LA VERA STORIA DI CRISTOFORO COLOMBO – Il viaggio della sinistra italiana

Il governo Meloni è nato. È un pessimo governo con gli stessi identici personaggi di 14 anni or sono. Ovvero un’era geologica fa, nel mondo addirittura precedente alla crisi finanziaria. Vecchi dinosauri riciclati e spacciati per nuovi, coordinati da una pseudo rampante-borgatara priva di qualunque dote politica reale e a capo di una compagine in cui spicca l’assenza di una benché minima classe dirigente degna di questo nome. Davvero colpisce che una tale armata Brancaleone sia stata venduta e votata come se fosse il nuovo in arrivo. Sicuramente se Berlusconi fosse stato un po’ più giovane e in grado ancora di intendere e volere avrebbe costituito un governo degno di questo nome e, al di là delle battute, probabilmente avrebbe puntato su gente perlomeno un po’ più giovane anagraficamente.
Ora, di fronte alle nullità che questo governo esprime, alla ripetizione di uno scenario che chi oggi ha 30 anni, aveva già vissuto da adolescente, la sinistra, o il cd “centro sinistra” dovrebbe perlomeno chiedersi come sia stato possibile. Come si sia riusciti ad ottenere un tale capolavoro.
In realtà il “centro sinistra”, ovvero il PD, è geneticamente impossibilitato a fare opposizione. Il PD è un partito nato per “amministrare”, per risiedere stabilmente nei gangli del governo, delle Regioni, dei Comuni. Nelle amministrazioni pubbliche, nei CDA delle aziende. Ovunque vi sia un posto da occupare e da dove si possa gestire. Sia chiaro, non è che questo sia un delitto. Non è che un partito non si debba porre la questione del governo (ci mancherebbe) e che, in fondo, il PD abbia anche governato e amministrato bene (erede di un partito di massa di grande tradizione in questo senso). Non è quello il punto. Il punto è che questa specie di “egemonia gramsciana 2.0” è relativa al fatto che il PD nasce per essere parte delle istituzioni. Quindi non è un partito che, coerentemente e correttamente, elabora un percorso, avanza delle idee, ha una visione, una ideologia e su questo costruisce la sua egemonia (che passa, certo, anche
dall’occupare cariche pubbliche e non solo). No. È esattamente il contrario. La ragione per cui il PD esiste e che possa vivere è che esso deve fare parte integrante del sistema istituzionale. Una specie di “Gran Consiglio” senza ovviamente paragonare nulla e nessuno, ma solo per rendere l’idea. Mi permetto un’annotazione personale. Qualche anno fa, ai tempi delle primarie (ora scomparse dal radar) si vedevano persone recarsi tranquillamente presso i Municipi per chiedere dove si votasse. Il battage giornalistico e informativo e la stessa comunicazione del PD avevano cioè indicato che quelle non fossero le primarie di un partito, ma un percorso elettorale istituzionale. Del resto a quel tempo era proprio il “partito della nazione” quello che Renzi si proponeva di costruire. E, al di là, o forse proprio per quella, della natura banditesca del gaglioffo rignanese, forse aveva capito più di altri che cosa fosse il PD.
Una delle caratteristiche, spesso dimenticate nella discussione pubblica (più interessate al sangue e ai morti, meno alla sostanza politica) del fascismo era stata l’elaborazione di una presunta “terza via” tra comunismo e capitalismo. Terza via su cui il regime aveva costruito anche una intera struttura (camera dei fasci e della corporazioni, carta del lavoro, ministero delle corporazioni ecc..). Certamente si trattò di un formidabile strumento propagandistico e, nella realtà, poco o nulla venne realizzato e, anzi, le classi dominanti diventarono sempre più dominanti. Tuttavia rimaneva esempio di una delle caratteristiche del’900. Ovvero eliminare il conflitto di classe sostituendolo con la nazionalizzazione delle masse.
Cosa che non era riuscita al regime liberale e motivo anche del suo fallimento dopo la prima guerra mondiale. Questo mito della fine della lotta di classe era scomparso dai radar per un lungo periodo dopo la seconda guerra mondiale. La consapevolezza della diversificazione degli interessi e la composizione in classi della società era stata per decenni, turbolenti, violenti, ma anche pieni di partecipazione politica e conquiste fondamentali, una delle ragione per una crescita economica enorme, e un certo disappunto da parte delle classi dominanti che non avevano avuto, perlomeno non
