OSSERVATORIO POLITICO

Irlanda

Il 24 ottobre gli elettori della Repubblica di Irlanda sono stati chiamati al voto per eleggere il Presidente della Repubblica. È stata eletta con il 63,46% dei voti Catherine Connolly, indipendente di sinistra, avvocato e sociologa, attivista per le politiche abitative e il diritto alla casa, sostenuta da Sinn Féin. La Connolly ha sconfitto la candidata del partito centrista Fine Gael, Heather Humphreys che ha ammesso la sconfitta. Va segnalato l’alto numero di schede non valide e un’astensione del 40%, segno evidente della disillusione dell’elettorato per la politica del paese.
L’alto numero delle schede non valide si spiega con l’invito dei conservatori ad annullarle in segno di protesta per come vengono affrontati i problemi dell’emigrazione e della criminalità.

Argentina

Milei vince le elezioni di medio termine con il 84% e guadagna la maggioranza necessaria per varare le sue riforme. Masochisticamente o forse perché ricattati gli elettori argentini hanno votato in massa Milei, permettendogli di avere quella maggioranza in Parlamento necessaria per poter varare le sue riforme liberiste che erano state fortemente ostacolate dal precedente Parlamento nel quale il suo partito aveva una scarsa rappresentanza.
La vittoria di Milei ha ribaltato i pronostici che lo davano perdente a causa dell’insuccesso della sua politica economica e degli scandali che hanno coinvolto la sorella, ma c’è da credere che ad orientare il voto hanno contribuito i 20 miliardi di dollari già concessi da Trump, dei quali il paese aveva bisogno per evitare di andare in default, a causa della politica di Milei di tenere il peso agganciato al dollaro ad un valore per altro non sostenibile. Prima che gli argentini andassero al voto, il Presidente degli Stati Uniti ha promesso di versare altri 20 miliardi a condizione che gli elettori premiassero Milei. Anche se, visto l’andamento del voto, sembra che la promessa abbia conseguito l’effetto, anche se sembra che in realtà il finanziamento USA sia dovuto anche al fatto che alcuni fondi di finanziamento americani (uno in particolare, gestito da Soros – l’ex capo di Scott Bessent) sono in difficoltà, avendo scommesso sul successo di Milei, cosa che invece non sta accadendo.
Inutile dire che Trump si è congratulato. Per il popolo argentino si prepara una lunga stagione di fame, di miseria, di disperazione.

Georgia

Sogno Georgiano, il partito di governo fondato nel 2012 dal miliardario e oligarca Bidzina Ivanishvili, ha ottenuto il 4 ottobre una schiacciante vittoria, conquistando tutti i sessantaquattro comuni del Paese, Tbilisi compresa.
A votare in sono andati solo il 41% degli aventi diritto, ovvero il 10% meno delle precedenti amministrative del 2021. Le opposizioni, si sono presentate al voto senza una strategia e un programma di gestione concreta dei problemi, scegliendo il boicottaggio appropriandosi cosi del voto degli astenuti.
Nello scorso autunno, in occasione delle elezioni politiche pur criticate per i sospetti di brogli, reali e/o presunte, i partiti di opposizione, avevano raccolto il 38% dei voti e 51 seggi sui 150 del Parlamento, avevano scelto il boicottaggio, contando sulle pressioni internazionali, soprattutto U.E., e sulle proteste di piazza per far crollare il sistema.
Il peso e il ruolo delle proteste di piazza, ampiamente riprese ed enfatizzate dai media occidentali vanno ridimensionate. Il governo, utilizzando gli strumenti istituzionali disponibili, ha provveduto alla repressione del dissenso provvedendo all’arresto degli oppositori più esposti. Il sostegno dell’Unione Europea all’opposizione georgiana è stato costellato di dichiarazioni roboanti senza che vi siano state sanzioni contro l’economia del paese, prova ne sia che i maggiori partner commerciali del paese sono USA e Regno Unito.
Formalmente il governo georgiano continua ad opporsi alla Russia, prova ne sia che non esistono relazioni diplomatiche tra i due paesi (anche se Mosca preme per ripristinarle). La posizione delle autorità georgiane è quella di rivendicare la restituzione dei territori dell’Ossetia del Sud e dell’Abkhazia controllati dai separatisti legati a Mosca. Il fatto è che la Russia detiene il 10% del commercio estero georgiano. Nel 2024 la Georgia ha comprato 145,7 milioni di dollari di gas naturale russo. Le relazioni economiche tra Russia e Georgia sono in crescita, in un quadro che ha visto il Pil georgiano crescere in termini reali del 9,4% nel 2024. I dati di quest’anno sono analoghi: il PIL della Georgia è cresciuto del 7,9% su base annua da gennaio ad agosto; nello stesso periodo le esportazioni sono aumentate del 13,7%, le entrate del bilancio statale dell’8% e, a metà del 2025, lo stipendio medio nominale era superiore del 10,3% rispetto all’anno precedente.
Nel 2024, la Georgia si è classificata al secondo posto, dopo la Thailandia, nella classifica degli acquisti immobiliari da parte di russi all’estero. I depositi di cittadini stranieri presso le banche georgiane ammontano ora a 9,16 miliardi di lari georgiani (3,3 miliardi di dollari), di cui il 37% intestato a russi. Questo anche perché molti cittadini russi, in dissenso con l’intervento russo in Ucraina e per sfuggire alla leva, si sono rifugiati nel paese. Gli immigrati russi hanno svolto una notevole attività economica in Georgia, soprattutto dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, fondando 30.000 piccole imprese e hanno aperto migliaia di conti bancari presso banche georgiane.

