FRANCIA: COLPO DI MANO DEL GOVERNO

L’esecutivo, in un Consiglio dei ministri, tenutosi 5 minuti prima del voto, ritenendo che mancassero 2 voti per conseguire la maggioranza, a scelto di approvare la legge sulla riforma delle pensioni, utilizzando l’art. 49,3 della Costituzione francese per sfuggire giudizio dell’Assemblea Nazionale. La premier Elisabeth Borne e il Presidente Macron hanno scelto la prova di forza, contrapponendosi frontalmente alla mobilitazione dei francesi, che ha accompagnato il dibattito con scioperi e manifestazioni che hanno visto la partecipazione di milioni di francesi e scendere in piazza il 7 marzo 3 milioni e settecentomila manifestanti e l’indizione di ben 9 scioperi generali. L’opinione pubblica ha ritenuto la decisione un gesto autoritario e anti democratico, anche se previsto dalla Costituzione; si sono svolte e si svolgono continue manifestazioni di protesta, e molte altre se ne svolgeranno.
“Questo progetto di riforma delle pensioni non ha legittimità sociale, popolare, democratica. Per questo, secondo quanto previsto dall’art. 49 comma 3 del d.lgs Costituzione e dagli articoli 153 e seguenti del regolamento interno dell’Assemblea nazionale i deputati, presentano e votano questa mozione di censura.” si afferma nella prima mozione presentata da Bernard Pancher e da altri 90 colleghi; contenuti e motivazioni analoghe aveva la seconda mozione, a firma Marine Le Pen, sottoscritta da 87 colleghi. La discussione si è svolta lunedì 21 e dopo l’intervento dei rappresentanti di
undici gruppi parlamentari e la replica della prima ministra, sono state votate le due mozioni; la prima ha ricevuto 278 voti, 9 meno del necessario; la seconda ha ricevuto un numero minore di voti.
La riforma dunque è legge, anche se il governo Borne ne esce a pezzi. Subito si sono svolte manifestazioni spontanee e, malgrado il colpo di mano dell’esecutivo, i sindacati hanno annunciato che la mobilitazione continuerà a tempo indeterminato e un nuovo sciopero generale è indetto per giovedì 23.
È opinione diffusa tra i lavoratori delle diverse categorie che il governo tornerà sui suoi passi solamente se i danni arrecati ai padroni da una mobilitazione a tempo indeterminato saranno di entità tale da rendere insostenibile uno scontro sociale continuato e diffuso. Per questo motivo le forme di lotta hanno assunto e manterranno caratteristiche radicali là dove maggiori sono i disaggi e quindi gli effetti della mobilitazione, come a Parigi, dove lo sciopero dei netturbini ha moltiplicato i cumuli di spazzatura (si calcolava già la presenza di 10 tonnellate di spazzatura) e la situazione non potrà che peggiorare perchè i picchetti degli scioperanti, bloccano i camion della raccolta nei depositi.
Dopo il voto inefficace sulle mozioni di censura con le quali si chiedevano le dimissioni del Governo, il prossimo passo a livello istituzionale è quello di sottoporre il provvedimento approvato a referendum il che ne sospenderebbe gli effetti per 9 mesi, dando il tempo per ulteriori mobilitazioni. Sono state già raccolte 250 firme di deputati che ne chiedono lo svolgimento. Ma la procedura si presenta difficile a causa del necessario pronunciamento del Consiglio di Stato perché il referendum possa essere indetto. Intanto scioperi e manifestazioni continueranno.
Questa posizione del Governo apre una crisi di difficile ricomposizione anche perché l’opposizione alla legge approvata è molto forte nel paese e quindi l’esito della vertenza è affidato allo scontro sociale. Macron e la sua maggioranza pagano il prezzo dell’insuccesso elettorale e non riescono a governare il paese come hanno fatto finora,
destreggiandosi tra l’opposizione di destra e di sinistra. E questo perché il provvedimento sulle pensioni scontenta tutti e coalizza le opposizioni, poiché il 68% dei francesi sono contrari alla legge. Forti di questo sostegno crescerà il blocco di raffinerie, centrali elettriche, trasporti e non potrà che crescere la mobilitazione tra i giovani e nelle scuole. Scioperi a singhiozzo e picchetti sono previsti in tutta la Francia nei prossimi giorni.

Sciopero continuato

L’intersindacale ha già deciso di mettere a punto un calendario di agitazioni e mobilitazioni a tempo indeterminato, stimolata da scioperi e manifestazioni già proclamati a livello periferico in tutto il paese, e questo anche se la stanchezza
degli scioperanti e dei manifestanti è crescente a causa dei costi delle agitazioni. Si moltiplicano perciò le iniziative per costituire delle casse di resistenza e raccogliere fondi a favore degli scioperanti nella convinzione che alcuni scioperi come quelli dei trasporti, dei lavoratori del settore energetico e delle raffinerie in particolare, la fermata delle metropolitane nelle città, quelli dei netturbini, sono particolarmente dannosi per il padronato e per il Governo e possono indurre la controparte a recedere dalle sue scelte.
Moltissime sono le scuole occupate, le mobilitazioni a macchia di leopardo proliferano e, comunque si concluderà la vertenza, lo scontro tra il Governo e il paese ha scavato un solco profondo che sarà impossibile colmare.

