Pechino alla conquista dell’egemonia

Nell’ 80° anniversario dalla fine della Seconda guerra mondiale a Pechino, nello scenario particolarmente suggestivo di piazza Tienanmen, sfila una rappresentanza dell’Esercito della Repubblica Popolare Cinese, per ricordare il sacrificio di almeno 24 milioni di cinesi nel conflitto e il loro contributo alla guerra contro l’occupante giapponese; è certamente l’esibizione militare di una grande potenza, ma la vera forza del paese non è solo questa, ma il suo primato nella tecnologia e nell’innovazione. La sfilata composta e fiera di 12.000 uomini e donne, non rappresentanza che una piccola parte dell’Esercito Popolare di Liberazione (EPL), il più numeroso al mondo, con circa 2,25 milioni di effettivi totali, di cui 1,6 milioni nell’esercito di terra, 470.000 nell’aeronautica e 200.000 nella marina.
Sebbene la coscrizione sia prevista, l’EPL recluta prevalentemente volontari e la sua forza è composta da quattro servizi principali (Forza di Terra, Marina, Aeronautica e Forze aerospaziali e quattro armi (Aerospace, Cyberspace, Information Support e Joint Logistics Support).

Parata 80° anniversario dalla guerra di liberazione nazionale Pechino 2025

Di quanto questo esercito rappresenti la nuova Cina ci si rende ben conto guardando, dopo la sfilata dei reparti, quella degli armamenti (carri armati, trasporto truppe, missili, droni e quant’altro fa parte dell’apparato tecnico militare in un esercito moderno. Allora si nota che la stragrande maggioranza degli armamenti presentati al pubblico non sono, come in passato, una copia o una rivisitazione di armi russe, sistemi d’arma di nuova concezione, costituite da armi nuove, realizzate dai cinesi e frutto di un’attività di ricerca e di sperimentazioni che hanno profondamente innovato, anche l’armamento dell’esercito cinese, tanto che la Cina si è trasformata in esportatrice di sistemi d’arma, sia aerei che missilistici, competitivi rispetto a quelli prodotti in occidente come in Russia.
Tutto questo non sembra essere stato colto giornalisti incaricati di seguire l’evento, prova ne sia che hanno preferito (almeno quelli italiani) soffermarsi sulle amenità, come riferire della caccia ai piccioni da parte di babbuini addestrati all’uopo (corrispondenze del Corriere della Sera) da parte dell’esercito cinese. Costoro farebbero meglio a ricordare che, come ha fatto un recente rapporto, svolto su incarico del Dipartimento di Stato Usa, un Istituto di Ricerca australiano, l’Australian Strategic Policy Institute (ASPI), che ha evidenziato come oggi la leadership della Cina concerne in 57 su 64 tecnologie critiche, grazie a un modello di innovazione basato su una pianificazione centralizzata, investimenti in ricerca massicci e forte adattabilità della popolazione. Questi fattori hanno portato la Cina a dominare settori come l’intelligenza artificiale, le batterie e l’automotive elettrico, come dimostrano casi di successo di aziende come BYD e CATL, solo per citarne alcune.

Investire in ricerca e innovazione

La ricerca australiana concerne la posizione dei vari paesi relativamente a 64 tecnologie-chiave (Hurst, 2023).
Come hanno riportato molti giornali, la Cina su 57 di queste è ormai il paese più avanzato del mondo. Vi sono comprese, tra l’altro, le batterie elettriche, le tecnologie ipersoniche, le comunicazioni, con il 5G e il 6G, mentre gli Stati Uniti restano il paese guida solo nelle restanti sette tecnologie, tra le quali i vaccini, i computer quantistici, i sistemi spaziali, mentre in nessuno di tali campi l’Europa ha una posizione di prim piano. La Cina appare ormai avviata ad essere la superpotenza guida nella scienza e nelle tecnologie; in alcune di esse appare registrare tutte le prime dieci posizioni nel campo delle istituzioni di ricerca. L’Accademia delle Scienze cinese si colloca al primo o al secondo posto nella gran parte delle 64 tecnologie incluse nell’analisi alla quale ci si riferisce, Ovviamente l’istituto australiano sottolinea come in ogni caso ci sia un grande gap tra la Cina e gli Usa da una parte e tutti gli altri paesi dall’altra. In tale quadro sappiamo che i due paesi, messi insieme, rappresentano ogni anno circa il 50% delle spese mondiali in ricerca e sviluppo.                                                                                Si ricorderà che di fronte alle minacce di Trump di alzare i dazi a dismisura nei confronti dei prodotti provenienti dalla Cina il governo cinese ha risposto minacciando un blocco nell’esportazione di terre rare. Eppure la Cina non è non è il solo paese a possederle, anzi le terre rare sono distribuite in diversi territori nel mondo, ma è la Cina che possiede le tecnologie e le conoscenze necessarie a raffinare questi materiali che per essere utilizzati richiedono un’incredibile grado di purezza ed è ciò che consente alla Cina di avere il monopolio pressoché incontrastato nella distribuzione e vendita di questi minerali. Se si guarda al settore dell’attività di estrazione di materiali critici, per il rame abbiamo al primo posto il Cile con circa il 25% del totale, per le terre rare la Cina con il 60%, per il litio, l’Australia con il 48%, per il nickel l’Indonesia con il 38%, infine per il cobalto il Congo, con circa il 70%. Per quanto riguarda la lavorazione di questi stessi metalli, in tutti i casi la Cina è costantemente al primo posto; nel rame al 34%, nel litio al 58%, nel nickel al 56%, nel cobalto al 70%, nelle terre rare al 90%.
Né l’innovazione e né lo sviluppo tecnologico si fermano alle materie prime: oggi il mondo ha sempre più bisogno di energia: Pechino programma e entro il 2030, si propone di raggiungere 1,2 miliardi di kilowatt di capacità installata di impianti eolici e solari. Nei pannelli solari vuole realizzare l’ 85% dei piani annunciati a livello mondiale, per le celle e i moduli l’85% del totale mondiale e il 90% per i wafer, mentre per quanto riguarda il settore delle energie eoliche l’85% per pale e il 90% per le torri e le piattaforme; per i componenti delle batterie, il 98% per gli anodi e il 93% per i catodi. La Cina in questo modo sarebbe responsabile dell’80% di tutta la capacità di produzione addizionale annunciata al 2030 per il rame, del 95% per il cobalto, del 60% per il litio ed il nickel.

