Il governo Renzi non trascura di dichiarare in ogni occasione la fine della concertazione e intanto elargisce 80 € a 10 milioni di lavoratori attivi percettori di redditi dagli 8000 ai 24000 €.
Si tratta di un buon numero di persone ma ancora di più sono quelli espulsi dal mondo del lavoro o che a lavorare non sono mai riusciti, molti sono anche quelli che ormai non cercano più lavoro. Tutti costoro non riceveranno nulla così come avviene ai pensionati, i quali sono stati anche già taglieggiati dalla riforma Fornero.
Per molti non si coglie né la portata né il significato del provvedimento né tanto meno lo si inquadra nei problemi complessivi che riguardano il mondo del lavoro, tanta è l’assuefazione prodotta nei lavoratori dall’attuale sistema di relazioni sindacali che nulla fa per evidenziare il dramma della perdita di posti di lavoro, incapace di mobilitare i lavoratori, chiamandoli alla solidarietà e al sostegno di un piano per l’occupazione e lo sviluppo che non c’è. Proprio il sindacato della concertazione e della negoziazione a tutti i costi fallisce sul terreno delle proposte di una strategia alternativa di sviluppo
Prova ne sia che mentre il Governo si balocca con la riforma del Senato, il mondo del lavoro vive uno dei suoi momenti più drammatici e vede la scomparsa del ciclo dell’acciaio dall’Italia, che precede di poco lo smantellamento del settore meccanico che avanza a grandi passi (vedi vertenza Electrolux).
Una fine progressiva, dolorosa e inarrestabile
La crisi dell’acciaio è segnata da varie fasi ed eventi pressoché concomitanti. Si è giù consumata in Inghilterra e Germania che da tempo hanno dismesso i loro impianti e riconvertito le aree occupate. I Italia è tra Torino e Roma che si consuma l’ultimo episodio in ordine di tempo relativo agli operai della Tyssen Group di Torino, arrostiti sul posto di lavoro per il mancato funzionamento degli impianti antincendio dello stabilimento in chiusura. La Cassazione rimette il processo agli assassini dirigenti della Tyssen Group alla Corte d’Appello di Torino, stabilendo che comunque la pena non potrà essere complessivamente superiore a quella già erogata in prima istanza, ridimensionando così fortemente le richieste del Pubblico Ministero.
A Piombino chiude la Lucchini, già Magona e Italsider, uno dei siti storici dell’industrializzazione e insieme del movimento operaio in Italia. Muore così l’economia di una città dopo una lenta agonia che aveva visto le attività produttive continuare senza prospettive, senza una riflessione seria sull’attuale distribuzione della produzione mondiale di acciaio, senza alcuna innovazione introdotta né nel ciclo né nei tipi di produzione.
Il piano di rilancio della Regione sa solo proporre un improbabile alternativa rappresentata da un altoforno alimentato a carbone naturale (sic!) senza una seria riflessione sulla struttura dell’insieme del ciclo dell’acciaio in Italia.A Taranto per ora non è la fabbrica a morire ma la città, avvelenata dai fumi e dalle polveri, senza che vi
sia un serio intervento per la protezione dell’ambiente e la messa in sicurezza del territorio. Il baratto che si impone alla popolazione è l’accettazione della morte per ora e per le generazioni future in cambio di un po’ di lavoro oggi, fino a quando si riuscirà a reggere la concorrenza, lasciando poi il deserto e il disastro su tutto il tarantino e oltre. Per ora anche se con difficoltà sopravvive – ma fino a quando ? – Terni grazie alla produzione di acciai speciali.
Un paese desertificato
Se collochiamo la situazione politica del paese nel contesto appena tratteggiato ci rendiamo conto di quanto siano diversi i tempi e i temi della politica da quelli del paese reale. Ciò non toglie che è per impostare una risposta a questo attacco senza quartiere alle condizioni di vita e di lavoro sia necessario riflettere e capire come sia stato possibile arrivare a questo punto di smobilitazione della forza del mondo del lavoro, e lo
facciamo proprio oggi, Primo maggio, che si dovrebbero festeggiare le vittorie del lavoro contro il capitale.
Intanto teniamoci stretta questa ricorrenza che richiama generazioni di lavoratori che hanno lottano, sofferto per le lotte condotte per ottenere un mondo diverso, sperando che non succeda come a Firenze, dove durante il regno di Renzi abbiamo avuto una singolare coincidenza: l’istituzione della notte bianca della città proprio il 30 aprile, ovvero la notte precedente il giorno dei “rossi”. Un festa che coinvolge soprattutto le
giovani generazioni la cui memoria storica deve essere azzerata, riassettata su idee “più moderne”- E allora noi dedichiamo questo numero che esce il 1°maggio, a tutte le generazioni di militanti della lotta di classe di ieri e, speriamo del futuro; lo facciamo ricostruendo per sommi capi la storia della progressiva distruzione di quelle conquiste per ottenere le quali ,milioni di persone hanno lottato.
La Redazione