Madagascar

Dopo settimane di proteste contro il governo, accusato di una disastrosa gestione i servizi essenziali come l’elettricità e l’acqua, l’Assemblea Nazionale ha votato per la destituzione del presidente Andry Rajoelina, che è fuggito dal paese e il 12 ottobre 2025 l’unità d’élite dell’esercito CAPSAT, guidata dal colonnello Michael Randrianirina ha preso il potere. Il nuovo regime ha sciolto il Senato e l’Alta Corte Costituzionale, ma ha deciso di mantenere in carica l’Assemblea Nazionale. La CAPSAT si è unita ai manifestanti, dichiarando di controllare tutte le forze armate del paese. Venerdì il colonnello Michael Randrianirina è stato nominato Presidente del Madagascar.
Le modalità con le quali si sono svolti gli eventi non consentono di definire l’intervento dell’esercito non colpo di Stato, poiché quanto è avvenuto non è stato solo il risultato di una manovra di un pezzo di esercito contro il governo. Le proteste hanno avuto un ruolo centrale, sia al principio e hanno spinto l’Assemblea nazionale a destituire il Presidente. Sostengono infatti ci si trova di fronte a una rivoluzione, ovvero a un processo che inizia con delle proteste a cui partecipano ampi segmenti della popolazione per chiedere cambi radicali nel governo o nel sistema istituzionale, o miglioramenti delle condizioni economiche o sociali. I CAPSAT hanno di fatto preso il potere quando il paese rischiava di scivolare nel caos e su invito dei manifestanti.
Nel timore che eventi simili possano ripetersi l’Unione Africana ha sospeso il Madagascar dalla partecipazione e i militari si sono affrettati a ribadire che non di colpo di Stato si tratta ma di «una rivoluzione popolare sostenuta da un’unità militare». Vedremo se l’esercito avrà la capacità e la volontà di organizzare elezioni democratiche e soprattutto di affrontare i problemi e almeno tentare di risolvere i problemi strutturali del paese che è uno dei più poveri del mondo, e la qualità della vita rimane bassa per la maggior parte della popolazione.
Il popolo malgascio vanta grandi tradizioni di lotta sindacale e politica, conserva la memoria storica e gli insegnamenti di François Vittori, che costituì nell’isola i primi sindacati, ha condotto una lotta per l’indipendenza e l’affrancamento dal colonialismo francese repressa dalla Francia con crudeltà e ferocia ed è riuscito a liberarsi da questa
oppressione. Confidiamo quindi che questa sia l’occasione per tentare un esperimento rivoluzionario di emancipazione dalla povertà.

