Nell’ambito del suo viaggio in Turchia per il 17° centenario del I° Concilio di Nicea il 29 novembre Papa Leone XIV si è recato in visita al Patriarcato Ecumenico che ha sede nel Faner, quartiere di Istambul per incontrare Bartolomeo I, Patriarca immarciscibile dal 1991 di una Chiesa senza territorio canonico e tuttavia molto potente. I due, dopo aver celebrato la Doxologia nella chiesa di San Giorgio, sede del Patriarcato, tra l’odore dolciastro delle candele di cera d’api e di incenso, si sono recati nell’attigua Kokkini Spiti (casa Ross, dal colore delle sue mura) sede degli uffici del Patriarcato dove, “profondamente allarmati dall’attuale situazione internazionale, hanno sottoscritto una ‘dichiarazione congiunta’“, forti di una visione comune delle principali sfide da affrontare affermando: “L’obiettivo dell’unità dei cristiani include il fine di contribuire in modo fondamentale e vivificante alla pace tra tutti i popoli. Insieme alziamo fervidamente le nostre voci invocando il dono divino della pace sul nostro mondo. Tragicamente, in molte sue regioni, conflitti e violenza continuano a distruggere la vita di tante persone. Ci appelliamo a coloro che hanno responsabilità civili e politiche affinché facciano tutto il possibile per garantire che la tragedia della guerra cessi immediatamente, e chiediamo a tutte le persone di buona volontà di sostenere la nostra supplica.
In particolare, rifiutiamo qualsiasi uso della religione e del Nome di Dio per giustificare la violenza.”
L’ipocrisia manifesta, insita in questi propositi viene alla luce in modo chiaro ed evidente se si guarda alla dichiarazione successiva delle due parti quando esse affermano: “Crediamo che un autentico dialogo interreligioso, lungi dall’essere causa di sincretismo e confusione, sia essenziale per la convivenza di popoli appartenenti a tradizioni e
culture diverse”.
In questo caso l’ipocrisia non riguarda Papa Leone XIV, ma il Patriarca Ecumenico che è uno dei principali attori della guerra in Ucraina, il quale ha fomentato il conflitto concedendo nel 2019, in cambio di denaro e di laute prebende, l’autocefalia alla Chiesa Autocefala Ucraina, voluta dal Governo di Kiev come Chiesa nazionale, creando le premesse per una feroce guerra interreligiosa che sta dilaniando il paese, parallelamente alla guerra sui cambi di battaglia e nei cieli.
La crisi istituzionale e culturale prodottasi negli Stati dell’Est Europa già facenti parte del blocco sovietico, a maggioranza ortodossi, ha fatto si che venuta meno la struttura ideologiche che li sosteneva questi ricercassero la legittimazione della loro struttura ordinamentale nella tradizione che attribuisce una grande importanza al ruolo della
Chiesa nazionale autocefala nella legittimazione dello Stato, al punto che dalla sua esistenza discende il diritto a gestire la società. In questa tipologia di Stati il rapporto tra le due entità è regolato in un’ottica tutta “bizantina “ dei rapporti tra Stato e Chiesa che risultano basati sulla sinfonia dei poteri (simfonija vlastej) o consonantia, o relazione armonica tra Sacerdotium e Imperium, teorizzazione che che trova la sua formulazione nella Praefatio della Sesta Novella di Giustiniano, indirizzata a Epifanio, santissimo Arcivescovo della città imperiale e Patriarca Ecumenico, in cui si afferma che i doni più grandi fatti da Dio sono il sacerdozio e l’impero, il primo al servizio delle cose divine e il secondo alla guida delle cose umane.
