LUNGA DURATA

In una estate piena di boutade e improvvisazioni cabarettistiche, tra Ministri dell’interno contro i negri, un M5S che sta dimostrando tutto il vuoto del quale è composto, per tacere del collasso finale non solo del PD ma di tutta quella compagine che una volta si chiamava “sinistra”.
In una estate così, dove la “narrazione” e la “società dello spettacolo” paiono assestare colpi durissimi ad ogni ragionamento materialista e concretamente strutturale, ecco che arriva il colpo di martello che rimette tutti al proprio posto, un po’ come il finale del film di Fellini “Prova d’Orchestra”.
La morte di Marchionne è diventata così la cartina di tornasole, lampante nel suo significato, che per quanto la “politica” morente di un paese si arrabatti a discutere del mondo, in realtà il mondo sta da un’altra parte.
Il processo di beatificazione dell’AD della ex-Fiat è stato rielaborato in diverse linee di pensiero atte a coprire tutte le classi sociali (i salariati dell’informazione producono sistemi-notizia opportunamente diversificati): dall’analisi più tecnica del “salvatore della patria (capitalista)” prodotta dagli economisti, all’indagine vouyeristica delle riviste e dei programmi trash e di largo ascolto, fino all’omaggio del Parlamento.
Ovvero, come il capitale (che sia finanziario, produttivo, speculativo, criminale poco importa) è in grado di interagire e attraversare l’intera società.
Le poche voci fuori dal coro sono state in realtà voci ben dentro al coro, riservandosi il dozzinale dileggio o la battuta feroce, prevista e benissimo accetta, poiché del tutto compatibile con il capitale stesso (Marchionne cattivo, sfruttatore ecc..ecc.. secondo una narrazione ormai infantilizzata).
Il capitale copre così lo scibile umano, presentandosi sia nella narrazione maintsream (parola che oggi va di moda…..nello stesso mainstream!) sia in quella, apparentemente, “altra” e riesce a presentarsi quindi come elemento “naturale” del quale si può discutere. E su cui si può prendere posizione anche critica, a patto di considerarlo elemento immanente.
Si inveisce contro di esso come si farebbe contro una grandinata. Fa danno, ma che ci vuoi fare, è la natura.
Questo capolavoro del capitale, ovvero di aver occupato tutti gli spazi, è stato ottenuto, dopo il trentennio glorioso, con il duro lavoro del trentennio “in-glorioso”, usando tutte le armi a disposizione, dismesso il volto truce e passatista della pura e ottusa reazione (ma sempre pronta alla bisogna, vedi Genova 2001), ovvero dai “mattinali” del Corriere, si è passati al giornalismo “d’assalto” di Repubblica – la quale, non dimentichiamolo, nasce proprio nel 1976 – alle battaglie civili.
Insomma la modernizzazione del paese è avvenuta capovolgendo di segno (ma lasciandone immutata l’apparenza) proprio quelle battaglie che, negli anni ’60 e ’70, mobilitarono migliaia di persone.
Sia chiaro, non è stata solo persuasione e propaganda occulta, è stata una trasformazione antropologica accompagnata da una totale ridefinizione delle priorità e da un coinvolgimento reale della popolazione (popolo senza classi, teoria in primis supportata proprio dalla sinistra, più che dalla destra, la quale, in realtà, ha sempre avuto ben presente la stratificazione sociale).
Su quel piano scivoloso, nel giro di qualche anno, il capitalismo, è passato da essere uno dei modi di organizzazione socio-economica, e quindi storicamente determinato, a immanenza astorica e fuori dal tempo.
Stato di natura.
In questo contesto la morte di Marchionne assume caratteristiche davvero significative per lo stato dell’arte. È diventato parte della storia dell’umanità; parte di quella lunga durata che Braudel assegnava ai fenomeni profondi e non misurabili con i criteri della storia fattuale, degli eventi, che riguardavano la superficie.
Ecco, Marchionne e la sua santificazione (o la sua dannazione) è la dimostrazione che la strada sarà davvero in salita per tornare a ragionamenti materialistici e realistici, affogati come siamo in una narrazione completamente destrutturata e superficiale.
E per ricacciare Marchionne nella storia, dove esso può essere sconfitto o superato, ma non come individuo, ma come simbolo di una precisa organizzazione sociale ed economica.

Andrea Bellucci