Venezuela

Mentre Trump si atteggia a pacificatore prepara la guerra, prova ne sia che con in pretesto di svolgere esercitazioni militari “La Uss Gravely sarà a Trinidad e Tobago dal 26 al 30 ottobre, attraccando a Port of Spain, mentre la 22/a Unità di Spedizione dei Marines degli Stati Uniti condurrà un addestramento congiunto con la Trinidad e Tobago Defense Force nello stesso periodo”. Va sottolineato inoltre che da tempo una squadra navale incrocia nei Caraibi, ufficialmente con il compito di contrastare il narcotraffico, rafforzata dall’arrivo recente della portaerei USS Gerald R. Ford.
Viene il dubbio che di esercitazioni si tratti, considerato che la punta occidentale dell’arcipelago dista circa dieci chilometri dal Venezuela e in che l’amministrazione americana ha accusato Venezuela e Colombia di essere paesi narcotrafficanti. Non stupisce in infine che alcuni bombardieri USA hanno sorvolato recentemente il Venezuela.
In previsione di una possibile aggressione il governo venezuelano ha armato i cittadini e li ha chiamati a vigilare di fronte ad un possibile assalto e ha ringraziato Putin per aver ratificato il Trattato con il Venezuela sulla partnership strategica e cooperazione.
Il Trattato sottolinea che le parti si oppongono fermamente a misure coercitive e restrittive unilaterali (sanzioni), comprese quelle di natura extraterritoriale, che rappresentano una violazione della Carta delle Nazioni Unite e di altre norme e principi internazionali universalmente riconosciuti. Le parti si impegnano inoltre a combattere a falsificazione della storia del colonialismo, denunciando il razzismo, il genocidio e altri crimini. Inoltre le parti collaborano su questioni di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione, contribuendo a garantire la stabilità internazionale, la sicurezza equa e indivisibile per tutti gli Stati senza eccezioni; cooperano nel settore energetico in aree quali l’esplorazione e lo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas naturale, l’aumento della resa dei giacimenti gestiti da joint venture e la riduzione del loro impatto ambientale attraverso l’applicazione di tecnologie di estrazione avanzate, nonché l’espansione delle operazioni commerciali petrolifere su base reciprocamente vantaggiosa.
Le parti hanno fatto oggetto del Trattato la promozione e la creazione di un’infrastruttura finanziaria indipendente russo-venezuelana; si impegnano inoltre a sviluppare la collaborazione tra le rispettive federazioni sportive e i legami culturali e umanitari.
La stipula del Trattato rappresenta una sorta di diffida da parte della Russia a mettere in atto un’aggressione nei confronti del Venezuela, che d’altra parte rappresenta per la Russia un partner necessario per poter governare il mercato internazionale del petrolio.
Il Trattato rappresenta una sfida agli Stati Uniti che che considerano il Sud America come l’orto di casa e al tempo stesso pone un argine all’aggressione verso la Russia, portata dagli Stati Uniti per motivi economici. Gli USA stanno cercando di assumere il controllo del mercato del petrolio (vedi Accordi di Abramo), sostengono le sanzioni sull’acquisto di petrolio e gas russo non per far piacere agli ucraini, ma nel proprio interesse perché perseguono l’obiettivo di collocare e vendere sul mercato il loro petrolio, molto più caro perché estratto in gran parte dagli scisti e di bassa qualità.
Comunque la si veda un’eventuale sbarco degli Stati Uniti sulle coste venezuelane o comunque la presenza di soldati sul suolo del paese, magari contando sull’eventuale, improbabile sostegno dell’opposizione all’interno del paese, guidata dalla pacifista Machado, li coinvolgerebbe in una guerra civile del tipo di quella vietnamita, vista la
configurazione orografica del Venezuela e la grande determinazione di almeno parte dei venezuelani, decisi a resistere di fronte all’invasione.

Darfur – Sudan

Dopo due anni il 26 ottobre di guerra i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) hanno assunto il controllo di Al Fashir, l’ultima grande città della regione occidentale del Darfur, capoluogo di una provincia del Sudan, che era ancora controllata dall’esercito. I militari si sono abbandonati alle violenze più inaudite, procedendo a stupri omicidi indiscriminati, poiché si tratta di un genocidio messo in atto con meticolosità e ferocia. Il conflitto ha ridotto le città a cumuli di macerie; gli sfollati sono oltre 8,6 milioni di persone all’interno del Paese; il conflitto ha costretto 3,9 milioni di persone alla fuga nei paesi vicini e a vivere accampati in zone desertiche e brulle, privi di qualsiasi sostentamento e soprattutto di acqua e cure mediche. Le donne e i bambini sono le vittime più vulnerabili. Le violenze sulle donne sono dilaganti e si concludono con l’uccisione delle vittime.
In tutto il Sud la situazione non è migliore perché 17 milioni di bambini sono senza scuola da più di un anno, 3,7 milioni soffrono di malnutrizione acuta. Un bambino su tre sotto i cinque anni mostra ritardi nella crescita.
24 milioni di persone affrontano ogni giorno la fame, e di queste almeno 8 milioni si trovano in condizioni emergenziali e oltre 600mila in stato di carestia conclamata.
Il collasso delle attività agricole a causa di continue incursioni e di saccheggi impediscono perfino di consegnare i pochi aiuti umanitari e la speculazione sulle risorse ancora esistente nel paese aggravano la situazione.
A peggiorare la situazione, la crisi sanitaria: il 60% della popolazione non ha accesso a cure mediche. Colera, malaria e dengue dilagano. Gli ospedali sono presi di mira da entrambi i belligeranti, il personale sanitario ucciso.
Lo scontro ha assunto caratteri etnici e religiosi. Ogni occasione è buona per esercitare la violenza, distruggere, uccidere, violentare. È in atto indubbiamente un genocidio che fa impallidire quello messo in atto scientemente a Gaza.
Tutto ciò avviene nel silenzio e nel disinteresse del mondo intero forse perché gli abitanti del Sudan e del Darfur sono neri.

India e Pakistan

ll breve conflitto tra India e Pakistan deriva dalle dispute irrisolte sul Kashmir che ha portato a guerre e alla definizione di una linea di demarcazione temporanea, che è diventata la Linea di Controllo, dopo il cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite nel 1949. Da allora le dispute sono state frequenti perché nel territorio assegnato all’India nascono i fiumi che alimentano la regione e sono essenziali per la vita nel territorio pakistano, particolarmente arido: da qui i continui conflitti.
Elemento significativo dell’ultimo conflitto è l’uso da parte del Pakistan di armamenti cinesi che si sono rivelati particolarmente performanti e capaci di abbattere il Mirage francesi ,dei quali l’India si è dotata. È la prima volta che le moderne armi messe a punto dalla Cina sono state sperimentate in battaglia e hanno avuto la possibilità di mostrare la loro efficacia, preoccupando gli Stati Uniti.

La Redazione