici, soprattutto) che attraverso scioperi durissimi e continuati, e azioni improvvise come l’interruzione dell’energia elettrica, hanno messo in crisi sia la possibilità di recarsi al lavoro che le vacanze, gli acquisti natalizi, il turismo. Individuando nella gestione della logistica l’anello debole della controparte, le organizzazioni sindacali hanno concentrato gli scioperi su questo settore e minacciano di continuare per tutto il periodo natalizio.
É anche la risposta a una politica di smantellamento dei servizi, soprattutto nelle periferie e nella Francia rurale, mentre si allentano le garanzie in materia di tutela dell’occupazione e dei salari, soprattutto nei settori dei lavoro diffusi sul territorio, nelle piccole imprese, nel mondo contadino e impiegatizio. Il risultato è l’aumento delle spese individuali per quelle attività che avrebbero dovuto essere coperte dal welfare, finanziato dalle tasse e dalla fiscalità generale, con una diversa distribuzione dei costi tra città e campagna, tra centro e periferie e quindi con l’aggravamento delle condizioni di vita e di lavoro.
Aumento dei costi complessivi di vita e disagio sociale Il risultato delle politiche di austerità con le quali il Governo accompagna l’intervento sulle pensioni è un aumento dei
costi delle prestazioni sanitarie in campagna e nelle periferie a causa della chiusura di ospedali periferici, ambulatori, centri diagnostici pubblici con il risultato che per raggiungerli bisogna spostarsi a proprie spese. Si, perché contemporaneamente il sistema di trasporti periferici e quello per i pendolari è stato ridimensionato e i servizi ridotti; perché la perdita della sicurezza del posto di lavoro ha costretto ad una maggiore pendolarità, perché le diverse condizioni di vita e di lavoro hanno tagliato le integrazioni di reddito provenienti dai lavori casalinghi e agricoli di integrazione al reddito, abbandonati a causa non solo dei
costi, ma del maggior tempo occorrente per il lavoro e gli spostamenti tanto che ad esempio nella giornata del 17 dicembre intorno a Parigi si sono registrate code per 500 Km. In questa situazione crescono le richieste di telelavoro, destrutturando ancora di più l’organizzazione del lavoro e le possibilità di risposta collettiva alla destrutturazione della vita sociale.
Lavorare costa sempre più e una parte crescente del salario è destinata a pagarsi a livello individuale servizi che prima venivano erogati dal welfare e perciò le tasse molto alte sono diventate incomprensibili, ingiustificate ed estremamente onerose perché non compensate da servizi erogati dallo Stato che le percepisce.
Il concentramento dei servizi nelle città e nei grandi centri dove sono possibili economie di scala nell’erogazione delle prestazioni ha acuito il conflitto tra le città, dove è concentrato il gran numero degli elettori di Macron e le campagne, con il risultato che la periferia insorge perché viene violato il patto tra cittadino e sistema pubblico, garante dei servizi essenziali che vanno dall’istruzione alla sanità, dalle pensioni ai servizi sociali e ai diversi meccanismi di redistribuzione del reddito. Se poi a ciò si aggiunge l’abolizione voluta da Macron dell’imposta patrimoniale che caratterizzava il sistema fiscale francese,
garantendo una sia pur parziale redistribuzione del reddito, ben si comprende la radicalità della protesta e l’irrinunciabilità dell’azione sindacale.
Gianni Cimbalo