Una carrozza chiamata desiderio

Da molti il nuovo decreto del Governo Letta è stato salutato come un’inversione di tendenza rispetto a decenni di tagli e di manomissioni della scuola pubblica italiana. Per la verità lo scrittore, e docente liceale, Girolamo De Michele ha commentato così durante un intervento: “È come quando, durante il naufragio del Titanic, fu dato l’ordine di rimettere a posto le sedie a sdraio”.
Corrisponde senza alcun dubbio a verità il fatto che il nuovo intervento, per la prima volta, non parli di riduzione ma di investimenti, ma l’entità di essi è tale che il risultato è pressoché insignificante, laddove non sia un vero specchietto. A ciò si aggiunga che nuovi tagli sono già operanti in altri provvedimenti governativi: vediamo in dettaglio.
L’art. 1 stanzia 15 milioni di € per sostegno a studenti meritevoli ed in difficoltà economiche, ma a partire dall’anno prossimo. L’art 2 stanzia ulteriori 100 milioni di €, rispetto a quelli già previsti, per le borse di studio.
Altri 6 milioni di € sono stanziati per l’educazione artistica, ma non quella della scuola pubblica secondaria superiore dall’art. 3 nell’anno scolastico in corso. Nel 2014 sono stanziati dall’art. 5 altri 6,3 milioni di € per aggiungere un’ora di geografia economica al biennio degli Istituti Tecnici e Professionali (incremento dell’orario settimanale che costerà nel 2015 9,9 milioni di €) e per l’aggiornamento culturale dei docenti.
L’acquisto di libri in comodato d’uso per studenti in difficoltà economiche costerà tra il 2013 ed il 2014 ulteriori 8 milioni di €, come previsto dall’art. 6. Sempre tra il 2013 ed il 2014, grazie all’art. 7, il prolungamento dell’orario di apertura per le scuole primarie per contrastare la dispersione scolastica verrà finanziato con 15 milioni di €. L’orientamento in uscita dalla scuola secondaria di secondo grado godrà di un appannaggio (art. 8) di 6,6 milioni di € nello stesso biennio. L’art. 10 stanzia 40 milioni di € ogni anno, a partire
dal 2014, per l’edilizia scolastica. 15 milioni di € vengono stanziati, in base all’art. 11, nell’esercizio finanziario 2013 per dotare di connessione wireless le scuole secondarie. C’è poi l’art. 16 che parla delle assunzioni in ruolo del personale docente, tanto reclamizzato e sul quale sarà opportuno tornare, che stanzia 1 milione di € per il monitoraggio delle ore concesse agli alunni disabili, monitoraggio affidato all’IVALSI (l’Istituto che si occupa della valutazione del sistema scolastico, con risultati poco entusiasmanti) e che suona un po’ sinistro.
L’art. 17 destina 20 milioni di € per l’anno 2014, ai fini della formazione obbligatoria del personale docente e per concedergli l’ingresso gratuito ai musei (come in tutti i paesi civili). Nell’art. 19 viene trattata la materia degli ispettori tecnici dei quali si autorizza l’assunzione dopo un concorso durato un lustro; quindi 54 ispettori tecnici entreranno in ruolo nel 2014 e l’onere viene sostenuto con una partita di giro; anche su questo sarà
opportuno un approfondimento. Infine l’art. 20 stanzia ulteriori 3 milioni di € per l’alta educazione artistica, musicale e coreutica.
In totale sono circa 236 milioni di € e non i 400 favoleggiati; di questi, 10 milioni sono esterni alla scuola primaria e secondaria. Se a ad essi si sottraggono i 115 milioni meritoriamente stanziati per il diritto allo studio, per le scuole restano poco più di 10.000 € l’anno ognuna, molto meno di quanto nell’ultimo decennio è stato sottratto al contributo ordinario che permetteva alle scuole di funzionare; tant’è che ad oggi il funzionamento ordinario delle istituzioni scolastiche viene garantito dai contributi “volontari” delle famiglie, che significa che si è introdotta una tassa ulteriore per gli utenti.
