Catasto: una riforma “immagine”

Il catasto è il registro dei beni immobili che si trovano sul territorio di uno Stato. Questo registro ha valore non probatorio che ha il fine di fornire gli strumenti teorici e metodologici per la valutazione da parte dello Stato dei beni per i quali non esiste una valutazione, è basato sulla dimensione geometrica del bene, che utilizza la dimensione sulle mappe del bene per attribuire a soggetti diversi le quote di proprietà. Il catasto è suddiviso tra quello dei terreni e quello dei fabbricati e oltre che attestare la proprietà di un bene ha per lo Stati lo scopo di calcolare le imposte, Introdotto con l’unità d’Italia in epoca moderna è stato progressivamente modificato e successivamente il materiale cartaceo del vecchio catasto è stato informatizzato e digitalizzato ed è oggi consultabile mediante internet da soggetti pubblici e privati. Per ogni immobile vengono calcolati due redditi: reddito dominicale e reddito agrario che ha una funzione fiscale.
Va da sé che se un immobile non è accatastato sfugge alla tassazione; ciò fa sì che, vista l’entità dell’evasione fiscale in Italia, ci sono circa 1.080.000 case non registrate al catasto. Si tratta di unità immobiliari di diverse tipologie.
Ad essi è stata attribuita una rendita, definitiva o presunta, pari a 817,00 milioni di euro con un gettito stimato complessivo, erariale e locale, pari a circa 472 milioni di euro.
Per tassare gli immobili vengono utilizzati gli estimi catastali che consentono di calcolare la “rendita catastale per unità di consistenza”, e costituiscono i parametri fissati dai Comuni per stabilire il valore di una proprietà immobiliare, tengono conto della qualità, della categoria e della classe di una determinata unità immobiliare
Per ottenere la rendita catastale di un bene censito al Catasto Fabbricati è necessario moltiplicare la tariffa d’estimo, determinata tenendo conto dei parametri sopra descritti, per i vani, per i metri quadrati o per i metri cubi a seconda della categoria dell’immobile. Per le unità immobiliari registrate al catasto fabbricati, tali tariffe, stabilite dall’Agenzia delle Entrate, sono determinate in base alla zona censuaria dove è dislocata l’unità immobiliare, alla tipologia e alla destinazione d’uso della stessa.
Tuttavia, nel tempo è mutato l’assetto territoriale e pertanto i parametri per determinare il valore degli immobili e quindi tassarli vanno adeguati. Dall’insieme di questi motivi è derivata la necessità di inserire nella delega fiscale la riforma del catasto e dei parametri di tassazione.

Tasse e nuovo catasto

Poiché la casa costituisce l’unico cespite individuabile, avere certezza della titolarità della proprietà e del valore del bene è essenziale nel tentativo di ridurre l’entità dell’evasione e al tempo stesso introdurre una maggiore equità fiscale. Se questi sono gli intenti, ben si comprende che soprattutto le forze da sempre avverse a politiche fiscali di tipo patrimoniale – prime tra tutti i partiti della destra – facciano di tutto per cercare di ostacolare l’operazione incidendo sulla formulazione degli articoli 2 e 6 della delega fiscale.
La trattativa e il confronto sono ancora in corso anche se sembra che l’articolo 6 del disegno di legge delega per la riforma del fisco verrà riscritto, prevedendo l’aggiornamento del catasto, ma senza cambiamenti rispetto ai criteri attuali. Il primo passo per il nuovo catasto resta comunque la mappatura degli immobili e la rilevazione dei beni non censiti, anche se l’obiettivo resta quello di dotare comuni e agenzia delle Entrate di strumenti in grado di facilitare e accelerare l’individuazione e, eventualmente, il corretto classamento degli immobili attualmente non censiti o che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa destinazione d’uso, ovvero la categoria catastale attribuita pensando così di consentire la sopravvivenza delle cedolari come quella sugli affitti o ancora l’aliquota piatta su BTp e rendite finanziarie.

