PAPA UNO E PAPA DUE

La morte di Papa due – Josip Ratzinger-, incomprensibilmente emerito, ha aperto la stura alle polemiche e alle maldicenze, ma ha chiuso il cerchio di una fase discutibile della vita della Chiesa cattolica insieme alla santificazione di Giovanni Paolo II, Papa fascistissimo, per metterlo al riparo dal liquame di fogna che, sebbene gradualmente emergerà comunque a connotare il suo pontificato. E questo malgrado i tanti suoi fanatici sostenitori siano stati pronti a sostenere l’esistenza dei suoi improbabili miracoli, per ottenerne la canonizzazione. Si chiude comunque un ciclo storico caratterizzato dal ruolo opaco dell’IOR, dalle speculazioni azionarie, dagli scandali, dagli omicidi (la morte oscura di Roberto Calvi), il rapimento di Emanuela Orlanti e chi più ne ha ne metta su un ciclo storico.
Ci riferiamo alla Chiesa Cattolica durante la gestione di Carol Woytila che ha spostato l’asse di gestione e la composizione delle componenti apicali dell’istituzione profondamente a destra e su posizioni conservatrici, operazione consolidata dal suo sodale Josip Ratzinger. Rimane invece ancora aperto il capitolo pedofilia al quale si vorrebbe ponesse un suggello la vicenda relativa al Cardinale Becciu il cui processo è in corso.
Il pavido teologo si è spento lasciandosi dietro una coda di polemiche abilmente alimentate dai suoi sostenitori che scalpitano, orbati dal suo ombrello protettivo e invocano ragioni teologiche al sostegno della messa in rito latino e della tanto declamata lotta dello scomparso verso il relativismo, affiancato da “pensatori”, vere pere marce e bacate del pensiero filosofico, (il sedicente filosofo Marcello Pera). Il duo è noto per aver cercato di difendere il pensiero unico a fronte delle risultanze della scienza e del pensiero umanista che fa del pluralismo e del dubbio delle coscienze uno
strumento di indagine del valore relativo della verità, negando l’assoluto.
Si narra che Josip Ratzinger sia passato alla storia per il suo discorso di Ratisbona del 12 dicembre 2006 che sarebbe stato profetico.

Un Papa pavido dal pensiero debole

Merito di quanto detto in quel discorso d è di avere esplicitato i segnali intercettati dalla diplomazia vaticana anche attraverso i rapporti Inter-religiosi intrattenuti dalla diplomazia vaticana i segnali della marea montante dell’attacco islamista all’occidente e della sua portata radicale di contestazione dei suoi valori dell’occidente. La modalità di
esplicitazione di questo messaggio sono state l’utilizzazione del linguaggio filosofico e la esplicitazione dei contenuti con una modalità forse più tipico dell’ortodossia che del cristianesimo romano, quello del richiamo alla tradizione e al linguaggio della storia, nella convinzione che nulla c’è di nuovo sotto il cielo. Questo filosofo fragile e ondivago del resto ha messo in mostra le caratteristiche cangianti della sua personalità: fortemente influenzato nelle sue posizioni teologiche assunte durante il Vaticano II, catturato dal contesto progressista ha sostenuto le tesi conciliari, salvo poi accettare a
Concilio finito il ruolo del restauratore e di guardiano dell’ortodossia, dirigendo il Sant’ Uffizio.
La sua passione e l’intimo orgoglio per il rispetto del rito e l’esaltazione per cerimonie e paramenti vesti riscoperti e utilizzati sono testimoniati dall’accuratezza, dalla sontuosità, dalla ricercatezza scenografica, dalla riscoperta di tanta parte delle vesti cerimoniali religiose, ancorate a una riproposizione precisa dei papi tradizionalisti. L’inconsistenza della sua personalità trova una palese opportunità per manifestarsi delle sue azioni per contenere l’esplodere degli abusi sessuali nell’attività e nella vita del clero, le violenze perpetrate all’ombra della tonaca verso fanciulli e fanciulle, l’intreccio di connivenze tra membri del clero dediche a queste pratiche.
Ciò malgrado le sue dimissioni gli hanno paradossalmente guadagnato al tempo stesso condanne e consenso da parte di uno stuolo di canonisti conservatori che pur condannando e giudicando inefficace la sua rinuncia hanno continuato a vedere in lui il vero papa regnante, catturati dal suo conservatorismo e in Francesco un abusivo.
La sua morte lascia priva di un punto di riferimento quella parte del mondo curiale e ecclesiastico che si appella alla tradizione e al conservatorismo più bieco per indicare la via della gestione della Chiesa di Roma. La sua scomparsa apre le porte ad uno scontro aperto sulle caratteristiche che dovrà avere il successore di Francesco al quale questa componente cattolica chiede di fermare la deriva messianica, caritatevole, pacifista di questo pontificato.

Gianni Cimbalo