La posta in gioco

Per capire i motivi e le ragioni della radicalità dello scontro in atto bisogna tener conto che la posta in gioco va oltre la riforma delle pensioni: nelle piazze e nelle strade di Francia si combatte una battaglia contro una visione individualista della società nella quale l’accumulazione speculativa prevale sulla solidarietà. L’allungamento dell’età pensionistica danneggia soprattutto le donne. Per capirne i motivi occorre premettere che la pensione viene calcolata sulla media delle migliori retribuzioni di 25 anni lavorativi e le donne, è noto. hanno retribuzioni più basse e periodi di lavoro discontinui.
Sul calcolo della pensione per le donne pesa il ritardo con il quale entrano nel mercato del lavoro, i congedi per motivi di famiglia, i periodi di lavoro part-time, ecc. Questi elementi diminuiscono, e non di poco, il grado di copertura delle pensioni basate sul sistema di ripartizione (quello per il quale i contributi dei lavoratori attivi costituiscono le risorse necessarie alle pensioni erogate). In questi anni la crescita insufficiente dei salari, la discontinuità del lavoro, un mercato del lavoro femminile caratterizzato da salari più bassi e maggiore discontinuità lavorativa hanno ridotto il volume delle
contribuzioni, abbassato il grado di copertura delle pensioni.
A questi fattori ha fatto riscontro il sostegno politico ed economico alle pensioni integrative e ai fondi pensione privati, scelta che risponde a un indirizzo della politica comunitaria, affascinata dal sistema anglosassone dei fondi pensione, ovvero dall’attività finanziaria di quelle compagnie che raccolgono le sottoscrizioni di pensioni integrative e investono il capitale sul mercato azionario, trascinando in caso di insuccesso e di fallimenti i sottoscrittori alla rovina (celebri e noti i disastri di fondi americani e britannici di pensione). Ebbene, malgrado queste pessime performance, la
raccolta di denaro dei fondi privati di pensione è nell’ultimo ventennio costantemente cresciuta anche in Francia, agevolata e sostenuta da misure fiscali di sgravio delle imposte che hanno consentito di portare le polizze pagate in detrazione nella dichiarazione dei redditi.
In altre parole si è posto rimedio al calo di copertura pensionistica attraverso interventi individuali non solidaristici messi in atto dai detentori di redditi maggiori e di lavoratori titolari di retribuzioni migliori, tra le quali in generale la quota di donne è minore, con il risultato di accrescere ulteriormente le diseguaglianze di genere. Si aggiunga infine che, a causa della precarietà crescente del mercato del lavoro, soprattutto giovanile, le pensioni che si prospettano, anche lasciando in vigore l’attuale sistema, non potranno che caratterizzarsi per prestazioni minori in qualità e quantità.

Necessità di una riforma

Da tutto ciò consegue che in Francia, come ovunque, una riforma pensionistica sarebbe più che necessaria, ma di segno diametralmente opposto a quella intrapresa dal Governo francese e da tanti altri paesi europei nei quali le condizioni di pensionamento sono ben peggiori e l’età per la pensione legale certamente più alta. Ciò che occorre
ridiscutere e porre al centro del dibattito e del confronto è la questione della struttura del salario e della sua entità in tutta l’area europea, partendo dal principio che se è prioritario il coordinamento e necessarie le sinergie tra le politiche economiche, climatiche ed energetiche dei diversi paesi il salario e il costo del lavoro non possono essere una variabile gestita dai padroni di quei distretti territoriali che portano ancora in nome di Stati nazionali, ma devono rispondere a criteri e a parametri comuni.
Sarebbe questa una misura necessaria per prevenire ed evitare il dumping degli investimenti tra i diversi paesi appartenenti all’Unione, ma anche il dumping salariane sulla base del quale si stabiliscono i rapporti di forza tra padronato e lavoratori, o più in generale tra lavoratori e parte datoriale. Occorre impedire che le differenze retributive e normative vengano giocate in funzione di rapporto concorrenziale, ai fini di un maggior sfruttamento ed estrazione di plusvalore dall’attività lavorativa. Ma queste scelte di politica economica e salariale sono ben lontane dagli intenti degli attuali gestori politici dello spazio economico e politico dell’Ue.
È per questi motivi che la battaglia in corso in Francia è importante per tutti i lavoratori europei, soprattutto in un momento nel quale le lotte sul salario a fronte della crescita dell’inflazione, stanno ripartendo ovunque, (da ultimo in Portogallo con uno sciopero generale). Le lotte in corso dovrebbero fornire la spinta necessaria per avviare un mutamento della fase politica.

La Redazione