La destra tutela i suoi elettori

Sembra essere stata accolta, ed essere parte dell’intesa raggiunta dal centro destra, la richiesta finalizzata ad eliminare ogni riferimento al sistema duale, preservando i regimi cedolari esistenti e garantendo una armonizzazione del sistema fiscale in modo che nessun incremento di tassazione potrà «colpire i risparmi o la casa degli italiani». Quanto al catasto via «ogni riferimento ai valori patrimoniali degli immobili, consentendo l’aggiornamento delle rendite secondo la normativa attualmente in vigore e senza alcuna innovazione di carattere patrimoniale». Inoltre, il nuovo articolo 6 prevede espressamente che i proventi e il maggior gettito recuperato con l’emersione delle cosiddette “case fantasma” dovrà essere destinato alla riduzione delle imposte sulla casa, a partire dall’IMU.
Affermando che questa operazione di rilevazione debba tradursi nei fatti in un’operazione “trasparenza” l’articolo 6 riformulato prevederebbe che si dovrà far chiarezza sui terreni edificabili accatastati come agricoli e sugli immobili abusivi, individuando anche specifici incentivi e forme di valorizzazione delle attività di accertamento attuate dai comuni.
L’amministrazione finanziaria e i Comuni possano essere messi in grado di incrociare i dati e soprattutto condividere informazioni e documenti ai fini dell’accatastamento delle unità immobiliari e ai Comuni che parteciperanno alle nuove rilevazioni potrà essere destinata, per incentivarli ad agire, una quota maggiore del gettito recuperato così da poter essere destinato alla riduzione delle tasse sul mattone.
A cautela – almeno parziale degli evasori – l’accordo tra presidente del Consiglio e i partiti di destra che le informazioni rilevate secondo i nuovi criteri entreranno in vigore solo dal 1° gennaio 2026 e soprattutto non potranno essere utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi «la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali e, conseguentemente, per la determinazione delle agevolazioni e dei benefici sociali». Per ogni unità immobiliare il nuovo catasto dovrà indicare oltre alla rendita catastale già esistente e nelle disponibilità dell’agenzia delle Entrate, anche una rendita ulteriore che potrà essere aggiornata periodicamente, sempre secondo le attuali regole fissate dal Dpr 138 del ’98. E questo secondo tre criteri specifici: l’articolazione del territorio comunale in ambiti territoriali omogenei di riferimento, la rideterminazione delle destinazioni d’uso catastali, distinguendole in ordinarie e speciali, nonché l’adozione di unità di consistenza per gli immobili di tipo ordinario.

Tassazione ed equità fiscale

Al momento l’esito della vicenda dimostra che i sistemi di garanzia di un fisco ingiusto in Italia permangono, come permane entità e portata dell’evasione. Un’attenta e reale revisione del catasto avrebbe consentito non solo l’emersione del milione e duecentomila alloggi non censiti che, e bene ricordarlo, rende possibile una tassazione solo che si tratti di seconda casa, essendo la prima esente da tasse. Tuttavia, avrebbe consentito con maggiore facilità la ricostruzione della reale consistenza dei patrimoni e la tracciabilità dei redditi, spesso occultata da comportamenti omissivi e fraudolenti, di dare un valore reale agli immobili in relazione al mutato assetto del territorio, ai criteri di
delimitazione del centro urbano, delle aree residenziali, dei criteri di valutazione del valore di mercato del bene.
Quella attuale assume le caratteristiche di un’operazione che sembra avvantaggiare i ceti medi, ma in realtà costituisce un beneficio per i proprietari di seconde case che vedono limitata al minimo la tassazione dei loro immobili che però diventano commerciabili e vengono immessi sul mercato, mentre prima non lo erano, in quanto senza l’accatastamento non potevano essere oggetto di compravendita.
Si tratta in buona sostanza di un’occasione perduta per andare verso una maggiore equità fiscale in fondo coerente con l’orientamento dell’attuale governo e con i rapporti di forza all’interno della maggioranza di governo.

G.C.