Il tramonto delle democrazie occidentali

A partire dal “panem et circenses” degli antichi romani, l’approvazione della propria popolazione è sempre stata una condizione essenziale per un governo, soprattutto quando pretende di definirsi democratico.
Venendo ai giorni nostri, la modalità appropriata per garantire l’approvazione popolare fu definita in modo molto sintetico ma eloquente da Brzezinski nel 1995 in un meeting a San Francisco, quando, parlando davanti a J.W. Bush, M. Thatcher e T. Turner (allora proprietario della CNN), introdusse il concetto di “tittytainment” (crasi fra titty=tette e entertainment=intrattenimento). Negli ultimi anni, il raggiungimento dell’obiettivo è diventato ancora più importante a causa della crescita abnorme del divario fra ricchi e poveri ed a causa delle difficoltà economiche che affliggono molti paesi avanzati. Le tecnologie di ultima generazione offrono un ventaglio quasi illimitato di strumenti per controllare la “propria” popolazione e garantirsene il sostegno.
Andando in ordine, uno strumento molto efficace messo a punto una decina di anni fa è il cosiddetto microtargeting degli annunci pubblicitari (e non) che si ricevono navigando in internet. La mole enorme di dati personali che i singoli utenti forniscono sia volontariamente che involontariamente permette alle grandi compagnie tecnologiche (Google, Amazon, Microsoft ecc.) di profilare le persone in modo molto preciso e quindi di condizionarle psicologicamente (è del tutto illusorio pensare di essere immuni da preconcetti inconsci, come mostrato dal prejudice test messo a punto ad Harvard e disponibile pubblicamente).
Questa metodologia fu adottata da Cambridge Analytica nel 2016 (tipicamente all’interno del mondo Facebook) per aiutare Trump ad ottenere il suo primo mandato presidenziale (usando, fra l’altro, dati che non avrebbero dovuto essere disponibili).
Nel frattempo, se da una parte è stato messo a punto il GDPR per proteggere la diffusione di dati personali, dall’altra l’introduzione dell’IA nei dispositivi elettronici di tutti i giorni (a partire dai telefoni cellulari) permette di aggirare l’ostacolo posto dalla criptatura che rende i messaggi inaccessibili. Infatti, l’informazione rilevante contenuta nei messaggi in partenza può essere estratta prima di essere spedita (quando non è ancora stata criptata) ed è altrettanto possibile che in ricezione possa essere estratta ed inviata alla casa madre, dopo essere stata de-criptata per essere letta (tutto questo ad insaputa dell’utente).
E se questo sembra almeno illegale, dobbiamo ricordare che la UE sta pensando di emettere provvedimenti che autorizzino il controllo della corrispondenza elettronica per evitare la circolazione (leggi censurare) di … (il lettore è libero di completare la frase).
Lo scenario si completa aggiungendo alcuni strumenti digitali allo studio e che di fatto sono cavalli di Troia che, dietro la facciata di una semplificazione della vita, permetterebbero un controllo molto capillare. Il primo è l’introduzione dell’identità digitale (CID) che non è il formato tipo carta di credito, ma un modo per mettere a disposizione dello stato tutta una serie di informazioni che vanno ben oltre la data di nascita e l’altezza.
L’introduzione della CID viene attualmente giustificata come strumento per controllare l’accesso dei minori ad internet. Il primo ministro Starmer sta cercando di introdurre la CID in UK, ma incontra forti obiezioni: giustamente qualcuno si è accorto che una volta che certi dati sensibili sono disponibili, possono essere usati per scopi diversi da quelli inizialmente fissati.
A questo aggiungiamo l’introduzione della Central Bank Digital Currency (CBDC) caldeggiata dalla presidente della BCE, Christine Lagarde. Analogamente alla CID, la CBDC è ben più di una carta di credito, perché combinando l’accesso digitale al denaro con l’accesso a informazioni personali, si potrebbe negare l’accesso ai servizi finanziari se certe condizioni non sono verificate (tipo, non puoi comprare il biglietto aereo, quando …).
E se questo scenario può apparire come una distopia esageratamente pessimistica, è utile ricordare la recente risoluzione 996 del consiglio europeo (Common Foreign and Security Policy, CFSP 2025) che, nel contesto del 19esimo pacchetto di sanzioni all’Ucraina, ha sanzionato anche due giornalisti tedeschi per le opinioni che hanno espresso e le notizie che hanno diffuso sulla guerra. Da notare che la sanzione consiste nel vietare il loro rientro in Germania (il proprio paese) e nel bloccare i loro asset finanziari (conti bancari) e quello dei parenti più stretti. Il tutto senza che ci sia mai stato un processo, cioè senza che gli imputati abbiano avuto la possibilità di difendersi e senza che un giudice abbia confermato la validità delle accuse.
