Nel tentativo di capire ciò che avviene intorno a noi ci lasciamo guidare opportunamente dal materialismo storico nel valutare i molteplici fattori dell’economia, per dedurne le linee possibili di sviluppo delle vicende umane. Tuttavia spesso da questa operazione non ricaviamo una comprensione piena ed esaustiva dei fenomeni e della geopolitica perché è necessario inserire all’interno di questa narrazione una variabile costituita dal ruolo svolto dagli individui e integrare nell’analisi materialista storica elementi scaturenti dalle azioni individuali dalle pulsioni umane e quindi dalla funzione svolta dalle élite.
Mentre il primo ventennio del secolo scorso è stato segnato dall’imporsi delle grandi masse sulla scena politica e quindi dal prevalere dei partiti politici che tuttavia, in un lasso di tempo relativamente breve, si verticalizzarono, conferendo un ruolo fondamentale a coloro che ne assumevano la guida nella seconda metà degli anni 30 si affermò nell’ambito della sociologia della politica quando ancora dominavano i leader della politica lo studio del ruolo delle élite che, assumendo come strumento la guida di un partito politico, scalavano il potere al fine di gestire la politica degli Stati.
Se sotto il profilo fattuale fu la guerra a svolgere la funzione di liquidare il ruolo dei leader più o meno carismatici sostituendo ad essi il governo composto da team di esperti quali collettori degli interessi di classe, toccò a Max Weber dedicare alcune delle pagine più interessanti della sua sociologia politica alla “superiorità del piccolo numero”, nel tentativo di spiegare il ruolo svolto dalle élite che si andava imponendo a segnare la nuova era. Dopo di lui analisi come quella di Wieser sull’essenza del potere misero in luce ruolo e funzione del principio minoritario, secondo il quale poche persone governano le masse, ma fu Vilfredo Pareto ad identificare compiutamente nelle élites e nella loro circolazione i concetti chiave per un’interpretazione globale dei fenomeni politico-sociali per come si andavano configurando nelle società complesse.
Questa lettura del mondo era alimentata dall’affermarsi nella società di elementi oggettivi costituiti da aggregati, da Logge massoniche, associazioni di banchieri, di commercianti, (basti pensare al Bildelberg) da nobili più o meno de caduti, da neo influencer, per cui emergeva che le élite si manifestano in parecchi modi, che scaturiscono dalle condizioni e dall’organizzazione della vita economica e sociale: “La conquista della ricchezza presso i popoli di commercianti e industriali, il successo militare presso i popoli bellicosi, l’abilità politica e spesso lo spirito d’intrigo e la bassezza di carattere presso le aristocrazie, le democrazie e le demagogie, i successi letterari nel popolo cinese, l’acquisizione di dignità ecclesiastiche nel medioevo […] sono altrettanti modi coi quali si effettua la selezione degli uomini“. Le élite, di solito accompagnate dall’aggettivo ‘sociali’, costituiscono una pluralità più o meno ampia di gruppi ristretti, identificabili in relazione ai diversi tipi di attività, al grado di concentrazione delle risorse, agli indici più elevati delle capacità individuali. A volte, come emanazione delle attività delle grandi Università, nascono gruppi di ricerca, centri studi e di consulenza, che si presentano come gruppi di esperti, ma che di fatto costituiscono degli strumenti di lobbing, espressioni di interessi che hanno ramificazioni economiche e quindi politica e che si prefiggono si orientare le scelte degli Stati.
Questo processo si accompagna al prevalere delle scelte economiche private su quelle pubbliche, alla finanziarizzazione dell’economia, a scapito delle attività economiche reali. Valga ad esempio il fatto che il valore in borsa della Tesla risulta superiore alla somma dei valori delle maggiori grandi case automobilistiche mondiali, nonostante che la Toyota da sola produca 10 volte più auto della Tesla. Ne viene che l’azienda USA sarà fortissima in una guerra a base di pacchetti di azioni ma inefficace sul piano dell’economia reale e che nella misura in cui esisteranno grandi economie (la Cina in primis), le cui èlite controllano o si prefiggono di controllare la linea di produzione dei beni essenziali a prescindere dal profitto ottenibile dalla vendita di singoli prodotti, il modello super-finanziario USA è destinato a soccombere. Questi gruppi di potere si dotano di strumenti di programmazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo ma a nulla serve che essi predispongano centri studi specializzati che fungono da pensatoio, da luogo di elaborazione di strategie di dominio che questi gruppi di potere intendono sviluppare. Ma questi gruppi, detenendo le quote di potere più consistenti e il controllo delle risorse economiche, sono quelli che di fatto gestiscono le scelte ideologiche e politiche, realizzando una concentrazione di risorse il cui possesso e/o controllo assicura potere e specificamente potere politico.
