Riarmo tedesco, esercito di volontari, schedatura dei giovani arruolabili
Con la meticolosità che li distingue i tedeschi dopo aver stanziato per il riarmo 1000 miliardi di euro creando in un fondo speciale per la difesa hanno deciso di reintrodurre la leva. Tuttavia questa decisione deve fare i conti con gli orientamenti presenti nella società tedesca a proposito del servizio militare e della guerra. Secondo un recente sondaggio più della metà dei tedeschi (il 54%) è a favore alla leva militare obbligatoria ,ma se si analizzano i dati per fascia di età mentre tra gli over 70 i favorevoli sono il 66%, nella fascia tra i 18 e i 29 anni il consenso scende al 35%.
Il provvedimento, scaturito da un accordo fra socialdemocratici e CDU, prevede, tra le altre cose, che da gennaio del 2026 tutti i maschi tedeschi nati nel 2008 (e che quindi l’anno prossimo avranno 18 anni) devono registrarsi in un apposito elenco e sottoporsi a una visita medica obbligatoria per testare le proprie capacità fisiche e mentali. Dovranno inoltre compilare un questionario obbligatorio online in cui inserire informazioni su salute, prontezza fisica, livello d’istruzione e altre informazioni tra cui la disponibilità ad arruolarsi nell’esercito, se necessario. Le donne tedesche della stessa età riceveranno un questionario, ma non sarà obbligatorio riempirlo e non avranno una visita medica alla quale sottoporsi, poiché la Costituzione le esclude dall’obbligo di prestare servizio militare, consentendo però che possano prestarlo come volontarie.
Chi riceve il questionario si sottopone alla visita medica, ma non è costretto ad arruolarsi; l’arruolamento rimane volontario, ma intanto il governo riesce, grazie alla compilazione dei questionari e degli esami medici. ad avere una panoramica di quanti uomini tedeschi sarebbero potenzialmente arruolabili. L’obiettivo dichiarato è infatti quello di aumentare notevolmente il numero di militari e dei riservisti arrivando a 260.000 soldati, 80.000 in più rispetto ad oggi e di portare a 200.000 i riservisti rispetto ai 60.000 attuali. Ai volontari che potranno prestare servizio per un periodo che va da 6 a 23 mesi lo Stato corrisponderà uno stipendio di 2.600€ lordi al mese. Se i volontari non dovessero bastare scatterà la leva obbligatoria procedendo mediante sorteggio tra gli idonei.
L’arruolamento dei volontari difficilmente potrà soddisfare i numeri a cui ambisce il governo tedesco considerando che secondo la responsabile del governo per la salute in Germania il 27% dei giovani fa uso di droghe: l’età media della prima esperienza con stupefacenti è di poco superiore ai 16 anni. In particolare il 4% dei giovani tedeschi fra i 12 e 25 anni ha già provato almeno una volta l’ecstasy il 3% le anfetamine, il 2% la cocaina e il 2% l’LSD. Dal rapporto sulle droghe risulta inoltre che a tutto lo scorso anno il numero degli alcolizzati era di 1,2 milioni di uomini e 300.000 donne.
Cile
Elezioni presidenziali in Cile. Il 14 dicembre gli elettori cileni saranno chiamati al ballottaggio tra Jeanette Jara, che ha raccolto al primo turno il 26,8% dei voti, comunista ed ex ministro del lavoro in rappresentanza della coalizione progressista e l’ultraconservatore leader del Partito Repubblicano José Antonio Kast, che ha ottenuto il 23,9 dei voti; la destra, che ha presentato ben tre candidati alla Presidenza, nel suo insieme, ha ottenuto il 50% dei suffragi. In questa situazione, ago della bilancia è il “Partid della Gente” di Franco Parisi che ha raccolto il 19,7% dei consensi: per vincere la sinistra ha bisogno di guadagnarsi il suo sostegno. Kast si presenta perciò come il grande favorito per il secondo turno: l’ultaconservatore Kaiser (13,9%) e la candidata della destra tradizionale Matthei (12,4%) hanno già confermato che faranno convergere i voti sulla sua candidatura. É da sottolineare che il voto era obbligatorio. Questo orientamento dell’elettorato si è rispecchiato nel voto a destra di questa domenica con il quale si rinnovava anche la totalità della Camera dei Deputati (155 seggi) e la metà del Senato (23 su 50 seggi).
La coalizione di sinistra sostiene che la votazione di dicembre sarà completamente diversa: la frammentazione del voto fra 8 candidati nel primo turno ha distorto il risultato del voto, pertanto la partita è tutta da giocare. Si potrebbe ripetere il risultato del 2021 quando Boric, il presidente uscente, arrivò secondo al primo turno dietro Kast e poi vinse al secondo, col voto fondamentale delle donne e dei giovani. Ma ora le cose sono cambiate e l’ondata reazionaria che attraversa il paese a seguito del successo di Trump, impone una logica securitaria che utilizza la manipolazione della comunicazione e il negazionismo sul passato della dittatura cilena per accreditare la vittoria della destra.