Ne consegue che la Chiesa deve porsi al servizio dello Stato, assumendo una dimensione nazionale e quindi autocefala, ricoprire una funzione identitaria che diviene fondamento dell’autorità dello Stato rispetto a quella che ritengono essere la sua dimensione nazionale di riferimento, per fini che riportano il ruolo delle organizzazioni
confessionali a strumento della politica dello Stato. Sotto questo profilo l’Ucraina, al momento della sua indipendenza si trovava in una posizione anomala: la sua Chiesa ortodossa di maggioranza era parte integrante della Chiesa Ortodossa Russa, una Chiesa che si ritiene essere universale e sovranazionale, ma che di fatto è punto di riferimento e si erge a sostegno di un altro Stato, quello russo. Da questo Stato, come da ogni altro Stato, una larga parte della comunità politica ucraina voleva prendere le distanze proprio per conferire identità e autonomia all’Ucraina.
Inizia così, un processo di graduale agglomerazione di differenti esperienze ecclesiali, tutte riconducibili all’ortodossia, che subiscono processi di aggregazione e integrazione delle differenti strutture ecclesiali fino ad allora esistenti che confluiscono nel 2019 nella costituzione di un’unica struttura ecclesiastica che persegue l’ottenimento dell’autocefalia. Per conseguirla ha un unico modo: ricorrere al Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli che dopo complesse vicende e la corresponsione di idonee somme, privilegi e proprietà di beni da parte dello Stato (presidenza Poroscenko), la concede. La nuova Chiesa può quindi rivendicare il primato e il legame privilegiato con la nazione e con lo Stato e legittimarne autonomia e indipendenza.
Con l’ascesa al potere di Zelensky che aveva promesso nel suo programma di governo la pacificazione anche religiosa i contrasti fra le diverse Chiese si accentuano e di fatto inizia la persecuzione da parte dello Stato della Chiesa canonica ortodossa, legato al Patriarcato di Mosca, riconoscendo nell’organismo di rappresentanza delle confessioni
religiose previsto dalla legge sulla libertà religiosa una primazia sulle altre confessioni alla Chiesa ortodossa autocefala.
Con il sostegno dei gruppi della destra nazionalista avviene una sempre più insistente e costante spoliazione dei beni ecclesiastici della Chiesa ortodossa canonica a favore della Chiesa ortodossa autocefala di obbedienza governativa.
Le chiese vengono invase, vengono indette assemblee dei fedeli truccate che deliberano il passaggio dell’edificio di culto alla nuova confessione, determinando anche la spoliazione dei beni e delle rendite; i fedeli e i ministri di culto vengono estromessi dalle loro chiese. La libertà religiosa è calpestata e negata. La lotta tra le Chiese e la difesa della libertà religiosa divengono parte del conflitto.
La guerra e la persecuzione religiosa
Con lo scoppio della guerra la persecuzione religiosa si infittisce e si accentua,;molti a ministri di culto e vescovi dalla Chiesa ortodossa canonica vengano arrestati, i tribunali deliberano la confisca dei beni e delle chiese, l’espulsione dei fedeli dall’edificio di culto, molti monasteri ortodossi che costituiscono delle vere e proprie aziende per le loro
dimensioni e attività produttive vengono confiscati.
Il Patriarcato di Costantinopoli di fatto dirige e ispira questa campagna di espropriazione e di persecuzione religiosa e offre alla Chiesa ortodossa Autocefala una copertura a livello internazionale, nell’ambito dell’ecumene ortodossa, tuttavia con scarso successo. Solo alcuni Patriarcati, esigui per il loro numero di fedeli, quello di Costantinopoli, quello greco, e in modo più defilato quelli di Alessandria, di Antiochia e Gerusalemme riconoscono la nuova Chiesa, mentre il Patriarcato Ecumenico e quello di Mosca si scomunicano vicendevolmente. Non solo, ma per ritorsione il Patriarcato di Mosca svuota di fatto il Patriarcato di Alessandria che ha la giurisdizione per l’Africa, costituendo due eparchie, quella dell’Africa del Nord e quella dell’Africa del Sud, che sottraggono i ministri di culto afferenti al Patriarcato di Alessandria, corrispondendo loro uno stipendio, inducendoli ad aderire alla propria struttura, mentre da parte sua il Patriarcato di Costantinopoli, in accordo con i governi che sostengono l’Ucraina, si adopera nel far fiorire e riconoscere Chiese nei Paesi baltici e in territori tradizionalmente afferenti al territorio canonico della Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca.
