Il Consiglio dell’Unione Europea, riunitosi a Bruxelles il 18 dicembre 2025, decidendo che “L’Unione Europea coprirà le urgenti esigenze finanziarie dell’Ucraina nel 2026-2027, stanziando 90 miliardi di euro nei prossimi due anni attraverso un credito garantito dal bilancio dell’Ue.” ha decretato la crisi terminale del welfare e delle prospettive economiche future dei paesi dell’Unione. Fanno eccezione Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, che hanno legalmente rifiutato di partecipare al finanziamento europeo a tasso zero per gli anni 2026-2027.[1]
Ha deciso inoltre che la Russia non recupererà i suoi beni fino a quando “non cesserà l’aggressione all’Ucraina” la quale, da parte sua, rimborserà il credito solo dopo che la Russia avrà pagato le riparazioni di guerra, mentre l’Unione Europea si riserva il diritto di utilizzare i beni congelati per rimborsare questo credito.
Assumendo questa decisione i governi europei prendono scientemente in giro i cittadini dei diversi Stati d’Europa poiché sanno bene che la Russia sta vincendo sul campo la guerra e quindi non pagherà mai alcun debito di guerra. Da che mondo e mondo non sono i vincitori a pagare i danni di guerra e, di solito, anche chi perde non li paga, se non in parte. I 90 miliardi di euro “di prestito” sono quindi a fondo perduto e graveranno per intero sul bilancio comunitario presente e futuro, compromettendo la capacità dei singoli Stati di continuare ad erogare il welfare ai propri cittadini.
Sperare nel riarmo come un’occasione per rilanciare l’economia in modo da alimentare la crescita del PIL dei singoli Stati e far quindi fronte al debito contratto sui mercati è un’illusione, posto che gli Stati europei – servili – si sono impegnati con l’egemone statunitense a comprare in USA le armi sia per proseguire la guerra e sia per riarmarsi.
Sarebbe per ciò nell’interesse dei cittadini dell’Unione chiudere al più presto il conflitto in Ucraina e ripristinare relazioni diplomatiche ed energetiche con la Russia. Occorre farlo ora, prima che l’intesa tra USA e Russia che sia Trump che Putin perseguono, si consolidi, a tal punto da consentire loro di dividersi il vecchio continente in aree di influenza.
Per fare ciò è necessario ribaltare la narrazione che vuole la partecipazione a questa guerra da parte dell’Europa motivata dalla necessità di salvare la democrazia e la libertà che vigerebbe in Ucraina, minacciata dall’imperialismo e dal colonialismo degli oligarchi russi.
Ucraina e Russia sono ambedue regimi oligarchi e nemici delle libertà individuali e collettive, ambedue animati da un nazionalismo radicale, fondativo per ambedue le compagini statali, con la differenza che mentre quello russo è confermativo di una storia millenaria, quello ucraino ha bisogno di affermarsi, in quanto privo di radici storiche, è in una fase costituente e perciò più radicale. Si aggiunga inoltre che il nazionalismo ucraino è dichiaratamente xenofobo, etnico, linguistico, suprematista e contrario alla libertà religiosa e all’uguaglianza sia tra le diverse confessioni che fedeli di queste, le numerose etnie che vivono nel paese, al punto da averle soppresse culturalmente e a livello istituzionale.
Né per difendere l’Ucraina vale la pena di fare appello al principio di non aggressione poiché i conflitti tra nazionalismi sfoggiano inevitabilmente nella guerra che modifica gli ambiti della giurisdizione statale e dei territori, esattamente come è avvenuto in occasione della guerra in Jugoslavia nella quale l’occidente ha imposto con la forza alla
Serbia la nascita del Kosovo. Ciò detto va rilevato che il vertice dei leader dell’Ue ha evidenziato profonde divisioni interne su come finanziare gli aiuti all’Ucraina e si è svolto in concomitanza con massicce proteste di agricoltori all’esterno dei palazzi del potere, generate dalla contemporanea decisione di firmare il Trattato del Mercosur (argomento che affronteremo sul prossimo numero). Non è un caso che il bilancio dell’Unione Europea contenga una consistente riduzione dei finanziamenti comunitari all’agricoltura, pur essendo questo settore produttivo uno degli elementi fondanti e costitutivi dell’Unione.
L’attenzione rivolta al mantenimento della macchina bellica ucraina rappresenta una comoda distrazione di risorse rispetto ai crescenti problemi interni dell’Ue, che includono, ma non si limitano al malcontento degli agricoltori. La stagnazione economica dell’Ue è in gran parte autoinflitta, poiché l’Ue ha accettato la distruzione del Nord Stream 2 e non può essere affrontata da leader politici così lontani dalla realtà che parlano di “infliggere una sconfitta strategica alla Russia”, una potenza nucleare, tanto più quando questa sta vincendo sul campo di battaglia. La linea fortemente sostenuta da Merz e Von der Leyen è stata sconfitta e il Consiglio europeo ha incaricato la Commissione di proseguire i lavori sul “prestito di riparazione” legato ai beni russi congelati, per dare un contentino a questa componente. Va da sé che ciò che non si fa oggi per non spaventare gli investitori non sarà fattibile domani, tanto più se la Russia vincerà la guerra sul campo. La decisione adottata ha spaccato il fronte dei volenterosi in quanto è stata sostenuta dalla Francia, dall’Italia, dal Belgio e dalla Spagna. Per far digerire la decisione alla Germania, ai baltici e ai polacchi si è sostenuto da parte del Consiglio Ue che la soluzione adottata costituisce un’apertura nei confronti degli Stati Uniti e del loro tentativo di trovare un accordo di pace con la Russia.