Ne consegue che Jeanette Jara non è la favorita e dovrà reinventarsi una campagna elettorale, mettendo in guardia dai rischi di una deriva antidemocratica rappresentata dal suo avversario, sottolineando le sue origini popolari e valorizzando la realizzazione di importanti riforme, come quella delle pensioni, della riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore e dell’aumento del salario minimo.
Kast è un avvocato di 59 anni e, dopo aver fatto parte del partito conservatore della destra (Udi), ha fondato nel 2019 il partito Repubblicano. La sua filosofia è liberista in economia, con la riduzione del peso dello Stato, e reazionaria in materia di diritti di cittadinanza, con la deroga della legge sull’aborto. Nel passato ha difeso l’eredità della dittatura di Pinochet ed è un leader molto attivo nell’internazionale dell’estrema destra, spesso convocata a Madrid da Vox.
Arabia Saudita
Il 18 novembre 2005 il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman si è incontrato alla Casa Bianca con Tramp, accolto come un capo di Stato, pur non essendolo formalmente. L’incontro giunge dopo la partecipazione del principe Saudita agli accordi su Gaza, firmati a Sharm El Sheikh e sancisce ufficialmente il suo rientro nel gioco politico internazionale: l’omicidio Khashoggi del quale bin Salman è stato secondo la Cia il mandante è ormai dimenticato. I due hanno trovato un’intesa facilitata dai buoni rapporti alimentati dagli investimenti immobiliari in Arabia Saudita del Presidente statunitense. Sono stati firmati accordi commerciali e di difesa, esaminate le collaborazioni strategiche tra i due paesi relativi all’Africa: da parte sua il partner Saudita ha promesso 1.000 miliardi di investimenti negli Stati Uniti. Con l’occasione l’amministrazione americana ha comunicato di avere anche stipulato un contratto per la vendita di armi da guerra fornendo anche i caccia F35 all’Arabia Saudita. È stata inoltre annunciata la stipula “Accordo strategico di difesa” in base al quale gli Stati Uniti hanno indicato il Regno Saudita come “alleato maggiore non NATO”, al pari di Giappone, Israele e Corea del Nord.
Così facendo Trump ha di fatto vincolato gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita in un’alleanza militare, economica e tecnologica a lungo termine cosa mai avvenuta prima d’ora che va oltre la durata del proprio mandato. Ciò costituisce un cambiamento geopolitico delle alleanze in Medio Oriente a carattere strategico e solleva serie preoccupazioni ad Israele per il futuro. Basti considerare il fatto che con le forniture militari ottenute l’Arabia Saudita ottiene gli stessi armamenti statunitensi dei quali Israele dispone e che hanno costituito la sua forza nella regione. Si aggiunga inoltre che Bin Salman ha condizionato l’efficacia degli accordi all’attuazione dell’impegno di dar vita a due stati in Palestina.
Venezuela
Gli Usa annunciano un’ operazione anti-narcos denominata ‘Southern Spear’ (Lancia del sud) per riprendere sotto il loro controllo il Venezuela. A tal fine schierano una squadra navale, composta dalla portaerei General Ford, da 12 navi e, sembra, 4.000 marines pronti a sbarcare. Nell’attesa provvedono ad affondare, senza effettuare alcun controllo battelli e navi, nel mar dei Caraibi, provocando almeno 80 morti. Ufficialmente lo scopo dell’operazione è: “eliminare i narcoterroristi dal nostro emisfero e metterci in sicurezza dalle droghe che stanno uccidendo il nostro popolo”, motivazione che somiglia tanto, mutatis mutantis, all’esibizione delle boccette di Powell all’ONU che avrebbero dovuto contenere antrace, per giustificare l’invasione dell’Iraq.
Siamo di nuovo di fronte a false prove: in realtà si vuole applicare la dottrina Monroe che considera il Centro e Sud America come il giardino di casa degli Stati Uniti, l’ambito territoriale nel quale il decadente impero statunitense si rifugia per difendere i suoi interessi. Inoltre il controllo del petrolio venezuelano fa comodo a Trump per commercializzarlo e controllare con più efficacia il mercato internazionale del petrolio. C’è da pensare che si tratti di una politica di deterrenza per indurre Maduro alle dimissioni e i militari venezuelani ad accettare un compromesso, prova ne sia che Trump ha dichiarato pubblicamente di avere autorizzato la Cia ad operazioni di destabilizzazione all’interno del Venezuela per produrre un cambiamento di regime.
Il punto debole dell’azione statunitense risiede nel fatto di fare affidamento sul premio Nobel per la pace Maria Corina Machado, ex golpista, tutt’altro che credibile come pacifista e democratica, come leader dell’opposizione che chiede l’intervento USA, promettendo in cambio libertà di sfruttamento delle risorse petrolifere venezuelane. Succede così che anche se la popolazione soffre a causa dell’altissima inflazione provocata dalle sanzioni e da una gestione disastrosa dell’economia, tanto che ben 9 milioni di venezuelani hanno lasciato il paese per gli Stati Uniti o per gli altri paesi latino americani, Maduro si rafforza, guadagnando il sostegno dei nazionalisti che non amano vedere le ricchezze del paese svendute ai nordamericani.
La Redazione