Tra dazi e sanzioni

Varando la sua politica dei dazi il Presidente Trump non fa altro che seguire la strada tracciata dai suoi predecessori ( a partire da Obama) che non hanno avuto scrupoli nel cercare di difendere con questo strumento la competitività degli Stati Uniti. Si può senza dubbio rilevare che egli agisce attraverso gesti apparentemente umorali, spesso finalizzati a ricavare direttamente o indirettamente profitti dal mercato, attraverso l’insider trading, visto che più che disporre di informazioni privilegiate, le crea, ricavandone immensi profitti e speculando. Tuttavia costituisce un dato di fatto che il paese ha un debito complessivo di 110 miliardi di dollari, frutto di consistenti deficit commerciali accumulati a partire grosso modo dal 1976, a causa delle elevate importazioni di petrolio e beni di consumo, nonché per effetto di un radicale e selvaggio decentramento produttivo che ha espulso dal paese la gran parte delle attività manifatturiere a causa del bisogno di smantellare i centri di concentrazione e quindi di potere operaio e di disinnescare la protesta sociale e la lotta di classe, alla ricerca di una diversa e più equa distribuzione della ricchezza. e di profitti rapidi e immediati, è così partito un forte processo di finanziarizzazione e privatizzazione dell’economia USA che se ha creato le basi per lo sviluppo tecnologico ha irrimediabilmente trasformato la composizione sociale del paese [J. D. VANCE, Elegia americana, Garzanti, Milano, 2020]. Questo processo di de-industrializzazione ha reso il paese irriconoscibile spingendone a destra l’asse politico che si caratterizzava per la presenza di un ruolo centrale dei sindacati e delle componenti di sinistra della società.
Questa strategia è stata fatta propria da tutti i paesi del blocco occidentale che hanno proceduto ad un decentramento produttivo e ad una esternalizzazione delle catene produttive che ha spostato nei paesi poveri e in via di sviluppo, dove il costo del lavoro era più basso e le tradizioni di organizzazione e di lotta operaie erano assenti o meno
radicate, le attività manifatturiere. Con il venir meno dell’intervento pubblico particolarmente accentuato è stato inoltre il degrado delle infrastrutture, tanto che si calcola che più di 200 punti andrebbero rifatti e che la logistica nel paese è in condizioni sempre più degradate. Sono cresciuti, è vero, gli interventi nel settore dell’ high-tech ma senza rendersi conto che queste imprese non sono delle entità separate ma hanno bisogno di addetti competenti, di materie prime e di un apparato produttivo complesso che li sostiene.
Tutto ciò ha fatto si che 2022 i maggiori deficit commerciali dell’economia americana si registrino oggi con la Cina, il Messico, il Vietnam, il Canada, la Germania, il Giappone e l’Irlanda, e i maggiori surplus commerciali con i Paesi Bassi, Hong Kong, il Brasile, Singapore, l’Australia e il Regno Unito. Il Canada è il principale partner commerciale USA, rappresentando il 15 percento del totale degli scambi, seguito dal Messico (14%) e dalla Cina (13%). Questo dato spiega perché i primi dazi sono stati diretti verso questi due paesi. Oggi gli Stati Uniti stanno perdendo il controllo dei mari, prova ne sia che varano meno navi della Cina, della Corea del Sud e del Giappone.
Con maggiore decisione rispetto alle scelte dei suoi predecessori Trump per far fronte alla crisi finanziaria dell’impero sta provvedendo opportunamente a taglieggiare soprattutto i sudditi vassalli e lo fa con il disprezzo con il quale il sovrano si rivolge ai servi, come testimonia la “trattativa” sui dazi con Ursula Von der Stupid, non a caso ricevuta fra una partita di golf e l’altra, nel Club privato dell’imperatore.