Complottismo e programmazione della politica
L’insieme di considerazioni fin qui sviluppate contengono elementi oggettivi d’analisi e di presa d’atto della reale strutturazione dei centri di potere e possono facilmente indurre a vedere la politica come una congiura di centri occulti, contrapposta ad un mondo delle istituzioni trasparenti e visibili, ordinate e garantiste, costituite dai sedicenti sistemi di governo democratici, nei quali il potere apparterrebbe al popolo che lo esercita nelle forme e nei modi stabiliti da una Costituzione, volendo restare nell’ambito dell’Occidente sedicente democratico. Naturalmente la gestione del potere assume forme istituzionali diverse a seconda dei sistemi politici e istituzionali dei paesi ai quali facciamo riferimento, spesso governati da oligarchie rispetto alle quali l’Occidente sedicente democratico continua a ribadire la propria superiorità morale. Tuttavia proprio il fatto che i sistemi democratici si siano trasformati in strutture formali più che sostanziali riduce di fatto la differenza fra i diversi tipi di sistema e induce i cittadini, ridotti a sudditi, a vedere nei governanti un’élite, di fatto estranea ai consociati, producendo una sempre crescente distanza dalla partecipazione alla vita delle istituzioni democratiche e di fatto dimostrando l’inutilità del voto, poiché a dirigere le scelte politiche sono centri e strutture del potere che non mutano rispetto ai diversi orientamenti del voto, ma che si plasmano e si adattano alle persistenti strategie di centri decisionali e di poter, di fatto autonomi da ogni controllo popolare.
Volendosi documentare, e a riprova di quanto affermiamo, valga leggere il rapporto del Competing from Advantageous. Extending Russia[1], per apprendere quali siano stati i piani messi a punto dall’Occidente e da questo accreditato think tank statunitense per comprendere che le politiche adottate verso la Russia sono ancora quelle di Brezinski e che quindi la distinzione fra aggredito e aggressore per quanto riguarda la guerra ucraina è del tutto falsata dalla narrazione messa a punto dall’Occidente. Questo documento descrive minuziosamente con tre anni di anticipo i diversi passaggi della strategia di aggressione alla Russia, le azioni di destabilizzazione e di provocazione messe in atto, fino a produrre l’inevitabile intervento militare russo che si è poi realizzato.
La crisi dell’impero e la crisi dell’élite
Anche volendo assumere la chiave di lettura del ruolo dell’élite come strumento per comprendere ed analizzare l’evolversi della geopolitica nell’area occidentale oggi non si può sfuggire alla considerazione che la crisi evidente e irreversibile dell’impero americano coincide con il degrado progressivo delle élite, costituite come nel Medioevo da vassalli, valvassori e valvassini, che dovrebbero rappresentare e costituire i quadri intermedi, le articolazioni attraverso le quali il potere imperiale si dipana sul territorio e dovrebbero permetterne il controllo.
Al vertice della piramide troviamo il Presidente degli Stati Uniti, insieme ai membri della casa reale britannica e al Gota dell’economia e della finanza che si distribuisce tra Wall Street, la City di Londra e la Silicon Valley dove si fonde con la componente tecno capitalista che si prefigge il superamento dell’illuminismo e dell’eredità del sessantotto,
dilettandosi a frequentare Club esclusivi, assaporando il potere. Siamo di fronte ad un’accozzaglia di degenerati coinvolti, a vario titolo, nei traffici di Jeffrey Epstein, il miliardario americano morto “suicida” che offriva minorenni di ambo i sessi per le delizie di questi maiali.