È d’uopo ricercare la fonte di questi “nuovi fondi” per l’istruzione. I lavoratori della scuola hanno il contratto scaduto da oltre quattro anni e per di più in questo periodo gli aumenti per la progressione di carriera per anzianità sono stati bloccati: il Governo Letta ha prorogato di un altro anno questa pesante situazione. In verità, alcuni dipendenti si sono visti riconosciuti a fine 2012 una parte di questi aumenti, ma le risorse necessarie sono state reperite decurtando il fondo per le attività aggiuntive; quello che è entrato da una parte è uscito da un’altra. Facciamo un po’ di conti; i lavoratori dell’istruzione sono circa un milione ed ognuno di essi perde ogni anno, per i mancati adeguamenti almeno 1000 € e col passere del tempo questa cifra annuale tende ad aumentare. Lo Stato risparmia, quindi, ogni anno almeno un miliardo di € sulla spesa per gli stipendi. Nel decreto agli emolumenti aggiuntivi non si fa cenno, il che fa subito vedere a carico di chi sono questi fantastici incrementi di finanziamenti al sistema istruzione. In altre parole questo significa che una parte minoritaria di ciò che viene risparmiato viene reinvestito nel sistema, sempre meglio del fatto che negli anni precedenti tutto il risparmio prendeva rivoli diversi.
Una fatto curioso è relativo alla partita di giro di cui si è detto parlando dell’art. 19 sugli ispettori tecnici.
Viene citato nel decreto come fonte delle risorse da reperire per le nuove assunzioni “l’articolo 4, comma 6, della legge 10 dicembre 2010, n. 225”, che inaspettatamente non presenta le parole riportate (meno male che il Ministero è pieno di funzionari ben pagati). Ma nonostante questo errore poco perdonabile è possibile individuare da dove vengono prese le risorse necessarie (8,1 milioni di €): sono a carico dei 138 milioni a suo tempo dedicati alle Commissioni per gli esami di Stato della secondaria di secondo grado (la maturità), così che l’ambito della mobilità dei docenti si restringe ulteriormente alla sola provincia: la ratifica degli apprendimenti finali è sempre più fatta in casa.
Viene rivoluzionato il sistema di reclutamento dei futuri Dirigenti Scolastici e, visti gli inconvenienti dell’ultimo concorso su base regionale, l’idea non è malvagia; il concorso sarà nazionale presso la “Scuola nazionale di amministrazione”, sarà un corso-concorso e gli aspiranti se lo pagheranno (art. 18).
Particolarmente inquietante è l’affidamento di un monitoraggio sulle ore di sostegno per gli alunni disabili affidato all’INVALSI, un ente a cui si affidano compiti inutili per non dichiararlo inutile. In questo caso il compito più che inutile lascia intravedere un effetto pernicioso: una uniformazione delle ore concesse ai singoli alunni. Che è possibile prevedere verranno normalizzate al livello più basso.
Veniamo, infine, alle tanto declamate assunzioni, in particolare a quelle dei 25.000 docenti di sostegno. È ovvio che per le persone interessate sarà un indubbio vantaggio transitare da un regime di lavoro precario ad una stabilizzazione, e quindi ben venga. Questo è forse il motivo per il quale si è parlato di investimenti per 400 milioni, ma l’opinione pubblica può rassicurarsi: la spesa aggiuntiva per queste assunzioni sarà minima perché i posti che questi andranno a coprire sono posti in organico che sono attualmente coperti in forma precaria. Sono centinaia di migliaia i precari dell’istruzione, precari da molti anni, ed il fatto che essi entrino in piccola parte di ruolo è un atto dovuto (c’è anche una legislazione europea che vieta tempi di precariato così lunghi), ma le
assunzioni non sono nuovi posti di lavoro aggiuntivi: lo stesso posto viene ricoperto dalla stessa persona che ha solo cambiato stato giuridico.
La scuola italiana è la più negletta tra quelle europee; lo Stato italiano è quello che investe meno nel settore della formazione; i docenti sono quelli meno pagati, a parità di lavoro prestato, in tutta Europa (Grecia esclusa); per anni i risparmi di bilancio si sono concentrai su di essa (oltre che su sanità ed enti locali), in controtendenza con molti paesi europei. Nell’ultimo decennio alla guida del Ministero si sono succeduti nell’ordine: una ricca signora annoiata, un medico che conosceva il mondo della scuola attraverso il figlio, un’avvocaticchia di provincia di scarsa cultura e due rettori di prestigiosi enti universitari con scarsa dimestichezza col mondo scolastico, il primo dei quali ammalato di innovazioni tecnologiche da catapultare quale panacea di ogni male.
Le mode didattiche si susseguono incessantemente, mai coinvolgendo chi all’interno dell’istruzione opera davvero. Manca ogni riflessione sulle finalità che il sistema scolastico debba perseguire. Non sono certo i pannicelli caldi che scarrozzeranno la scuola italiana verso un futuro meno fosco.

La Redazione