Sempre con riferimento a sanzioni ad personam è ancora più eclatante il caso di Francesca Albanese relatrice per l’ONU sui territori palestinesi occupati, a cui gli USA stanno negando l’accesso al proprio conto corrente sfruttando il fatto che loro controllano quasi tutti i circuiti interbancari.
Ricordiamo infine anche la decisione del governo canadese nel 2022 di bloccare l’accesso ai conti correnti dei camionisti che stavano, all’epoca, protestando per l’obbligo vaccinale. Operazioni di questo tipo ed anche più mirate diventeranno molto più semplici se e quando questi nuovi strumenti digitali saranno stati attivati.
Restrizioni della libertà individuali sono state introdotte anche in USA con il National Security Presidential Memorandum NSPM7 emesso recentemente da Trump, che sostanzialmente assimila il dissenso al terrorismo. Il memorandum autorizza le agenzie governative americane ad investigare, sanzionare e restringere le libertà di singoli individui e/o gruppi che divulgano narrazioni destabilizzanti. In altre parole, un individuo può essere perseguito come terrorista sulla base di ciò che crede anche in totale assenza di attività criminali. La costituzionalità di questo memorandum è a dir poco discutibile, ma è comunque attualmente in vigore.
Nel frattempo, nel cuore del mondo civile – l’Europa occidentale – accade che in Germania, l’ex-deputato della CDU (l’equivalente della DC italiana) Jurgen Todenhoefer sia sotto processo per alcuni tweet dove criticava Netanyahu (accusandolo di fare ai palestinesi quello che i nazisti avevano fatto agli ebrei), oltre che per aver in precedenza criticato Scholz per essere rimasto passivo di fronte all’attentato al gasdotto Nord Stream 2.
Andando in UK, gli appartamenti di un paio di giornalisti pro-Palestina sono stati saccheggiati dai servizi segreti ed un’insegnante è stata licenziata ed è in attesa del processo (la signora si è ovviamente opposta al licenziamento) per quello che si configura come un reato di opinione (pro Palestina, ovviamente). Sempre in UK, due giornalisti BBC, sotto condizione di anonimato, hanno affermato che se dovessero in generale scrivere la verità sarebbero licenziati in tronco.
Andando nella penisola Scandinava, è utile ricordare anche il caso della giornalista freelance svedese Kajsa Ekman, che all’inizio della guerra in Ucraina lavorava per un quotidiano locale. Incuriosita dal fatto che i principali media diffondevano notizie facendo riferimento ad una agenzia di stampa a lei ignota e definita come indipendente, si mise a fare ella stessa un’indagine (finalmente, una giornalista che fa la giornalista). Pubblicò il resoconto in un articolo dove spiegava che l’agenzia in questione era sicuramente di parte, essendo stata creata all’inizio della guerra ed essendo principalmente composta da “giornalisti” inglesi o comunque occidentali. La signora fu licenziata dal direttore del suo giornale, non per l’articolo (in tal caso, il direttore avrebbe dovuto licenziare anche se stesso per aver autorizzato la pubblicazione), ma perché trovarono sui social della giornalista qualche critica un po’ troppo negativa sulla politica
israeliana.
Casi europei a parte, un lungo articolo potrebbe essere scritto sui tanti esempi di persone che negli USA, solo per aver espresso un minimo sostegno alla causa palestinese, hanno perso il lavoro, o sono stati espulsi dall’università o dall’intero paese grazie anche alla particolarità del sistema giuridico americano per cui la costituzione (e quindi i diritti costituzionali) non si applicano se non hai il passaporto americano.
In ogni caso, nonostante il bavaglio messo ai media tradizionali, negli USA a partire dal 2022, la percentuale delle persone che non si fida di questi media ha superato quella di coloro che invece ci credono (39% contro 32%). Ma questo non è la fine della storia perché ormai il mondo è permeato dai social media: 170 milioni di americani hanno per esempio un conto su TikTok. Proprio in riferimento alla proprietà di TikTok, è circolata la narrazione che gli americani volessero acquisirla, preoccupati che gli attuali (all’epoca) proprietari cinesi potessero sfruttare la mole di dati raccolta da TikTok.
Anche se questa preoccupazione ha un senso, il motivo principale della vendita di TikTok a Larry Ellison (proprietario di Oracle) è di tutt’altra natura e legata alla grande quantità di post che venivano pubblicati su TikTok che testimoniavano i crimini ripetutamente commessi da Israele. Larry Ellison è un arci-sionista; è il principale finanziatore privato dell’esercito israeliano (dell’IDF per intenderci) – si perché esistono finanziatori privati dell’esercito di uno stato diverso dal proprio paese. Inoltre, da una recente fuga di messaggi è emerso che Larry Ellison è una figura talmente importante per Israele (Israele non gli USA) da essere stato incaricato di valutare il curriculum di Marco Rubio per decidere se Israele si potesse fidare del personaggio.