Alla” grandezza criminale” di costoro, e a supporto del loro potere, tengono bordone un insieme di manutengoli le cui qualità e la cui intelligenza è di fatto sempre minore. Si tratta di manutengoli di caratura sempre più, modesta come Ursula von der stupid, Kaja cretina Kallas, il Presidente fallito della Repubblica francese Macron, il Cancelliere tedesco Merz già funzionario del gruppo Black Rock, l’ineffabile e incolore avvocato Starmer, campione di stupidità, il banchiere Mario Draghi, venditore all’incanto dell’industria pubblica italiana e liquidatore dell’economia italiana, spacciato per
salvatore della patria e compagnia cantando. In questo panorama di mediocri non è difficile per l’underdog Meloni emergere, scodinzolante, tutte le volte che si trova alla presenza di Donald Trump, o di un Presidente USA che le accarezza i capelli come era uso fare Biden.
D’altra parte la mediocrità di questa classe dirigente è il fattore che ha permesso al Presidente statunitense di varare la propria politica dei dazi e di colpire senza colpo ferire le economie dei paesi dell’Occidente trattandoli, come effettivamente sono, da vassalli dell’impero, chiamati nel momento di crisi a ripianarne i debiti, come si conviene a tutti i servi quando il padrone comanda. Con l’occasione, visto che il sedicenne imperatore è al lavoro, ne approfitta per tentare di recidere il cordone ombelicale che lega il capitalismo anglosassone a quello USA, sottraendosi finalmente all’egemonia
che quest’ultimo pensa di poter esercitare sui “coloniali”, ritenendo che è giunto il momento perché la componente tecnocratica neo-scientista del capitalismo assuma la guida del processo evolutivo[2]. Tenta di varare quindi una politica di accordo geostrategico con la Russia, all’insegna di un business comune su un insieme di settori, sperando anche per questa via di risollevare le sorti disastrate dell’economia imperiale.
La fallita integrazione cosmopolita
Questo processo non ha fatto i conti con il sostanziale fallimento dell’operazione di allargamento e inglobamento delle élite conseguente al crollo dell’URSS. Dopo il biennio 1989-91 gli oligarchi dell’impero sovietico fallito si illusero di potere essere ammessi a pieno titolo nel salotto buono delle élite Occidentali, cercando singolarmente di essere ammessi nei circuiti più esclusivi, tanto che lo stesso Vladimir Puntin tentò di essere annesso ammesso nel salotto buono della NATO. Occorsero loro alcuni anni per accorgersi di essere considerato un rifiuto, uno scarto, come si conviene ai nuovi ricchi, per decidere che era opportuno sbattere la porta e intraprendere un cammino autonomo, cosa che avvenne per Punti e i suoi oligarchi a partire dal 2008. Da allora l’oligarchia ex-sovietica, faticosamente selezionatasi in una lotta feroce di auto-eliminazione, si è progressivamente strutturata intorno al leader, costituendo un aggregato alternativo di potere che contende all’élite dell’impero l’egemonia e lo spazio vitale.
L’allentamento del potere imperiale ha lasciato inevitabilmente lo spazio di crescita all’élite di un mondo sempre più multipolare. Si sono così formate nel tempo classi dirigenti in Cina, India, nei paesi islamici, nei paesi ad economia emergente, persino in Africa, svincolate dai vecchi legami coloniali: l’impero non era più capace di inglobare e di contenere nel suo complesso le classi dirigenti di governo del mondo.
C’è lo spazio perché crescesse e si sviluppasse un mondo multipolare dove le oligarchie che si contendono il potere sono strutturate per gruppi, sulla base degli interessi, che ferocemente lottano per l’egemonia. Queste nuove e oligarchie, queste nuove élite, molto combattive e agguerrite, appaiono a prima vista più temprate perché sono state costrette ad una lotta dura e ad una selezione severa, fatta senza esclusione di colpi e in queste temperie hanno imparato a sopravvivere e prevalere. Come tutti gli organismi giovani, avvertono il vigore della loro recente formazione e,
consapevoli del peso crescente delle economie e degli interessi che rappresentano, si dispongono ad un confronto senza esplosione di colpi.
Nel confronto l’élite servile, cresciuta nell’impero, nell’obbedienza e nella sudditanza della potenza egemone è destinata a soccombere, a fronte di queste nuove oligarchie, queste nuove élite, che hanno tutto l’occorrente per imporsi e prevalere, perché dotate di maggiore autonomia e di nuovi e innovativi strumenti di confronto e di lotta.
