Osservatorio politico

Bulgaria

La crisi istituzionale nel più povero dei paesi d’Europa, la Bulgaria, continua; per l’ottava volta consecutiva il governo si è dimesso e si prospetta una difficile crisi con il possibile ricorso alle urne. Facendo seguito a mobilitazioni di piazza promosse principalmente dalla generazione Z, ovvero i giovani del paese, ispirati dal movimento anticorruzione utilizzato come cavallo di battaglia nei paesi dell’area balcanica e utilizzato dalle forze ispirate da chi dirige da Bruxelles la politica dell’Ue, centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza e per le strade. Le proteste hanno coinvolto soprattutto il ceto medio, colpito dai contenuti della legge finanziaria per il prossimo anno che prevede un aumento delle imposte sugli utili delle aziende e soglie di contribuzione più alte per i lavoratori, insieme a nuove procedure centralizzate per la gestione dei flussi di cassa. Ad aggravare la situazione hanno contribuito le preoccupazioni derivanti dall’introduzione dell’euro nel paese, con l’adesione al sistema monetario europeo prevista per il primo di gennaio di quest’anno che introduce l’euro nel paese. Viste anche le precedenti esperienze di quando avvenuto in altri paesi si teme che il cambio produrrà un ulteriore aumento dei prezzi a svantaggio della popolazione favorendo gli speculatori.
Soprattutto nella capitale Sofia i manifestanti (150.000 circa), hanno chiesto le dimissioni c del governo di centrodestra di Rosen Zhelyazkov in carica da un anno che ha anticipato un voto parlamentare dal quale probabilmente sarebbe uscito indenne ancora una volta, ritenendo più opportuno andare ad elezioni. Per esperienza sa bene che mentre le stanze dei manifestanti riescono a preparare nella piazza quando poi si va al voto e ci si rivolge al paese profondo gli orientamenti possono essere altri. Troppo ampie sono le clientele che legano i partiti agli strati profondi della popolazione del paese. Il patron del partito al potere, GERB Boyko Borisov, padre padrone della politica bulgara negli ultimi 15 anni e principale oggetto dell’indignazione di piazza, conta anche sul sostegno del partito della minoranza turca di Delyan Peevski per rimontare la china.
Come da prassi a seguito delle dimissioni sono state avviate dal presidente della Repubblica che non disdegna all’idea di impegnarsi nella politica attiva del paese. Consultazioni per dare vita ad un nuovo governo sono state inviate: dovrebbe gestire la difficile situazione economica creatasi nel paese a causa delle sanzioni alla Russia e dell’interruzione delle forniture di gas a prezzi accettabili e della perdita del mercato russo. Il Parlamento bulgaro ha approvato le dimissioni con 127 voti favorevoli e ora il Gabinetto continuerà a svolgere le sue funzioni fino all’elezione di un nuovo esecutivo. Il presidente Rumen Radev ha già invitato i gruppi parlamentari a formare un nuovo governo. Se falliranno – il che è probabile – ne nominerà uno ad interim per governare il Paese fino a nuove elezioni.
Tuttavia difficilmente chiunque vinca la competizione elettorale potrà porre argine alla Corruzione diffusa, ad un’amministrazione inefficiente, ad un sistema politico bloccato e familista, poiché sarebbe necessaria una revisione dell’intero sistema politico. Anche se è vero che negli ultimi anni, la Bulgaria ha conosciuto un trend economico positivo: nel 2024 il PIL è cresciuto del 3,4%, e per il periodo 2025-27 si prevede un aumento stabile intorno al 3%. La crescita dell’economia è stata però accompagnata da un forte aumento dei prezzi e della spesa pubblica: tutte questioni che hanno acutizzato le tensioni sociali ed economiche tra i vari settori della società bulgara.
Ora la parola passa agli elettori che saranno di nuovo chiamati alle urne per le elezioni anticipate, le ottave a partire dal 2021, ed è difficile fare previsioni sui possibili sbocchi della crisi.

