Il governo Meloni non riesce a distaccarsi dalla sua tendenza a ricalcare abitudini e fasti del fascismo e approva la sua versione delle “leggi fascistissime”. Lo fa ricorrendo ad un decreto legge, interrompendo la prassi che vuole che le leggi di modifica del codice penale vengano votate come provvedimenti di legge dal Parlamento e non si proceda per provvedimenti di urgenza. Ora l’ordinamento italiano si arricchisce di ben 14 nuovi reati, puniti con pene pesantissime. L’opposizione protesta rumorosamente, platealmente, ma niente di più, dimostrando ancora una volta l’inefficacia della sua azione: del resto i numeri in aula sono impietosi e l’opposizione è incapace di mobilitare la piazza: ha accumulato grande discredito. È un dato di fatto che l’approvazione di queste norme avviene nel generare disinteresse della maggioranza del paese.
Al di là dei rapporti di forza parlamentari questo è possibile perché le opposizioni sono screditate, l’astensione dal voto è crescente, e una minoranza di cittadini ha potuto essere in grado di fornire all’attuale maggioranza i numeri per governare. Occorre allora indagare sui motivi di discredito dei partiti di opposizione e sulle cause della loro incapacità di rappresentare l’elettorato, la loro inadeguatezza a governare il paese.
La ragione è chiara e nota, i partiti di sinistra, o anche semplicemente riformisti, non rappresentano più gli interessi delle classi subalterne, ma sono parte integrante ed organica dell’establishment dominante, parte di un coacervo di interessi unificati, quelli dei cosiddetti benpensanti, che pretendono di interpretare i desideri e i bisogni del paese, proponendosi al governo con posizioni e idee compatibili a quelle di coloro che sono che sono i nemici di classe.
ll lavoro
Solo recentemente, timidamente, si comincia a mettere mano con il referendum alla legislazione liberticida sul lavoro che la stessa sinistra a suo tempo ha voluto, cercando di chiudere i conti con un brutale attacco alle loro condizioni di vita e ad una stagione di lotte che aveva visto crescere le speranze dei lavoratori e i loro diritti. Ma sfruttando questa mobilitazione occorre andare avanti per salari migliori e più alti, per una diversa organizzazione del lavoro, per una nuova legislazione del lavoro, che tenga conto dell’introduzione dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi e che permetta di gestire con equità e senza diseguaglianze l’espulsione dal lavoro di molti e il venir meno della loro possibilità di una vita dignitosa, anche garantendo con strumenti di sostegno solidaristico, questa fase di transizione verso un nuovo assetto. Non possono essere i lavoratori a pagare i costi della ristrutturazione delle filiere produttive a livello
internazionale, a pagare il prezzo della crisi dell’impero americano e il costo del passaggio da un mondo unipolare ad un mondo multipolare nel quale emergono con forza le capacità competitive di molte aree del mondo fino ad ora sfruttate con tecniche coloniali e di rapina. A questo attacco la sinistra risponde di fatto accettando la soppressione del reddito di cittadinanza che con tutti i suoi limiti rappresentava e costituiva una misura minima di difesa delle fasce più deboli della forza lavoro e della società.
La battaglia sul salario minimo è un piccolo frammento di un discorso complessivo che va fatto al riguardo del mondo del lavoro, il quale ha bisogno soprattutto di essere unificato. Fino a quando la sinistra non capisce che la presenza dell’emigrazione clandestina è del mercato nero del lavoro è elemento di divisione di ricatto del mondo del lavoro, è elemento di divisione tra i lavoratori che crea concorrenza, perché esisterà sempre una fascia sempre più povera è sempre più disperata, al punto tale da essere disponibile a svendere il proprio lavoro, deprimendo il mercato del lavoro ai livelli
più bassi, fino ad allora, non affronterà in modo serio il problema. Il problema dell’emigrazione e della gestione della migrazione clandestina è centrale nella strategia degli e negli interessi della classe operaia e va assunto in prima persona, gestito con razionalità ed equità, sulla base del principio di solidarietà. Il mercato del lavoro deve essere unificato e non può esistere e non deve esistere differenza di prezzi e di salario tra lavoratori con condizioni soggettive e stato di diritti differenti che dia luogo a trattamenti retributivi diversificati. Il prezzo del lavoro deve essere uguale per tutti e il lavoro messo in vendita allo stesso prezzo e alle stesse condizioni perché questo è il solo modo per conseguire il giusto salario.
La sanità e solidarietà
L’accesso alle cure è un diritto universale e va garantito attraverso il libero accesso al servizio sanitario che va migliorato e sostenuto come la più grande ricchezza del paese. Esso va difeso dai tentativi di privatizzazione crescenti, dai disservizi sempre maggiori prodotti dal venir meno dei finanziamenti necessari, che vanno invece aumentati e sostenuti dalla fiscalità generale in rapporto alla crescita del Pil e sgravate dal peso dell’inflazione. Un servizio sanitario che si rispetti e che sia tale non può essere disgiunto da un servizio di assistenza sociale e di sostegno ai più deboli, agli anziani
e ai disabili, dai servizi di sostegno, anche alimentare, alle parti più disagiate della popolazione, attraversano la realizzazione di mense pubbliche collettive, che aiutino e sostengano i bisogni alimentari della popolazione più disagiata, non lasciando alla carità privata o religiosa che sia, il compito di sostenere chi più ha bisogno.