Un nuovo paradigma e un nuovo approccio
A fronte di un Occidente, espressione di un impero morente, che come un serpente tuttavia si dibatte, distribuendo scudisciate a destra e a manca, acquista sempre più spazio un mondo caratterizzato dalle relazioni globali tra le sue diverse componenti, ben rappresentato dai Brics, un mondo multipolare di relazioni che cerca di assumere come nodo centrale dei rapporti il libero commercio e la convivenza reciproca. In questa situazione di crisi prende corpo la rinascita degli imperi e i popoli si strutturano in aggregati che ricalcano antiche faglie linguistiche, etniche, religiose, geografiche, quando non riscoprono un anacronistico nazionalismo che assume sovente forme laide e becere, contenuti razzisti e suprematisti.
A fronte dell’incapacità di ricomporre gli interessi in campo prevale lo scontro armato e si ricorre alla guerra, prova ne sia che questa è l’epoca nella quale i conflitti locali deflagrano, con il pericolo di degenerare nel conflitto nucleare sempre alle porte, anche perché la minaccia del ricorso all’arma atomica è divenuta l’unica garanzia per assicurare il rispetto dell’autonomia degli Stati. Mentre una lotta feroce si svolge per il controllo dei mercati e delle materie prime, anche ricorrendo allo scontro armato, il conflitto fra le diverse componenti in campo si va così duro da non escludere un possibile conflitto nucleare. Oggi purtroppo vi è chi ipotizza come un prezzo possibile passare attraverso u conflitto nucleare per decidere il reale rapporto delle forze sul campo, oppure chi è chi è disposto a ricorrere al genocidio pur di appropriarsi dei territori di abitati da altri popoli, cancellando con la memoria l’orrore delle atrocità
vissute.
A prima vista queste nuove classi dirigenti non sono pronte ad affrontare alcuni nuovi fattori legati al feedback che l’ambiente in senso lato sta fornendo alla società umana (quale che sia il modo in cui è organizzata). Che si tratti di variazioni climatiche o di inquinanti eterni o anche di epidemie più o meno naturali, sono problemi che richiedono comunque scelte collettive che non possono essere fatte in presenza di un regime neofeudale.
È un mondo che non ha fatto i conti con le diseguaglianze e si rifiuta di farlo, ignorando la presenza latente ma inevitabile della lotta di classe, perché un mondo governato dalle élite, siano esse una classe omogenea o un insieme di fazioni in competizione tra loro si generano inevitabilmente ingiuste disparità che legittimano la ribellione e fanno sorgere l’anelito verso una tendenziale uguaglianza, la ricerca di una giustizia sociale possibile e necessaria.
In questa situazione così precaria vi è chi vede nella restaurazione dell’impero la strada per assicurare la convivenza pacifica dei popoli pago del fatto che l’ordine imperiale assicurava al tempo stesso la schiavitù e la pace, a compare un nuovo Roosvelt, oppure l’impero americano è destinato comunque a decadere (guerra atomica a parte, nel qual caso finisce tutto); ma per la comparsa di un nuovo Roosvelt è necessario che il paesi attraversino e superino prima una grande depressione che sarà verosimilmente estesa ai paesi del cosiddetto occidente collettivo.
[1] Competing from Advantageous. Extending Russia, redatto dagli analisti Groun James Dobbins, Raphael S. Cohen, Nathan Chandler, Bryan Frederick, Edward Geist, Paul DeLuca, Forrest E. Morgan, Howard J. Shatz, Brent Williams. Editor’s Note, September 2022, https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR3063.html. Per un commento: Giuseppe Galliano, Il logoramento di Russia ed Europa, “Analisi difesa,” https://www.analisidifesa.it/2025/01/il-logoramento-di-russia-ed-europa/; L’indipendente, Esiste un piano USA del 2019 per “sbilanciare” la Russia, https://www.lindipendente.online/2022/03/16/esiste-un-piano-usa-del-2019-per-sbilanciare-la-russia-leggerlo-oggi-spiega-molto/ leggerlo oggi spiega molto.
[2] Centro per la riforma dello Stato, Il piano di Silicon Valley per la tecno-Repubblica, https://centroriformastato.it/il-piano-di-silicon-valley-per-la-tecno-repubblica/; Musk e Zuckerberg, dal capitalismo digitale al fascismo delle piattaforme, https://ilmanifesto.it/musk-e-zuckerberg-dal-capitalismo-digitale-al-fascismo-delle-piattaforme
G.L.
