La guerra d’Ucraina si è trasformata in guerra tradizionale di trincea a causa della presenza di fortificazioni stratificate erette dagli ucraini a difesa dei territori posseduti che usa come perno difensivo la presenza delle città e di grosse agglomerati urbani; la novità è costituita dalla massiccia introduzione delle azioni di guerra condotte dai droni, fattore che ha completamente mutato non solo le strategie e le tattiche di combattimento e l’uso e il ruolo in battaglia dei sistemi d’arma, ma anche quello dei combattenti, uomini e donne.
L’utilizzazione delle città come roccaforti logistiche e bastioni militari ha portato all’esodo della gran parte degli abitanti, anche se non mancano esempi di popolazioni che sono rimaste a difendere i loro beni, o più probabilmente per attendere l’arrivo dei russi. Ad accelerare questo esodo hanno contribuito non solo le disposizioni del Governo ucraino, interessato a non perdere il controllo della propria popolazione. Quel che è certo è che a procedere alla completa o parziale distruzione dei centri abitati, hanno contribuito alle bombe plananti e le FAB utilizzate dai russi che hanno
portato la loro gittata a 150 km dall’obiettivo.
Il risultato è che il territorio ucraino è oggi ridotto ad un cumulo di macerie, peraltro disseminato di mine, mentre la distruzione si estende anche alle aree lontane dal fronte e soprattutto alle infrastrutture produttive, a quelle dedite alla produzione d’energia, a quelle fabbriche destinate alla produzione bellica.
L’introduzione dei droni tra i sistemi d’arma non solo ha ridimensionato il ruolo dei carri armati e dei veicoli corazzati, divenuti vulnerabilissimi, ha privato la fanteria di un’adeguata protezione, ha sostituito in parte l’aviazione o quantomeno le si è affiancata, facendola spesso da padrone, nell’ambito delle forze aerospaziali, ha ridimensionato e sostituito in parte il ruolo dell’artiglieria, esteso lo spazio di combattimento da quella linea che identificava la prima area di contrasto tra i due schieramenti sul campo di battaglia, portandone l’ampiezza da 30 a 60 km, ovvero reso
estremamente vulnerabili le strutture logistiche di retrovia e non solo. Prova ne sia che per svolgere questo compito di distruzione dei depositi e dei rifornimenti della prima linea l’esercito russo ha creato delle apposite brigate, denominate “Rubicon“ che non operano sul fronte, ma hanno il compito specifico di colpire e distruggere le infrastrutture e le linee di supporto prospicienti il fronte, in modo da impedire alla logistica di svolgere il suo ruolo. La formazione di queste Brigate si è dimostrata un successo strategico, prova ne sia che dalle 17 attuali entro la fine dell’anno si passerà a 27.
Utilizzando i droni è oggi possibile neutralizzare a distanza un carro armato, distruggere un veicolo di trasporto truppe, sia esso corazzato o a uso civile, colpire un combattente motociclista in movimento, distruggere una casa o un rifugio, attaccare una trincea. In genere per tali compiti viene impiegato dai russi un particolare tipo di drone guidato
attraverso un cavo in fibra ottica che rende il drone non soggetto ai disturbi elettromagnetici che possono impedire il controllo remoto e può raggiungere fino a 40 km, un tipo di drone di cui gli ucraini solo di recente sono riusciti a dotarsi.
Che si sappia, solo i russi dispongono di un tipo di drone che permette di ingannare le difese missilistiche, proiettando l’immagine olografica di un velivolo più grande, in modo da ingannare la contraerea con bersagli inesistenti, facendo sprecare le munizioni al nemico.
All’inizio della guerra l’Ucraina era in vantaggio sulla produzione di droni che erano stati forniti, sembra, dall’Inghilterra. Successivamente l’industria ucraina è riuscita a sviluppare una propria produzione, disseminando il paese di piccole fabbriche e laboratori, insediandole anche in appartamenti civili per meglio occultarli, in modo da renderli difficilmente individuabili. Non solo, ma con il passare del tempo, l’esperienza di guerra e la competitività tra i diversi produttori, è riuscita a migliorare e potenziare il ruolo dei droni, sia in quanto a capacità che utilizzandoli per il trasporto di esplosivo, con autonomia di volo sempre maggiore, caratteristiche alle quali i russi si sono immediatamente adeguati, migliorando le capacità dei loro droni e differenziandone ulteriormente le modalità di utilizzo.