Un altro dei bisogni elementare da soddisfare è quello del diritto alla casa, perché non c’è libertà e dignità se non si ha un luogo dove abitare. Una politica per la casa è tra l’altro il presupposto per l’impostazione di una serie politica demografica, perché fa parte dei diritti fondamentali quello di assicurare ad ogni nuovo nucleo di persone che decidono di vivere insieme di avere la possibilità fisica e materiale nella quale e con la quale realizzare questo progetto. Senza di ciò ogni intervento di sostegno alla realizzazione di un progetto di vita è illusorio e fallace.
La pace
Per realizzare anche solo parti di questo “programma minimo” la sinistra e i partiti progressisti avrebbero bisogno di risorse possono trovarle solo attraverso una politica per la pace e di rifiuto radicale e assoluto della guerra. Ciò significa l’immediato l’abbandono di ogni programma di sostegno economico e di armi ai belligeranti di tutto il mondo, a cominciare dall’Ucraina e da Gaza o se si preferisce da Gaza all’Ucraina, negando allo Stato di Israele qualsiasi fornitura di armi e qualsiasi attività di commercio, fino a quando il genocidio dei palestinesi messo in atto non finirà. Non un’arma, non un finanziamento, non un sostegno al governo ucraino, abbandonando finalmente la retorica dell’aggressore e dell’aggredito, e prendendo atto che siamo di fronte a due regimi oligarchici che si stanno disputando dei territori, massacrando due popoli, in nome del loro interesse e per spartirsi le risorse da sfruttare, e contesse su chi debba gestire e governare i territori si risolvono con l’autodeterminazione dei popoli, consentendo a chi i territori li abita di scegliere forme e modi con i quali governarsi, senza imporre con maneggi e raggiri, e ancor meno con la forza forme di governo e
forme di Stato.
I popoli sanno bene che le guerre sono volute dei padroni che le hanno fatte combattere alle popolazioni e che i veri interessati ai conflitti sono sempre rimasti nell’ombra ad ingrassare grazie ai profitti ricavati dalle guerre, drenando e canalizzando le enormi risorse destinate al riarmo e alla guerra si potrebbero sostenere i costi sociali di un programma come quello sopra descritto. Questa proposta sarebbe capita e totalmente condivisa dalle popolazioni, al di là degli orientamenti politici di ognuno, ne siamo convinti, è solo una parte residuale di persone sarebbero ancora disponibili
a continuare in questo massacro che caratterizza oggi i rapporti fra i popoli.
I diritti della persona
Solo una volta soddisfatte le condizioni materiali sarebbe giusto porsi il problema di dare realizzazione ai diritti della persona, all’aspirazione dei diritti di ognuno alla realizzazione della propria persona e questo perché l’aspirazione individuale a realizzare ognuno di noi come persona non può prescindere dal bene comune e dalla realizzazione delle condizioni materiali oggettive di benessere generale per tutti. Il bisogno edonistico di mettere se stessi al vertice dei bisogni e di subordinare diritti e aspirazioni di ogni altro a quelli propri è tipico di una visione egoistica e violenta dei
rapporti umani che fa prevalere l’interesse proprio sul benessere sociale, non accorgendosi che in tal modo crea le condizioni per una società competitiva e violenta che assegna ai più forti, ai più ricchi, ai più violenti, a coloro che non hanno scrupoli, tutti gli strumenti per realizzare le proprie aspirazioni a scapito e a svantaggio degli altri, in realtà opprimendoli.
Un programma per governare
Ciò premesso, prima che mettere a punto più o meno astruse formule politiche come quella dei campi larghi o ristretti i vari Schlein, Conte, Fratoianni farebbero bene a stilare un programma comune, chiaro e inequivocabile, una piattaforma di azione comune che costituisca la base programmatica del futuro governo E su di essa chiamare a raccolta i propri lettori: siamo convinti che riceverebbero una risposta ben diversa da quella che finora hanno ricevuto.
Ma per essere credibile questa operazione va preceduta da un’azione di pulizia, caratterizzata dalla dismissione di una classe di politici e di politiche compromesse che sono l’espressione delle lobby e degli interessi che hanno fino ad ora anche e soprattutto a sinistra guidato la politica italiana ed europea. Questo è il compito più difficile perché costoro sono ben radicati nei centri di potere, li controllano e li gestiscono a loro piacimento, dominano l’informazione, perché sono i collettori di enormi interessi economici e finanziari interessati a trarre profitto da questa gestione del mondo.
Un programma per l’azione immediata
Nell’attesa che le condizioni che abbiamo posto si creino non si può stare fermi e occorre reagire con una campagna di disobbedienza civile. Occorre perciò che i 14 reati appena introdotti o almeno larga parte di essi, quelli che possiedono caratteristiche da aspetti sociali più rilevanti, vengano commessi e rivendicati da tutti coloro che si battono per la difesa dei diritti. L’esistenza di pene pesanti e del carcere non può costituire la ragione per rinunciare alle proteste pacifiche, alle interruzioni del traffico, alla resistenza non violenta, al sopruso, alla lotta contro progetti faraonici e inutili spacciate per strategie di interesse pubblico, non si può rinunciare a rivendicare il diritto alla casa. In altre parole la lotta continua, con maggiori rischi, con un prezzo più alto da pagare, evidenziando le contraddizioni delle nuove norme rispetto allo stato di diritto, tanto caro a coloro che dicono di amare lo stato liberale e la democrazia, chiamando la
magistratura costituzionale a pronunciarsi.
La Redazione