La corvée

L’introduzione della formazione scuola lavoro – Asl (ora: Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento – Pero) nell’ordinamento scolastico italiano si deve all’iniziativa della ministra del MUSRT Letizia Moratti. Già prima di lei, Luigi Berlinguer, padre della Legge di parità (L. n. 62 del 2000), aveva preparato il terreno, trasformando quello scolastico in un sistema integrato pubblico-privato, snaturandone la natura pubblica e rafforzando i rapporti con l’impresa. La riforma voluta dalla Moratti, con legge 28 marzo 2003, n. 53, introduceva alcune modifiche che accentuavano l’asservimento della scuola ai valori del mercato e inaugurava la politica del taglio delle risorse, pervicacemente perseguita dai suoi successori, prima fra tutte Mariastella Gelmini, che ha assestato uno dei colpi più pesanti con tagli per circa 8 miliardi. L’Als prevedeva negli istituti tecnici e professionali, nel secondo biennio e nell’ultimo anno, almeno 400 ore, mentre nei licei le ore previste erano 200 nel triennio, sottraendo così una quantità di tempo enorme all’insegnamento.
È significativo che questa norma sia simile a quella vigente nell’ordinamento ungherese. L’oligarca ungherese è più radicale e rivolge l’obbligo non agli studenti, ma agli operai obbligati a prestare 400 ore di lavoro gratuito straordinario per il padrone, che possono essere non pagate, retribuite a prezzo ridotto e/o comunque in tempo differito [1].
Per capire le ragioni della scelta della Moratti – che dietro la sua formazione presso il Collegio delle Fanciulle e i corsi di danza classica nella scuola Carla Strauss di Milano, esibisce la sua appartenenza a una stirpe di imprenditori, come il suo cursus honorum dimostra – occorre ricordare che con la legge 24 giugno 1997, n. 196 (pacchetto Treu) era già stato regolamentato l’istituto degli stage o tirocini con i quali si dava vita a un rapporto triangolare tra tirocinante, azienda ospitante (pubblica o privata), ed ente promotore, il quale avrebbe dovuto garantire la presenza di un tutor come responsabile didattico-organizzativo delle attività. Anche le aziende ospitanti dovevano indicare un responsabile aziendale di riferimento per il tirocinante. Si precisa che le prestazioni degli studenti sono gratuite e il loro lavoro non va retribuito.
La Moratti lo sapeva bene e per questo motivo volle adoperarsi con accortezza per procurare combustibile da ardere e da immolare a tutto vantaggio del mondo delle imprese che così potettero disporre di forza lavoro gratuita. A beneficiarne furono anche i liberi professionisti che poterono così disporre di tuttofare e addetti alle fotocopiee da persone da impiegare gratuitamente per attività tra le più diverse ma di nessun valore formativo: si pensi all’attività di servizio ai tavoli nei bar! Tutti ci guadagnavano, meno gli studenti, perché l’effettuazione del servizio era ed è obbligatorio anche se chi finisce a lavorare in fabbrica ci può rimettere la vita. Lo sanno bene moltissimi ragazzi e ragazze che in queste attività hanno perso arti o si sono feriti in modo più o meno grave senza che le cronache si occupassero di loro. Perché se ne parlasse ci sono voluti, purtroppo, i morti, da ultimo Giuseppe Le Noci di 16 anni deceduto, mentre si recava al lavoro in
un’azienda di termoidraulica. Il Ministro Bianchi si limita a convocare le Regioni, responsabili per la formazione professionale, alle quali occorre quantomeno chiedere di disporre l’immediata sospensione delle attività di formazione lavoro, come misura cautelare., per passare poi ad un decreto di immediata soppressione di questa attività : vi sono in questo caso tutte le ragioni di urgenza previste per una tale misura. Toccherà al movimento individuare le prossime scadenze di lotta che saranno necessarie ed opportune per ottenere l’intervento, non più rinviabile, ma intanto occorre avere piena consapevolezza di come si è giunti a questa situazione, anche per capire perché questo istituto va soppresso.

Arriva lo sciacallo

Viste le interconnessioni del provvedimento con le leggi sul lavoro, non è un caso che con l’approvazione dello Jobs act (L.183/2014), l’uomo che non ha mai lavorato, ma sempre intrallazzato, decide di intervenire con la “mala scuola” e vara una sorta di “alternanza scuola-lavoro rafforzata”, stabilendo che il percorso scuola lavoro va portato
all’esame finale e fa parte delle condizioni di ammissibilità all’esame di diploma. Si precisa che l’alternanza scuolalavoro si potrà fare in azienda, ma anche in enti pubblici, musei, biblioteche, associazioni, si potrà svolgere anche nei mesi estivi e all’estero. A questo scopo, viene istituito il Registro nazionale nel quale saranno raccolti enti e imprese disponibili a far svolgere i percorsi formativi, incentivati con cento milioni, perché tutor e imprese si impegnino a sfruttare il lavoro gratuito degli studenti.
La misura fa parte del progetto di aziendalizzazione delle scuole che istituisce la figura del preside manager, il bonus di merito per i professori e gli sponsor privati, favoriti dallo school bonus, ovvero le agevolazioni fiscali per incentivare interventi negli istituti scolastici, spinti a cercare sul mercato le risorse per evitare il collasso.
I danni che l’intervento renziano ha fatto alla scuola sono incalcolabili, certamente accresciuti dal biennio pandemico, per cui a fronte del disastro nella formazione dei giovani che si prepara sarà difficile tra le diverse concause individuare quelle maggiori. Certamente però, proprio per questo motivo, dal cosiddetto governo dei migliori, utilizzando anche i fondi dei PNRR, sarebbero dovuti venire interventi strutturali e organizzativi importanti, come quello di ripensare l’esistenza stessa del Pero, considerando ad esempio che nella fase attuale è più opportuno concentrare le risorse sul tempo studio per aumentarne la qualità e recuperare i ritardi, stabilire dei percorsi e delle possibilità di recupero delle opportunità andate perse a causa della situazione pandemica.
A nulla è valso che in tempi non sospetti lo stesso Consiglio superiore della Pubblica istruzione si sia espresso contro il Pero, manifestando con documentate ragioni, la sua contrarietà. La sordità più assoluta del Ministro ha accompagnato la scesa in campo degli studenti ai quali ha risposto un’altra dei migliori, la ministra dell’Interno, schierando poliziotti addetti a manganellare con insolita virulenza gli studenti, a spaccar teste, a dimostrazione che fino a quanto a fare l’opposizione al Governo sono i no vax va bene, anzi gli imbecilli fanno comodo, e quindi da buon gregge agitato basta tenerli nel recinto e limitarsi a controllare (poco e da lontano) i pastori fascisti che li spingono al pascolo,
tanto quelli agiscono sotto dettatura.