È vero che i droni non richiedono grandi complessi industriali, ma avendo il bisogno di produrne è meglio farlo in modo industriale e questo è quello che sta facendo la Russia che ha costruito pochi grossi impianti, localizzandoli (uno sembra in Corea) in aree molto lontane dal fronte o pensando di poterli difendere dagli attacchi ucraini. Un altro secondo vantaggio che viene da una produzione industriale è la l’omogemità dei droni prodotti che conseguentemente possono essere controllati e manovrati in modo coerente e coordinato dai centri di comando, dotando ogni impianto di laboratori di
ricerca dedicati all’innovazione.
Lo schema organizzativo adottato dall’Ucraina è diventato un problema poiché per l’esigenza di minimizzare la rintracciabilità li costringe a pagare il prezzo di una produzione molto eterogenea e mal gestibile. Da ambedue i contendenti cominciano ad essere operativi droni con intelligenza artificiale che scelgono da “soli” (senza la necessità di un controllo remoto) l’obiettivo da colpire. In questo campo sembrano essere in vantaggio i russi.
Inoltre, per non farsi mancare nulla, i russi stanno sviluppando droni anti-drone e hanno iniziato a utilizzare una nuova tattica per individuare i dronisti ucraini. Un drone VPP, dotato di una batteria di grande capacità che gli consente una lunga autonomia, sorvola la linea del fronte, le retrovie, centri abitati, registrando su una scheda SD diverse bande di frequenza. Al ritorno il video viene analizzato con l’obiettivo di individuare la posizione dei piloti VPP, attraverso la triangolazione dei segnali di trasmissione. Si procede così alla localizzazione della sorgente. Le coordinate vengono trasmesse ai dronisti russi oppure alle FAB o alle bombe plananti.
Questa tecnica di neutralizzazione dei droni è accettabile perché per abbatterli o contrastarli è impensabile usare i sistemi antimissile, che costano migliaia di volte di più (e non sono poi troppo precisi) per abbattere i droni in arrivo (diciamo almeno quelli più potenti e pericolosi). Queste innovazioni hanno superato la produzione ucraina sia in quanto a qualità dei droni, soprattutto di quelli dotati di fibra ottica; si tratta di uno sforzo organizzativo e progettuale notevole, se si pensa che all’inizio della guerra dipendevano dalle forniture iraniane. Il loro apparato militare industriale ha provveduto ad organizzare una produzione che si calcola entro la fine dell’anno sarà in grado di fornire 1.000 droni al giorno da impiegare in combattimento. Le innovazioni tecniche per migliorarne l’efficacia dell’arma impegnano entrambi i belligeranti in una competizione che sembra vedere i russi in vantaggio. La macchina bellica russa è lenta e burocratizzata ma col tempo riesce a recuperare gli svantaggi e a superare i competitors, come la storia dimostra.
Resta il fatto che questa nuova tipologia di arma non richiede grandi spazi e attrezzature per essere costruita, ha costi contenuti, sostituisce negli effetti il ruolo dei cannoni e dei missili, estremamente costosi, è complessivamente meno vulnerabile, è in grado di colpire obiettivi lontani e danneggiare e distruggere infrastrutture. Per questi motivi i droni si sono imposti come arma principale in una guerra di trincea e di logoramento.
La versatilità dei droni come arma di attacco sul fronte e non solo, ha indotto gli aggrediti a sviluppare forme di difesa che vanno dal fornire di arculei, di dotare di sovrastrutture metalliche, antenne, i mezzi corazzati che potrebbero costituire uno dei loro obiettivi, di cercare di creare dei percorsi almeno parzialmente protetti, erigendo corridoi di reti montate su pali nei quali i droni dovrebbero restare impigliati, ed esplodere, adottando l’uso di fucili a pallini, come arma individuale per un’improbabile difesa, tecniche di dissimulazione per sfuggire ai loro avvistamenti, guerra elettronica per disturbarne la guida.
Uso di quest’arma e le nuove modalità di combattimento creano dei problemi alla struttura e all’armamento di tutti gli eserciti, che devono prenderne atto ed adeguarsi, valorizza il ruolo dei militari ucraini, divenuti i più esperti nell’uso di questo tipo di arma, tra tutti gli eserciti dell’Europa occidentale, americani compresi. C’è da dire inoltre che
l’utilizzo da parte ucraina di un numero certamente superiore alle 30.000 unità di “volontari”, o mercenari per sopperire alla carenza di uomini disposti a combattere, ha portato al reclutamento di appartenenti a clan mafiosi e camorristi che si sono arruolati per apprendere le tecniche e le possibilità di utilizzo e guida dei droni, per trasferire questo know-how a formazioni guerrigliere o in organizzazioni criminali, soprattutto affiliate a bande di trafficanti di droga. A riprova di ciò citiamo l’utilizzazione da parte dei Jihadisti del Sahel nei combattimenti con gli eserciti della Repubblica Centrafricana, del Niger e del Mali, nonché di bande di trafficanti di droga di Sud America o messicane.