Una guerra nella guerra: quella tra le confessioni religiose
Non vi sono dubbi che il Patriarcato di Costantinopoli ha il primato storico fra le Chiese ortodosse che hanno via via conquistato l’autocefalia, distaccandosi da esso. Occorre poi tenere conto del fatto che tra i Patriarcati ortodossi non esiste una gerarchia in quanto le diverse Chiese sono tra di loro Chiese sorelle al pari livello. Inoltre il Patriarcato ecumenico oggi non ha fedeli poiché ha sede in un paese musulmano ed è quindi una Chiesa senza gregge.
Per superare questa anomalia i teologi del Patriarcato si sono inventati un artificio che vuole afferenti alla giurisdizione del Patriarcato tutti gli ortodossi della diaspora, il che fa sì che gli ortodossi degli Stati Uniti, del Canada e dell’Australia afferiscano, insieme a quelli sparsi per il mondo, ad esso. Va da sé che questa teorizzazione è contestata dalle Chiese autocefale nazionali che rivendicano per sé la propria diaspora. Tuttavia attraverso questo artificio il Patriarcato ecumenico riceve finanziamenti dai fedeli di questi paesi che sono tra i più facoltosi ed è quindi ricchissimo.
Inoltre, nella migliore tradizione ecclesiastica, il possesso del denaro non è disgiunto dall’esercizio del potere e quindi il Patriarcato si dedica a lucrare nel commercio della concessione dell’autocefalia che viene accordata dietro un lauto pagamento, come è avvenuto nel caso dell’Ucraina e da ultimo della Chiesa Ortodossa Macedone.
Ma se è vero che peculia non olet le mani dei faccendieri di questa struttura ecclesiastica grondano del sangue di quella guerra che essi dicono di avversare.
Le responsabilità di Leone XIV
Se è vero che l’ipocrisia manifesta emerge evidente dal contrasto tra le dichiarazioni e i comportamenti di Bartolomeo Patriarca di Costantinopoli, il Pontefice di Roma che è anche capo di Stato dotato di una propria diplomazia molto efficiente non può non conoscere e ignorare questi fatti. Se è vero che la Chiesa cattolica, in nome del dialogo ecumenico ha bisogno di interlocutori, individuare il Patriarca di Costantinopoli come punto di riferimento del mondo ortodosso significa riconoscerle una primazia che non esiste, attribuire ad una congregazione di commercianti laidi e lerci dentro, che hanno la loro sede sulle rive del Bosforo, un riconoscimento che serve loro per meglio esercitare la loro attività di accaparratori di denaro, di mestatori e di procacciatori di conflitti, attività che non dovrebbero essere compatibili con il messaggio evangelico.
Fa riflettere che con la gestione di questo papa anche la Chiesa cattolica voglia emulare i “fratelli ortodossi”: lo testimonia la decisione di papa Leone XIV, del dicembre 2025, di sopprimere la “Commissione per le Donazioni alla Santa Sede”, istituita da Papa Francesco, che controllava i fondi canalizzati verso lo IOR, preferendo un ritorno all’Obolo di San Pietro direttamente controllato dall’Istituto.
Del resto questo atteggiamento complessivo non stupisce: basti pensare al comportamento della Chiesa cattolica in Ucraina che attraverso il primate della Chiesa Greco cattolica del paese nulla ha fatto per tutelare la libertà religiosa non solo dei fedeli afferenti alla Chiesa Ortodossa Canonica, ma anche quella delle altre Chiese che si trovano sul territorio ucraino, come ad esempio quella della minoranza rumena che dipende dal Patriarcato di Bucarest, contribuendo a trasformare uno Stato sedicente liberale in uno Stato repressivo delle libertà più elementari.
G.C.