Visita di Putin in India

Una delle caratteristiche ricorrenti della propaganda propinata all’opinione pubblica per effetto della politica propagandistica a favore dell’Ucraina condotta dalla stampa servita ai sostenitori del conflitto è che le sanzioni nei confronti della Russia avrebbero isolato il paese e causato danni alla sua economia. Se c’è un paese per il quale ciò non è vero questa è l’India.
A dimostrarlo basti citare la visita di Putin in India dei primi di novembre, preparata da Trump che ha applicato dazi aggiuntivi del 25% all’import indiano a partire dall’agosto del 2025, portando il totale dei dazi su moda, tessuti, gioielli, e oreficeria al 50% complessivo, per sanzionare gli acquisti di petrolio da dalla Russia. Il provvedimento invece che fare pressioni sull’India si è ha favorito un ulteriore avvicinamento tra Mosca e Nuova Delhi che già coordinavano la loro politica all’interno dei Brics.
Durante la visita di Vladimir Putin, accolto trionfalmente e con molta cordialità, sono stati firmati numerosi accordi di in ambito economico, militare, di cooperazione in campo scientifico, culturale e tecnologico, fornitura di forza lavoro indiana alla Russia (1 milione di lavoratori professionalizzati) una particolare attenzione è stata riservata al settore energetico, al petrolio alla difesa.
Nello specifico si è discusso dell’aumento delle importazioni indiane di petrolio russo, della collaborazione per quanto riguarda il nucleare civile e la fornitura di centrali da parte russa, della necessità di ridurre il debito il deficit commerciale fra i due paesi consentendo maggiore esportazione indiane verso la Russia per prodotti ci farmaceutici ed agricoli. I lavoratori indiani disponibili ad andare a lavorare in Russia aiuteranno lo sviluppo della Russia e contribuiranno con loro rimesse al pagamento delle forniture energetiche che avverrà in rubli. La collaborazione dei due paesi si estenderà anche in campo culturale, della ricerca scientifica e delle comunicazioni.
Ancora più significativo l’accordo in materia di difesa, con l’impegno della Russia a fornire all’India sistemi missilistici S-400 di difesa e caccia di nuova generazione, che contribuiranno a legare l’India alla fornitura di assistenza tecnica e pezzi di ricambio per la manutenzione della sua forza aerea e di difesa, accentuando la collaborazione già
sviluppata attraverso esercitazioni militari comuni. La Russia inoltre fornirà all’India un sommergibile nucleare da esercitazione per addestrare i marinai della propria flotta alla gestione dei navigli di questo tipo, mentre l’India metterà a disposizione della Russia l’utilizzazione dei propri cantieri navali per la costruzione di navi anche ad uso civile. Occorre ricordare che con il decentramento produttivo l’India è diventato uno dei maggiori produttori di acciaio al mondo.
Le due parti si sono impegnate a regolare i loro rapporti economici nelle monete nazionali. La solidità dei legami fra i due paesi è stata sottolineata dalla firma di una dichiarazione congiunta che sottolinea la crescente solidarietà fra i due paesi il coordinamento della loro politiche. È da notare che questa visita viene dopo quattro anni e mirava rinnovare rafforzare la l’amicizia storica fra i due paesi, a testimoniare i buoni rapporti tra le potenze asiatiche russa, indiana e cinese, nonché i buoni rapporti con il sud globale e il rafforzamento della partnership.