I droni hanno inoltre una notevole versatilità, tanto da essere utilizzati anche dalla marina, assumendo apposite caratteristiche, possiedono notevole potenzialità di veder sviluppare il loro utilizzo. Vi sono infatti progetti di costruire aerei e navi armate di droni che fanno da base di partenza per nugoli di queste armi, capaci di svolgere funzioni sia
aggressive che difensive. Si ritiene da più parti che navi armate di droni potrebbero egregiamente sostituire il ruolo delle portaerei a costi abissalmente minori (che del resto stanno diventando obsolete non tanto a causa dei droni, quanto per l’uso dei missili ipersonici che non sono intercettabili e hanno la potenza per fare male, molto male, ad una portaerei) ed essere alla portata di Stati dotati di risorse relativamente esigue, massimizzando la proliferazione di armamenti.
A riprova di quanto affermiamo citiamo il caso della Lituania il cui Governo ha annunciato programmi di addestramento per bambini e adulti. ll piano, varato d’intesa fra il ministero della Difesa e quello dell’istruzione, coinvolgerà entro il 2028, circa 15.500 adulti e 7.000 bambini, su una popolazione scolastica di 460.197, e una popolazione complessiva di 2.888 (2024), il 20% della quale ultra sessantenne non mobilitabile.
Per quanto riguarda i bambini e i giovani il piano sarà adattato alle diverse fasce d’età considerate. Gli studenti di terza e quarta elementare, tra gli otto e i dieci anni, impareranno a costruire e pilotare droni semplici. Gli studenti delle scuole secondarie, invece, progetteranno e produrranno componenti per droni, anche utilizzando stampanti 3D e impareranno a costruire e pilotare i tipi di drone più avanzati.
Il piano prevede una spesa di 3,3 milioni di euro in attrezzature specialistiche, tra cui droni con visuale in prima persona per interni ed esterni, sistemi di controllo e trasmissione video, una app mobile per la formazione dedicata ai veicoli aerei senza pilota (Uav).
Sembra di giocare, anche se il gioco è quello della guerra che semina morte e distruzione.
Il dronista soldato “inconsapevole”
Ma il nostro intento non è quello di approfondire le potenzialità belliche dei droni, ma piuttosto di vedere quali effetti produce l’uso di quest’arma sui combattenti. Il dronista agisce il più delle volte da remoto rispetto al campo di battaglia, inquadra l’obiettivo in video, da lontano, restando nascosto e di fatto svolge nei combattimenti un ruolo
assimilabile a quello che era proprio dei cecchini.
Da sempre presenti negli eserciti questi soldati vennero trasformati e inquadrati in unità specializzate. Diedero buona prova di se soprattutto quelle formate da donne e inquadrate nell’esercito sovietico, nel quale si distinsero per capacità bellica e operativa. Ai dronisti, come ai cecchini, era richiesta capacità di occultamento, pazienza e determinazione, mentre lo strumento utilizzato offriva a loro come ai dronisti il vantaggio di spersonalizzare gli effetti delle loro azioni per la distanza del bersaglio, che comparendo in video assimila la loro azione al comportamento del giocatore emotivamente coinvolto dalle pulsioni di un videogioco, in tal modo inducendolo a declassificare gli effetti ed il ruolo svolto sul campo di battaglia, permettendogli di convogliare nell’azione la determinazione e l’accanimento del giocatore. L’attività di dronista è accettata da molti perché li deresponsabilizza dalle conseguenze dell’atto computo, filtrando attraverso il video la drammaticità della morte dei nemici.
Se è vero che uno dei problemi della guerra è costituito dai futuri reduci dell’una e dell’altra parte e dal reinserimento nella società, dal loro stato mentale, del loro equilibrio psicologico, dall’abitudine acquisita all’uso della violenza, dalla loro capacità di uccidere, ancora ignoti sono gli effetti che l’attività di dronista potrà lasciare nei reduci di questa guerra nei combattenti dell’una e dall’altra parte, per le azioni che hanno fatto e per la facilità acquisita nell’uso della violenza spersonalizzata, attraverso l’utilizzazione del mezzo elettronico a distanza.
Tra gli effetti possibili si può ipotizzare quello che definiremmo tipico del “soldato Ryan,” dall’omonimo film.
Non vi è dubbio che nella loro condizione attuale i dronisti costituiscono un corpo di elité, estremamente responsabilizzato e stimato. Molti di loro ritornando nella società potrebbero trovarsi a svolgere ruoli e funzioni di nessuno ha importanza e degradare verso l’uso della droga o dell’alcol.
G. C.