Italia – L’Esecutivo è, per propria irreversibile scelta, condannato all’ottimismo. È sempre la volta buona e il tempo degli aspetti meno edificanti che hanno contrassegnato la storia recente è perennemente finito. Districarsi tra annunci roboanti, dati reali e dati farlocchi è compito improbo, ma vediamo di farlo grazie alla messe recente di dati fornito dall’ISTAT, circa il mese di aprile.
Ripresa – La previsione avanzata dal Governo parla dell’1,2% in più del PIL nell’anno corrente. Si badi bene che su questo dato poggiano altre performance positive previste: abbassamento del deficit di bilancio, margine monetario messo a disposizione per la spesa dal riconoscimento della flessibilità concessa dalla UE, interventi sulla riduzione delle tasse e sgravi alle contribuzioni delle imprese. Fondo Monetario Internazionale e Banca d’Italia hanno avanzato previsioni meno favorevoli, ma pur sempre superiori all’1%. I dati di marzo sono però impietosi: mai così male negli ultimi anni: fatturato -1,6% e ordinativi addirittura calati del 3,3% (http://www.istat.it/it/archivio/186300). Ma la cosa analizzata nel dettaglio è ancora più inquietante, perché a fronte di un lieve aumento delle esportazioni (0,1%), il mercato interno è calato del 2,6% rispetto al mese precedente. Ora è ormai evidente che la congiuntura internazionale inizia a zoppicare, come riconoscono tutti gli osservatori, per cui il lieve dato positivo delle esportazioni rischia molto di essere transeunte, mentre la debolezza strutturale del mercato interno si prolunga senza che nessuno sembri interessato a porvi il minimo rimedio. Persino il Governatore della banca d’Italia, Ignazio Visco, il 31 maggio nella sua annuale relazione ha puntato il dito sulla necessità degli investimenti pubblici per rianimare un’economia in fase comatosa. Tra l’altro il tempo del basso costo del petrolio, questo davvero, è finito ed il barile di greggio è tornato a superare i 50$; la lunga stagione dell’energia da idrocarburi a basso costo, che tanto ha favorito i lavori del governo nell’ultimo anno, segna con la sua fine un ulteriore aggravio per l’economia italiana, così dipendente per l’approvvigionamento energetico. Mentre si ostruiscono canali importanti per le esportazioni delle merci, come Stati Uniti e Francia, altri non se ne aprono e continuano a pesare non poco le sanzioni imposte alla Russia, che gravano sulle economie europee, Italia e Germania in particolare, e non certo su quella statunitense. In questo quadro tutte le stime avanzate appaiono fortemente sovradimensionate e non a caso Confindustria, pur recentemente acquisita al sistema di potere renziano, parla di ripresa debole e non consolidata, tutti eufemismi per non dire apertamente che essa è di là da venire. Senza considerare che fino ad ora la congiuntura italiana è stata la più debole in Europa, Grecia esclusa.
Occupazione – Dopo un gennaio disastroso sul fronte occupazionale, marzo e aprile hanno fornito dati lievemente positivi e su di essi è subito scattata la campagna mediatica, molto utile in fase preelettorale. Vediamo meglio. A p. 10 de Il Sole 24 ore, a. 149, n° 149, del 1 giugno 2016, il titolo è: In aprile 51mila occupati in più. Il dato discende da 35.000 occupati stabili in più e da 16.000 nuovi lavoratori autonomi. I nuovi occupati sono soprattutto donne. In un anno i lavoratori occupati sono cresciuti di 215.00 unità, ed ovviamente questo rappresenterebbe gli effetti positivi “della decontribuzione e del jobs act”. Si dimentica che in questo conto complessivo sta dentro il mese di dicembre che ha visto un’esplosione di assunzioni con contratto “stabile” a tutele crescenti, grazie all’affrettarsi delle imprese a prendere al volo l’ultima occasione per usufruire della munifica decurtazione degli sgravi fiscali previsti massicciamente per il 2015 ed ampiamente ridimensionati quest’anno. Se le nuvole che si addensano sulla presunta ripresa dovessero scatenare un temporale i dati sull’occupazione non potrebbero che risentirne e comunque la cartina di tornasole sarà il dato anno su anno del prossimo dicembre. Da segnalare un’altra interpretazione curiosa. Assieme alla crescita dell’occupazione in aprile (+0.96%, rispetto al mese del 2015)) è crescita anche la disoccupazione (+01); come è possibile? Sono diminuiti gli inattivi, cioè le persone collocate fuori dal mercato del lavoro perché avevano smesso di cercarlo (-2,1%). Questo vuol dire che alcuni lavoratori si sono rimessi in cerca di occupazione e si tratta soprattutto di giovani e donne. Per l’articolista si tratta di un’immissione di fiducia nella possibilità di un’attiva collocazione e questa è la vulgata: il clima di fiducia sta migliorando! Non sfiora neppure l’idea, o forse è meglio non farla neppure balenare che non si tratti di fiducia nella congiuntura, ma di disperazione derivante dal contrarsi del reddito familiare.
PIL – Ancora una volta l’ottimismo va profuso a piene mani: il PIL è cresciuto dello 0,3% nel primo trimestre del 2016 rispetto al quarto del 2015 e questo porterebbe ad una crescita annua dell’1% a fine anno, sempre un po’ meno delle previsioni. Abbiamo già detto delle contrazioni previste nel mercato internazionale che dovrebbero frenare tanta gioia, ma ancora una volta i datti ci aiutano a vedere la situazione con occhi meno incantati. La domanda nazionale al netto delle scorte è cresciuta nel primo trimestre 2016 dello 0,2% (quarto trimestre 2015 +0,4%); i consumi finali sono cresciti dello 0,2% (+0,3%); gli investimenti fissi lordi non hanno subito variazioni (+0,1%); le scorte sono cresciute del 0,2% (-0,4%); la domanda estera netta è diminuita -0,2% (+0,1%), questi risultati messi in fila dicono chiaramente che c’è un rallentamento, e che il PIL è cresciuto un po’ più del quarto trimestre dello scorso anno (+0,3% contro il +0,2) solo per l’aumento delle scorte, che non sono certo un segno di vitalità del mercato. Anche l’anno scorso il primo trimestre si era chiuso con uno 0,3% di crescita del PIL, ma allora era un dato di crescita rispetto ad un quarto trimestre del 2014 decisamente piatto ed a crescita zero; inoltre quel primo dato positivo non è stato in grado di soddisfare le previsioni governative che, via via ridimensionate in corso d’opera, si erano infine attestate al +0,8%; il dato definitivo del 2015 destagionalizzato, infatti si è attestato su di un misero +0,6%!
chiuso il 1 giugno 2016
saverio
per “Cosa vuol dire”
Flessibilità.
L’Italia ha chiesto alla Commissione Europea un margine di deroga agli obiettivi di rientro del debito pubblico a suo tempo fissati; questa flessibilità concessa comporta una politica di bilancio più severa nel prossimo anno finanziario, ma rende disponibile l’erogazione di risorse che altrimenti sarebbero dovute andare a saldare parte dei debiti dello Stato.