Olanda

Continuano le trattative fra i partiti dopo le elezioni di ottobre. Il 10 novembre 2025 facendo seguito ad una mozione presentata dal leader del D66 Jetten. Il Parlamento ha conferito a Rianne Letschert l’incarico di nuova informatrice per condurre le trattative che dovrebbero portare alla formazione del nuovo governo, concedendole 51 giorni di tempo per formare la nuova coalizione con la partecipazione di 66 CDA e VVD. Dovrà riferire sui risultati dei negoziati alla Camera dei Rappresentanti entro venerdì 30 gennaio.
Questo è il mandato conferito a Letschert sulla base di una mozione che il leader del D66, Jetten, ha presentato mercoledì alla Camera dei Rappresentanti. Letschert deve inizialmente garantire che D66, CDA e VVD raggiungano un accordo, ma anche verificare se un governo di minoranza, quale sarebbe quello formato dai tre partiti, abbia qualche possibilità di ricevere l’approvazione da entrambe le Camere.
“Il nostro mandato è cercare una cooperazione costruttiva con i vari partiti di questa Camera”, ha dichiarato Jetten nella mozione “La mano tesa rimane sia a sinistra che a destra.” Il conferimento del mandato a formare un governo di minoranza è compatibile con il curriculum della Letschert (nata nel 1976), è presidente del consiglio di amministrazione dell’Università di Maastricht, in precedenza professoressa diritto internazionale all’Università di Tilburg, iscritta a D66, non ha mai svolto attività politica e di governo. Guiderà i colloqui tra Jetten di D66, Henri Bontenbal (CDA) e Dilan Yesilgöz (VVD) per un accordo di coalizione per dar vita ad un nuovo governo.
La discussione sul programma riguarda temi quali l’immigrazione, l’edilizia abitativa, le emissioni di azoto prodotte soprattutto dal letame degli allevamenti in misura così alta da inquinare l’atmosfera, il suolo e le acque, la difesa, la sicurezza. Queste discussioni costituiranno la base per l’incontro con il VVD di Wilders, il quale, da parte sua, teme i
forti tagli sull’assistenza sanitaria e il finanziamento dei piani di sviluppo; D66 e CDA differiscono dal VVD per quanto riguarda questi finanziamenti.
Il nuovo governo di minoranza dovrà cercare di volta in volta i voti in Parlamento ed accogliere quindi le preoccupazioni di altri partiti come ad esempio quelle del leader del SP Jimmy Dijk che teme lo smantellamento della previdenza sociale, il taglio dell’indennità di disoccupazione (WW) la riforma del WIA (Work and Income according to Capacity for Work), la riduzione delle tutele contro il licenziamento. Ulteriori timori vengono espressi dai Partiti di destra che nelle ultime elezioni hanno eroso parte dei consensi di Wilders e ora chiedono contropartite, soprattutto con riguardo all’ immigrazione per concedere il loro voto. In questa situazione sarà estremamente difficile trovare la quadra e dar vita al nuovo esecutivo in grado di assicurare al paese quella stabilità che è richiesta dalla congiuntura economica che l’Olanda attraversa.

Cile

Il nazista xenofobo, José Antonio Kast, con il 58% vince il ballottaggio contro la candidata della sinistra Jeanette Jara ferma al 41%. Benché sconfitto tre volte nei precedenti tentativi di essere eletto alla Presidenza questa volta l’esponente nazista ce l’ha fatta perché sono confluiti su di lui i voti ricevuti dai tre candidati di destra al primo turno. Nella sua campagna elettorale il neoeletto Presidente ha puntato sui temi tipici della propaganda trumpiana: sicurezza e immigrazione clandestina.
Il tema “sicurezza” è per molti versi una psicosi indotta e sfruttata politicamente: il Cile è tra i Paesi più sicuri di tutta l’America Latina, ma la destra ha spostato abilmente il dibattito politico su questi temi utilizzando la crescente presenza di gang venezuelane e dell’incremento del tasso di omicidi, pe sostenere chi ha promesso il pugno di ferro contro delinquenza e immigrazione clandestina. Kast infatti ha proposto la chiusura delle frontiere dal momento del suo insediamento.
Eleggendo un noto sostenitore del dittatore Pinochet la maggioranza dell’elettorato cileno ha dimostrato il modo evidente che 35 anni di una delle dittature più lunghe e sanguinarie del mondo, non gli è bastata e che il Cile è pronto a veder tornare alla presidenza uno dei più convinti difensori del governo militare. Non vi è alcun dubbio che gli Stati Uniti con questa scelta rafforzano la loro presa sull’America Latina e lo sfruttamento coloniale dei suoi popoli.