Morale della favola, dopo l’acquisizione di TikTok da parte di Larry Ellison, alcuni post di commentatori indipendenti stanno cominciando ad essere rimossi da TikTok e c’è da aspettarsi che a breve gli autori stessi saranno bloccati tout-court. A questo aggiungiamo che il figlio David Ellison è il proprietario della Paramount (recentemente fusa con Skydance) che controlla vari media tradizionali (incluso la CNN) ed il cerchio si chiude: Oracle ha la capacità di analizzare i dati raccolti da TikTok ed orientare anche i media tradizionali.
Paradossalmente, al momento, la piattaforma che offre la maggiore libertà di espressione del proprio pensiero è X (ex Twitter). Elon Musk ha comprato Twitter per toglierlo dal controllo dei democratici e rimuovere il tipo di censura che a loro faceva comodo; vediamo quanto regge l’assetto attuale.
Infine, una rapida analisi del controllo della popolazione in relazione alla guerra, una questione molto attuale, dati i molteplici conflitti in atto e la necessità di ottenere il consenso dei cittadini in contesti molto caldi. Nel 2022, la NATO ha creato un nuovo dipartimento dedicato alla Cognitive Warfare. Da documenti pubblici emessi dalla NATO stessa si evince che la mente umana viene considerata come territorio di guerra e da qui la necessità di manipolare la mente in tutti i modi resi possibili dagli avanzamenti nel campo delle neuroscienze e delle neurotecnologie. Da notare che queste applicazioni non sono riferite all’ambiente militare, ma alla popolazione civile (inclusa la propria popolazione). Questo è in aperto contrasto con la convenzione di Ginevra in base alla quale le popolazioni civili non dovrebbero mai essere l’obiettivo diretto di azioni di guerra.
Come mai la NATO si fa carico di una tale attività? Sono evidentemente coscienti di star perdendo legittimazione a dispetto di tutti gli sforzi che vengono fatti per garantirsi il sostegno.
La perdita di consenso per Israele negli USA fra i giovani repubblicani è un forte indizio in tal senso e suggerisce che forse esiste un limite alle balle che si possono raccontare, quando la realtà è così lontana da quello che viene narrato.
Alcuni comportamenti della stampa dominante mostrano infatti chiari segni di debolezza. La recente decisione del Corriere della Sera di non pubblicare l’intervista (fatta dal giornale stesso) al ministro degli esteri Lavrov testimonia il fatto che non si sentono capaci di argomentare in modo convincente contro le affermazioni fatte dal diplomatico russo.
Nello specifico, Lavrov afferma che l’inviato di Trump, Steve Witkoff presentò a Putin, prima del meeting in Alaska, un piano americano simile a quello presentato da Mosca ad Istanbul. Putin lo considerò un ragionevole punto di partenza, ragione per cui ci fu il meeting in Alaska; meeting dove Trump fece parzialmente macchina indietro (sul suo piano, sigh!) e sostanzialmente prese tempo. Queste affermazioni rompono completamente la narrazione che i russi non vogliono negoziare. Brutto pubblicarle e molto difficile smontarle; per ora non esistono smentite americane alle affermazioni fatte da Lavrov, che ha peraltro ripetuto quanto affermato in una precedente conferenza stampa.
Infine una considerazione sui paesi del cosiddetto sud globale ed in particolare su Cina e Russia dove la libertà di pensiero è sicuramente limitata ed il controllo della popolazione (soprattutto in Cina) avanzato. Non sono questi i paesi di riferimento per una società democratica. Comunque, mentre (per esempio) i cittadini russi sono coscienti che il loro governo spesso fornisce informazioni manipolate, noi occidentali siamo convinti di vivere nel migliore dei mondi possibili e che le informazioni diffuse dai media principali sono oro colato.

Addendum

Meta ha appena annunciato che a partire da metà dicembre scansionerà con l’IA tutti i messaggi diretti inviati dagli utenti (questo riguarda Facebook, Instagram e Whatsapp); l’Europa a seguire (anno nuovo non si sa bene quando).
X ha appena disattivato l’opzione della traduzione automatica dall’ebraico all’inglese. Motivo? Rendere inaccessibile a gran parte del mondo il linguaggio sterminatorio adottato in molti post nei confronti della popolazione palestinese.

Antonio Politi