Anche se, verosimilmente, quanto deciso lascia intatti i beni finanziari russi, a causa dell’avvertimento dell’agenzia Fitch a Euroclear di un possibile declassamento del suo attuale rating AA, ha come effetto di far fallire i piani della Ue di utilizzare i capitali congelati appartenenti alla Banca centrale russa, rendendo estremamente insicuro il mercato europeo tanto più che le proposte di pace dei volenterosi non fanno che prorogare il conflitto.
Le proposte dei “volenterosi”
Il finanziamento concesso è finalizzato a prolungare il conflitto per guadagnare tempo per riarmarsi e difendersi dalla Russia, ma i cosiddetti “volenterosi “ chiedono un cessate il fuoco immediato e sostengono le proposte dell’Ucraina di intangibilità dei confini; chiedono alla Russia le riparazioni di guerra; sostengono la richiesta dell’Ucraina di disporre a guerra finita di un esercito di 800.000 uomini, e che una forza di interposizione che comprenda anche Paesi occidentali venga dispiegata nel paese come contropartita alla rinuncia formale dell’Ucraina all’ingresso nella NATO; acconsentono all’ingresso nell’UE all’Ucraina, bypassando le procedure comunitarie per l’adesione che richiedono l’unanime accettazione di tutti gli attuali membri. L’inaccettabilità da parte russa di tali richieste è del tutto evidente e non porterebbe alla fine della guerra. La decisione assunta e le richieste sostenute rendono impossibile la soluzione del conflitto che non può che venire dal campo di battaglia.

Papaveri e papere che vorrebbero vincere la guerra (Sic!)
Infatti la rinuncia della Russia ai territori rivendicati dovrebbe tradursi nella restituzione da parte di Putin dei territori conquistati, mentre la presenza di truppe dei paesi occidentali, alleati dell’Ucraina, rappresenterebbe la sua sconfitta sul piano strategico e vedrebbe confermata la persistenza della minaccia occidentale ai suoi confini, svuotando di ogni valore la rinuncia dichiarata all’ingresso dell’Ucraina nella NATO. La Russia è consapevole che la richiesta del cessate il fuoco immediato avrebbe il solo fine di consentire all’Ucraina di riorganizzarsi e riarmarsi, tentando di superare le attuali difficoltà, mentre sa bene che l’ingresso nell’Ue costituirebbe solo un aggravio economico per i suoi avversari che dovrebbero accollarsi il costo della ricostruzione del paese, costo che vorrebbero caricare alla Russia.
Le loro proposte boicottano di fatto le trattative di pace e questo mentre sul campo di battaglia la Russia è all’attacco su tutti i fronti. Ucraini ed europei minimizzano i successi militari sul campo di battaglia dei russi, mettendo in risalto la supposta lentezza della loro avanzata, anche se non si capisce quale sia il metro di paragone per formulare una tale valutazione. Questo mentre sul campo di battaglia i russi hanno iniziato la loro campagna d’inverno, durante la quale continueranno ad avanzare, smantellando uno a uno gli ultimi caposaldi di difesa del Donbass, Kramatosk e Slovianx, ed estendendo l’occupazione del territorio alla presa dell’intero oblast di Zaporižžja e a quello di Dinipropetrvk, nonché a quello di Karkiv, aggiungendo altri due oblast alle terre rivendicate. Tutto questo senza contare che un non impossibile tracollo dell’esercito ucraino sul campo di battaglia può consentire a Putin di estendere le sue rivendicazioni all’oblast di Odessa, togliendolo l’accesso al mare al paese, come da lui dichiarato.
Le future dimensioni dell’esercito ucraino
Rimane da spiegare perché ucraini e volenterosi convergano nel richiedere che l’esercito ucraino, a conflitto terminato, abbia la consistenza di 800.000 uomini, divenendo il più numeroso esercito d’Europa e il maggiore anche per armamento e professionalità. Per comprenderlo basti considerare che una macchina bellica così sovradimensionata avrebbe bisogno di notevoli risorse economiche per essere mantenuta in attività. Si dirà che queste sarebbero fornite dall’Unione europea, ma questa scelta farebbe degli ucraini i pretoriani d’Europa, impegnati a combattere le guerre per l’intera Ue, stante la scarsa volontà e attitudine dei cittadini dei paesi che ne fanno attualmente parte, il calo demografico, la loro età avanzata e con giovani e meno giovani indisponibili a trasformarsi in guerrieri. Un tale esercito sarebbe molto utile anche e soprattutto per controllare le popolazioni inermi degli altri paesi che avessero intenzione di ribellarsi a chi li governa, soddisfacendo le necessità dei governi sovranisti e dei loro epigoni.
[1] Dall’inizio del conflitto, l’UE e il G7 hanno congelato circa la metà delle riserve della Russia all’estero, con oltre 200 miliardi di euro detenuti nei conti di Euroclear in Belgio. L’UE, avendo esaurito le risorse disponibili per finanziare la guerra ucraina, ha fatto inutilmente pressione sul Belgio per autorizzare l’uso dei fondi russi congelati. Nel frattempo, la Banca Centrale russa ha intentato una causa contro Euroclear per oltre 18 trilioni di rubli, sostenendo di aver subito danni dalle restrizioni alla gestione dei propri asset.
Gianni Cimbalo