Né il pagamento del tributo si limita a corrispondere il canone fissato dall’imperatore, perché tra gli obblighi imposti c’è anche quello di contribuire ad armare l’esercito, accollandosi le spese di produzione delle armi e di equipaggiamento delle truppe, oltre a impegnarsi a fornire un contributo in uomini da destinare alla guerra. Anche in questo settore prevale l’interesse dei privati, prova ne sia che anche il riarmo viene gestito affidando le decisioni alle imprese che decidono su tempi e modi di acquisizione dei nuovi sistemi d’arma. Si arriva al paradosso che la nazione più avanzata dismette nel 2024 il progetto dei missili ipersonici come i russi Oreshnik per una decisione Boeing.
Le sanzioni e i suoi effetti L’impero, benché morente r in crisi ha bisogno di difendere le sue posizioni e perciò conduce ai suoi confini uno scontro finalizzato a contenere l’emergere di un mondo multipolare che sostituisce al dominio imperiale la contemporanea presenza di più attori, tanto che oggi si parla di rinascita di spazi imperiali, ricalcando interessi storici, etnici, economici, geografici, culturali che hanno caratterizzato il pianeta e la vita dei popoli.
Ma l’impero opera con una doppia morale e consente a sé ciò che ad altri non consente, prova ne sia quanto avviene in Medio Oriente, dove si permette ad Israele, sostenuto da una lobby potente e multinazionale, si appropriarsi dello spazio vitale di altri popoli, praticando sotto gli occhi di tutti un genocidio tra i più feroci della storia e al tempo stesso si sanziona come aggressione la difesa del proprio spazio vitale della Russia, pretendendo che essa consenta impunemente di operare per la sua dissoluzione come Stato, promuovendone la frantumazione in un mosaico di entità, in
modo da consentire all’Inghilterra di frantumare il formarsi di un’entità politica forte e coesa a livello continentale.
Così, a fronte di un’azione difensiva sviluppata dalla Russia l’impero e i suoi alleati hanno adottato lo strumento delle sanzioni, finora ben 18 pacchetti, che avrebbero dovuto avere il compito di piegare economicamente l’economia russa, causandone la crisi. Se non che l’emanazione delle sanzioni avviene in un mondo decisamente mutato rispetto a quello immaginato dall’impero e per giunta le sanzioni vengono emanate in una fase particolare di sviluppo dell’economia russa che andremo ad esaminare.
Nell’arco di 25 anni di relazioni e negoziati la Russia ha costruito insieme a Cina, India, Brasile e Sudafrica i Brics, dando vita così a un’area di relazioni commerciali e di scambio tra economie emergenti che hanno via via calibrato le loro attività economiche e commerciali, cercando di abbandonare le transazioni in dollaro, favorendo la regolazione dei loro rapporti economici attraverso l’uso delle monete nazionali. Non solo ma le sanzioni, chiudendo il mercato dell’energia dell’Europa occidentale proveniente dalla Russia ha fatto sì che questa ri-orientasse le proprie esportazioni
energetiche e di materie prime verso la Cina, l’India, incrementando gli scambi con i paesi del resto del mondo.
Costringendo la Russia alle triangolazioni per vendere petrolio e gas una pletora crescente di paesi è stata coinvolta nelle attività di trasformazione e commercializzazione di energia e materie prime, ricavandone profitti enormi e fornendo in cambio solidarietà e sostegno politico-economico al fornitore primo: la Russia. Si spiega anche così il sostegno enorme che l’intervento russo in Ucraina ha riscosso tra la gran parte degli Stati, col risultato che oggi la Russia è tutt’altro che isolata all’interno delle relazioni internazionali.

Un volano per la crescita dell’economia russa

Gli investimenti accidentali in Russia nel primo ventennio del secolo hanno prodotto la crescita e lo sviluppo di un mercato di beni e servizi. Nuovi bisogni e nuove richieste di beni hanno ampliato il mercato interno del paese, in una prima fase soddisfatto dagli investimenti stranieri e dalla creazione in Russia delle succursali delle aziende occidentali che provvedevano a rifornire il mercato locale dei beni richiesti dalla domanda emergente.
L’emanazione delle sanzioni ha portato al ritiro degli investimenti da parte di queste aziende e alla cessione delle loro attività a soggetti locali che hanno rilevato le attività produttive già avviate, provvedendo a svilupparle, incrementando gli investimenti, a fronte del crescere della domanda di beni e servizi Innescata dagli investimenti
occidentali. Ne è nato un circuito virtuoso che, unito agli effetti derivanti dalla parziale conversione in economia di guerra di una parte dell’industria russa e dal raggiungimento della piena occupazione, ha consentito un aumento del reddito pro capite che a sua volta ha stimolato la domanda. producendo una crescita inattesa, ma spiegabile del PIL del paese.
A ciò si aggiunga la maggiore disponibilità economica derivante dai premi corrisposti ai volontari, (circa 50.000 euro) grazie ai quali le famiglie che impegnano almeno un membro sul fronte diventano titolari i un piccolo patrimonio da investimento, nonché destinatarie di provvidenze e di favori derivanti dalla condizione di essere appartenenti ad una famiglia che ha inviato propri membri al fronte e si avrà il quadro dell’insieme di stimoli che la crescita dell’economia russa sta ricevendo dalla guerra. A riprova di queste nostre considerazioni citiamo l’accordo stipulato tra lo Stato russo e quello della Corea del Nord per la fornitura di 50.000 lavoratori, soprattutto specializzati nelle attività edilizie, e l’accordo stipulato con l’India per la fornitura di un milione lavoratori qualificati per potenziare e sopperire alle necessità di manodopera emergenti a causa dei ritmi di sviluppo dell’economia russa.
Si realizza così il singolare paradosso che le sanzioni che avrebbero dovuto mettere in crisi l’economia russa hanno finito per costruire intorno ad essa le condizioni per consentirne lo sviluppo, grazie alle potenzialità autoctone maturate, potendo inoltre utilizzare la grande disponibilità di energia a basso costo della quale il paese dispone, oltre che naturalmente sfruttare l’abbondanza di materie prime praticamente illimitata, a disposizione della Russia.
L’unico neo per la Russia di quanto sta avvenendo è costituito dal fatto che le nuove relazioni economiche instaurate la spingono a privilegiare necessariamente il rapporto simbiotico con la Cina, che la sovrasta per potenza economica, demografica, capacità di sviluppo, e presto, capacità militari. Ma è del tutto evidente che quando sta avvenendo è tutt’altro che un vantaggio per gli interessi dell’impero che, non a caso, sembra aver assunto come obiettivo tutt’altro che raggiungibile allo stato dei fatti di separare la Russia dalla Cina.
In questo scenario di sviluppo delle relazioni geopolitiche fra i diversi attori a fare la figura degli idioti sono gli europei che sono stati immolati sull’altare dell’interesse dagli Stati Uniti, i quali, complice la Gran Bretagna, hanno reciso con il Nord Stream due, l’arteria vitale che garantiva energia al continente a basso costo, potenziandone le attività manifatturiere. Le sanzioni alla Russia ma anche quelle alla Cina stanno accelerando il processo di una loro crescita indipendente anche nei campi più avanzati come quello dei semiconduttori.

La Redazione