Gli studenti in lotta

Da parte loro, studentesse e studenti si sono guardati bene dall’accogliere l’invito a pregare proveniente dall’Istituto dei Salesiani nel quale Lorenzo Parelli studiava; sono scesi in lotta per liberarsi da quest’insopportabile fardello, finendo per scontrarsi con un altro campione dell’imprenditoria a ufo, il Ministro pro tempore del MURST, quel Patrizio Bianchi, già assessore dell’Emilia e Romagna che fa parte della banda dei ferraresi del PD, ricchi di potere e di denaro (meno di voti), guadagnati flirtando con la politica e la carriera universitaria.
Costui è grande sostenitore del trasferimento alle Regioni di maggiori poteri nella scuola; quando operava in Regione, aveva già il mito delle scuole professionalizzanti, tanto che avrebbe voluto poter istituire nel ferrarese una scuola per raccoglitori di patelle, a fine di tramandare un mestiere storico del territorio. Figurarsi ora che opera su vasta scala e può far danni a tutte le scuole d’Italia, quale interlocutore può essere per studentesse e studenti che scendono in piazza per cercare di recuperare conoscenze e cultura, stretti dalla necessità di cercare di porre rimedio al tanto che hanno perso con la DAD e con la chiusura delle scuole, con gli orari ridotti, con il tur-over di docenti che hanno avuto negli ultimi due anni. E mentre il ministro sottolinea gli aspetti positivi della Dad gli studenti dicono no ai due compiti scritti.
Ci vuole proprio un cattedratico dei migliori, pardon, del governo dei migliori, già Rettore dell’Università di Ferrara, per far occupare le scuole e per governare con tanta insensibilità la scuola e preparare un nuovo intervento questa, volta addirittura sulla didattica, attraverso il disegno di legge in discussione contenente “Disposizioni per la prevenzione della dispersione scolastica mediante l’introduzione sperimentale delle competenze non cognitive nel metodo didattico”, con il quale si persegue l’ambizioso obiettivo di piattaformare sensibilità e coscienza degli insegnanti, mascherando il
tutto da aggiornamento pedagogico, senza capire che gli insegnanti hanno bisogno piuttosto di periodi sabatici programmati nei quali provvedere all’aggiornamento, con lo studio, le frequentazioni culturali, la rigenerazione motivazionale e consistenti aumenti salariali: quelli italiani sono tra i più bassi in Europa.
Ma se progetti come quello del Ministro lasciano quanto meno perplessi, meritano una immediata e radicale opposizione proposte come quelle di accorciare i cicli di studio per portare anzitempo gli studenti nel mercato del lavoro, riducendo ancora di più, drammaticamente, i tempi per la formazione di base.

Cultura, cittadinanza, lavoro

L’aver messo la scuola pubblica nelle mani del mercato, l’aver aziendalizzato la gestione delle scuole, aver voluto fare delle scuole un insieme di monadi in competizione tra loro sul mercato, ha messo in discussione la sua principale funzione, quella di trasmissione della cultura, della conoscenza e della formazione dei cittadini. Con troppa facilità e troppa fretta si è dimenticato che “È compito della Repubblica istituire scuole di ogni ordine e grado dove l’arte e la scienza siano liberi e ne sia libero l’insegnamento.” La scuola deve promuovere la libera formazione e questa ha bisogno
di tempo per introiettare le conoscenze acquisite, solo il possesso di queste consente poi l’acquisizione di competenze perché il vero obiettivo della scuola è il libero e autonomo sviluppo della personalità.
D’altra parte solo il possesso di una formazione culturale di base consente l’adeguamento della persona al mutare delle competenze richieste dal mercato del lavoro ed è funzionale ad un vero sviluppo della società: i sostenitori della priorità delle competenze da acquisire sono quindi il peggio che si possa desiderare in quanto anche alle capacità di crescita dell’economia e ai bisogni del mercato del lavoro.
Ciò non di meno fino a poco tempo fa potevamo permetterci il lusso di lottare perché ciò avvenisse senza che i privati si attribuissero questo compito per svolgerlo a spese dello Stato, della collettività. Ora le barricate hanno dovuto arretrare e siamo costretti a difendere il diritto all’istruzione, libera e per tutti, senza il gravame della corvée (prestazioni personali dovute al signore nel medioevo) di ben 50 ore annue di lavoro gratuito. In fondo i feudatari erano meno esigenti!

[1]Sulla Legge ungherese: Miseria del populismo. populismo della miseria, Newsletter Ucadi, n. 152, 14 nov. 2021.

G.L