Finlandia

In Finlandia l’abbandono della neutralità non paga e la situazione economica segna la fine ingloriosa della prosperità di uno dei paesi europei all’avanguardia dei cosiddetti “frugali”. L’economia finlandese era già in crisi ma questa è stata aggravata della sua dell’adesione alla NATO ma la Finlandia registra deficit di bilancio dal 2009. Con una popolazione che invecchiata e richiede spese sempre più elevate nei servizi pubblici, la situazione finanziaria del Paese appare estremamente grave mentre il deficit di bilancio finlandese si sta allargando e il debito pubblico sta crescendo a un ritmo allarmante. Il deficit del governo centrale è salito al 4% del PIL nel 2024 e il rapporto debito/PIL dovrebbe raggiungere l’87% entro il 2027. Ad aggravare la situazione si sono aggiunte le spese relative alla difesa di un confine con la Russia di ben 1300 km, difficile da affrontare sia dal punto di vista economico che demografico, posto che il tasso di natalità è del 0,027% annui.
Al 1 dicembre 2025 la popolazione (residenti permanenti) della Finlandia era di 5.543.659 persone, compresi i bambini sotto i 6 anni – 561.295 persone, gli adolescenti (scolari) di età compresa tra 7 e 17 anni – 647.222 persone, i giovani dai 18 ai 29 anni – 672.169, gli adulti dai 30 ai 60 anni – 2.376.844 persone, gli anziani dai 60 anni – 1 042 208 persone, i centenari in Finlandia oltre 80 anni – 243.921, il che vuol dire che anche richiamando alle armi tutti i potenzialmente cittadini abili non si supera un bacino di tre milioni. Le forze armate finlandesi possono contare infatti su circa 21500 uomini e donne in servizio attivo, anche se hanno una riserva, formata da personale che ha svolto il servizio di leva, di circa 900mila unità, che viene periodicamente richiamato per aggiornarne l’addestramento. Ciò significa per rinforzare il confine il governo dovrà affrontare maggiori sperse per milioni di euro in nuovi sistemi d’arma e per provvedere a minare il confine come prevede di fare.
Questo mentre le esportazioni del paese, principale motore della sua economia, sono state duramente colpite dalla debole domanda proveniente da Germania e Svezia, i suoi maggiori partner commerciali e le interruzioni della catena di approvvigionamento, anche a causa della chiusura dei rapporti con la Russia hanno avuto un impatto negativo sulle principali fonti di reddito del Paese e azzerato l’apporto economico dell’intenso turismo russo.
Gravissimo aumento del tasso di disoccupazione salito all’8,7% nel 2025. Il settore edile che era il più grande datore di lavoro del Paese ed è stato colpito in modo particolarmente duro dalla decrescita demografica mentre ulteriori problemi sono generati dal settore pubblico che negli ultimi anni ha sostenuto l’occupazione, rimarrà stagnante, poiché il governo dovrà adottare misure di rigore fiscale.
Con le riforme del mercato del lavoro i tagli ai benefici sociali previsti per il 2025 saranno rilevanti e la disoccupazione ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 15 anni, attestandosi al 10,3% a ottobre, secondo i dati pubblicati dall’Ufficio Statistico Finlandese: il tasso era più del doppio, al 22,4%, tra i 15 e i 24 anni.
Ad aggravare la situazione la Commissione Europea ha deciso di sottoporre la Finlandia a una “Procedura per Disavanzo Eccessivo”, dopo aver previsto che la Finlandia avrà un deficit di bilancio superiore al limite Ue del 3% per i prossimi tre anni. Ciò ha spinto il governo a tagliare alcuni settori dello stato sociale, tra cui sussidi di disoccupazione e di alloggio e alcune strutture sanitarie. Il governo di coalizione di destra, in carica dal 2023, mira a “rafforzare le finanze pubbliche e a tenere sotto controllo il crescente debito” anche mediante la facilitazione dei licenziamenti per ridurre i rischi di assunzione per le aziende. Tutto questo dimostra che sono i lavoratori e le popolazioni a pagare il prezzo delle politiche belliciste dei loro governi.

La Redazione