La vera ricchezza della Cina

Le cause del successo del modello cinese risiedono in alcune caratteristiche della sua economia e del suo sviluppo, legate alla capacità di programmazione di breve e lungo periodo, alla competizione positiva fra aziende, all’altissimo numero di laureati in materie tecniche. L’abitudine alla programmazione non può essere vista solo come una eredità ricevuta dai piani quinquennali di origine sovietica, ma è il frutto di una cultura profonda che guarda al passare del tempo come una delle componenti della soluzione del problema, qualunque esso sia. Ciò fa scegliere fra le soluzioni immediate e quelle di lungo periodo a favore di queste ultime, perché costituiscono una soluzione strutturale.
Per evitare la sclerotizzazione del sistema produttivo che caratterizzava i piani quinquennali di sviluppo sovietici la Cina ha introdotto la cosiddetta “competizione positiva” tra le aziende. Lo Stato promuove la nascita dei nuovi settori di investimento e finanzia le startup, spesso caratterizzate da un modello di business innovativo, scalabile e replicabile.
All’inizio dell’attività lo Stato distribuisce i finanziamenti ad un insieme di aziende, lasciando che queste si facciano concorrenza fra di loro, migliorando così il loro standard e le loro performance produttive, affinando e innovando i metodi di gestione. Avviene così che il mercato e le capacità organizzative e produttive determinino una selezione dalla quale emergono le aziende leader. A questo punto il finanziamento e l’aiuto dello Stato si concentra su quelle aziende che hanno ottenuto i risultati migliori. (ciò all’insegna della “politica dei cento fiori” che come diceva Mao era sintetizzata dallo slogan; “lasciamo che cento fiori fioriscano” che sta alla base della nascita delle aziende presso ogni Comune e quindi dell’imprenditorialità diffusa rivolta all’industria leggera e di consumo). Ciò ha permesso alla Cina di sviluppare oltre all’industria pesante necessaria allo sviluppo del paese una diffusa imprenditoria minore che d’altra parte rispecchia la struttura produttiva storica del paese fatta di tanti piccoli laboratori artigianali, rivisitati oggi in chiave moderna, facendo sì che passate presente si saldino con la tradizione.
L’intervento più importante dello Stato consiste nell’investire in istruzione prova ne sia che ogni anno, la Cina forma circa 4,7 milioni di laureati in discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), superando gli Stati Uniti in numero, sia di laureati che di dottorati. Infatti nel 2025 la Cina ha prodotto oltre 77.000 dottorati STEM: questa forza lavoro qualificata si è riversa nelle attività produttive sia sotto forma di quadri che di operatori nelle startups.

Luci ma anche ombre

Se è vero che l’innovazione tecnologica la fa da padrona la Cina oggi deve affrontare notevoli problemi che riguardano la tenuta della propria economia, evitando che l’eccessiva liquidità finanziaria prodotta si riversi in settori come quello immobiliare, rischiando di creare gigantesche bolle speculative. Deve ridurre la dipendenza dalle esportazioni e rilanciare il mercato di consumo interno, affrontando prioritariamente il problema del welfare, del tutto inesistente o quasi, al fine di reperire le risorse strutturali e organizzative per gestire l’invecchiamento della popolazione e la riduzione della natalità. La collocazione del paese nell’ambito dei Brics, che la Cina ha fortemente sostenuto, ha costituito certamente un successo, disegnando per il paese uno spazio nel quale costruire, con la prudenza che caratterizza il proprio modus operandi, lo spazio commerciale ed economico alternativo all’Occidente, creando le premesse, con
perseveranza, per il superamento del sistema monetario internazionale basato sul dollaro, ben comprendendo che quello monetario e finanziario è uno dei punti di forza essenziale dei suoi competitors internazionali e che quindi è necessario costruire un mondo multipolare che valorizzi le monete nazionali e consenta relazioni commerciali più eque. Nella sua lungimiranza, la dirigenza politica della Repubblica popolare cinese, seppur continua a ritenere l’Europa il suo mercato preferito in quanto considerato il più ricco del mondo, prova ne sia il sostegno allo sviluppo della rotta artica, deve prendere atto dell’irreversibile decadenza di questo mercato e della ricchezza europea.

G. G.