completamente, i governi e i parlamenti al loro servizio.
Questa parabola inizia a chiudersi dalla fine degli accordi di Bretton Woods, dalla perdita del saggio di profitto, ma, soprattutto, per l’inaccettabile potere acquisito dalla classe lavoratrice.
Ovviamente nel periodo ‘70/80 questa reazione si gioca ancora sul piano della forza e del contenimento (Cile, ecc…). Poi dagli anni ‘80 inizia una grande operazione di soft-power, che coinvolge ogni ganglo del sistema paese e, soprattutto, l’informazione. Si dichiara chiusa l’intera stagione della partecipazione politica degli anni ‘70, rubricandola
sotto la voce “anni di piombo” (questo soprattutto in Italia) e si dà il via, con la triade (non casuale) di Tatcher, Reagan e Craxi, allo smantellamento ideologico.
Ovviamente non è che si sia trattato della spectre e qui voglio solo riassumere brevemente un percorso storico non un complotto, sia chiaro. Non è certo questo il luogo per poter anche solo riassumere una storia lunga e complessa.
Insomma, alla fine, quale è il succo di questa strada? Il succo è considerare tout-court il conflitto sociale come una iattura.
Quando nasce il PD, nel 2007, al Lingotto (luogo- evento, non casuale, ripulito da ogni questione operaia e materiale. Si fa piazza pulita dello scontro di classe) Veltroni pronuncia le seguenti parole:
A carico di noi tutti, ormai da vent’anni, pesa un ingente debito pubblico, conseguenza dei conflitti sociali degli anni ’70 e dell’irresponsabilità degli anni ’80.” [1]
Un manifesto di una chiarezza assoluta. La “terza via” si è incarnata nella ex- sinistra comunista.
Capiamo quindi che il combinato disposto di rinuncia alla lotta di classe e alla politica come proposta di percorsi diversi, non può che portare all’immobilismo, al risucchiamento totale dentro l’Istituzione da intendersi come blindata e chiusa. Di critica al capitale non rimane e non può rimanere traccia, perché il capitale è considerato lo stato naturale delle cose, dove si può lavorare solo sui margini, sulle correzioni, sullo smussamento delle criticità. Ad onor del vero neppure questo aspetto però è stato messo in atto dal PD che ha sposato in toto ogni aspetto del liberismo e della
finanziarizzazione dell’economia, (e continua a farlo. Vedi la creazione del mostro “Multiutility” in Toscana, l’adesione all’autonomia differenziata, ecc..).
C’è poi da considerare che i governi come quello italiano, per motivi geostrategici, hanno pochissimo spazio di manovra, in quanto le decisioni importanti vengono prese altrove. Decisioni politiche sia chiaro e non “tecniche”. Per cui rimane solo il colore delle tendine, per usare un paragone poco rispettoso.
Il problema è che FdI è stato l’unico partito rimasto fuori dal disastro degli ultimi 2 governi e, in particolare, quello di Draghi, odiatissimo da ampie fette del paese e del quale invece (per i motivi fin qui esposti) si era del tutto invaghito il PD (come ai tempi di Monti). Quindi un partito che sposa in pieno un governo diretto da un finanziere, che
non è in grado di sintonizzarsi sui bisogni di ampie parti del proprio paese e che, prima di schiantarsi alle elezioni, produce pure una legge elettorale suicida.
Per questo la Meloni ha vinto, in un paese con una astensione altissima (quasi il 40%. Nessuno riflette su questo dato?).
Emerge nel panorama italiano la figura di Conte, certamente un trasformista democristiano spesso sottovalutato ma che ha saputo riprendere il M5S per i capelli e riportarlo a pesare sul piano politico. Il PD non è in grado di rapportarsi con i 5s, per un motivo molto semplice. Gli sfugge ormai lo stesso concetto del “fare politica”. Un concetto che per quel partito è legato strettamente ad “amministrare” ad ogni costo. Caratteristica che renderà il suo percorso come una specie di viaggio di Colombo, in cui scambia un paese nuovo per quello vecchio. Anche là però la storia non finì bene per gli abitanti di quei luoghi.

[1] Per il discorso integrale vedi https://www.ilfoglio.it/politica/2017/03/10/news/pd-da-veltroni-a-renzi-i-discorsi-del-lingotto-torino-124635/

Andrea Bellucci