La Francia sta vivendo una delle più complicate e contraddittorie crisi della storia della Quinta Repubblica. La crisi del macronismo ha gettato nel caos il paese, al punto che oggi oltre un francese su due vorrebbe le dimissioni anticipate del Presidente.
Questo perché Macron è ormai un uomo finito, screditato sul piano internazionale per la sua politica estera.
Durante il suo mandato la Francia ha visto dissolversi ciò che restava dell’Africa francofona, mentre i governi da lui nominati, stavano a guardare e per l’appoggio alla guerra di Ucraina che il popolo francese non vuole. Va dato atto a Macron il merito di aver tentato di aprire un canale di dialogo con Putin, ma è anche vero che poi è finito tra i “volenterosi” subordinandosi alla politica inglese. Sul piano interno è responsabile di una politica fallimentare che sta portando al declino economico la Francia. Il debito pubblico supera i 3.300 miliardi di euro e vale il 114% del Pil, con un rapporto deficit/Pil stabilmente sopra al 5%.
Per porre rimedio alla complicata situazione economico-finanziaria del paese, Macron aveva pensato di varare una riforma delle pensioni che unificava il sistema pensionistico, abolendo alcune guarentigie delle quali godevano le categorie che svolgono lavori usuranti, innalzando l’età pensionabile. Di questa riforma ha fatto una specie di vessillo, di simbolo di un percorso progressiva di riforma del Welfare transalpino.
Ha ingaggiato così un braccio di ferro con l’opinione pubblica francese, con i sindacati, che hanno risposto con una mobilitazione generale che ha visto una partecipazione oceanica durata delle settimane e con scioperi durissimi. Ciò malgrado il Presidente ha deciso con un colpo di mano permessole dalla Costituzione di bypassare il voto parlamentare e di far approvare lo stesso il provvedimento. Questa scelta ha scatenato la crisi istituzionale e a soprattutto creato le condizioni perché si creasse un’alleanza di sinistra che ha messo in crisi il governo.
Lo scioglimento anticipato delle Camere, voluto da Macron, e l’anticipazione delle elezioni parlamentari, non hanno risolto il problema, polarizzando la situazione politica facendo sorgere due contrapposti schieramenti a destra e a sinistra, con il risultato di ridurre ancora la portata del centro macroniano e dalla destra gollista superstite (Les
Républicains). In questa situazione non gli è stato possibile riuscire a trovare una maggioranza di governo stabile per ben quattro volte.
Oggi incaricato di fare il Primo è Monsieur Le-cornu, come dicono sorridenti nelle strade e nelle piazze i francesi che protestano per le politiche del governo.
Costui è il più giovane ministro tra quelli nominati da Macron e già al primo impatto con il Parlamento non ha avuto la maggioranza richiesta. Dopo il reincarico ricevuto da Macron è riuscito a spaccare la sinistra che chiedeva le dimissioni anticipate di Macron e che si andasse subito ad elezioni del nuovo Presidente della Repubblica. Il Primo
ministro ha approfittato delle divisioni all’interno del blocco di sinistra e ha persuaso i socialisti a garantire la non censura al suo nascente esecutivo ottenendo in cambio la sospensione dell’entrata in vigore della riforma delle pensioni, spaccando con la loro scelta il fronte di sinistra. Contro questa soluzione si sono schierati la France insoumise, i Verdi a gli altri partiti di sinistra.
La destra da parte sua ha continuato a chiedere le elezioni presidenziali e lo scioglimento della Camera.
Per capire quale orientamento abbia il governo di Le-cornu basti citare quando ha dichiarato la ministra delle Finanze pubbliche della Francia Amélie de Montchalin sulle priorità del governo: “Abbiamo bisogno di più militari più poliziotti e gendarmi, ma meno insegnanti“, come a dire se vogliamo governare non ci servono francesi istruiti perché è
più facile governare gli stupidi; evidentemente la Meloni ha fatto scuola.
Bisognerà verificare la tenuta di questo accordo nelle prossime settimane e molto si giocherà sui contenuti della legge di bilancio che Le-cornu deve presentare tra novembre e dicembre. Considerata l’instabilità economica e finanziaria dominante e la frammentazione del quadro politico parlamentare, la legge di bilancio non potrà che essere molto meno ambiziosa di quella tratteggiata da Bayrou di 43 miliardi e che prevedeva tagli sia attraverso la riforma delle pensioni che del welfare.
Il governo Le-cornu sceglierà probabilmente una soluzione alla Meloni, varando una finanziaria ridotta all’osso pur di dare al paese un un budget di cui disporre. Sarà di fatto un esecutivo di transizione in vista del voto delle elezioni municipali previsto per il marzo 2026 i cui risultati faranno da introduzione alla campagna elettorale per le presidenziali del 2027. Si vorrebbe così che qualsiasi minima ipotesi di riforma, entrasse nella corsa all’Eliseo e fosse affrontata in maniera seria.
Questa strategia politica, adottata da Macron e Le-cornu sposta a dopo l’aprile 2027 ogni problema: c’è da chiedersi se la Francia, il suo sistema economico e politico, reggeranno per tutto questo tempo. Il governo Le-cornu si caratterizzerà, una volta dato al Paese un budget, come esecutivo di tregua in vista delle elezioni municipali di marzo
2026 e delle elezioni presidenziali del 2027. Sarà interessante verificare fino a che punto l’elettorato premierà questa scelta del partito socialista e come la rottura di fatto dei socialisti con il fronte di sinistra si rifletterà sulla scelta del candidato Presidente.
Al momento la sinistra considera Raphaël Glucksmann il miglior candidato possibile, ma i socialisti lo appoggeranno oppure esigeranno che il candidato venga selezionato attraverso primarie aperte, da svolgersi prima della formalizzazione di una candidatura. A sinistra i probabili candidati sono tanti e tra questi l’ex Presidente Hollande, riapparso sulla scena politica; i prossimi sei mesi saranno determinanti per capire se la gauche può giocarsi qualche possibilità di avere un candidato al ballottaggio presidenziale.
Potrebbe succedere che oltre al candidato di destra che sarà certamente espresso dal Rassemblement National vi sia la candidatura Edouard Philippe che dopo il fallimento del suo governo ha fatto di tutto per prendere le distanze dalle posizioni di Macron, ma che aspira ad esserne di fatto l’erede.
Quel che è certo è che gli anni del mandato di Macron si chiudono con un bilancio disastroso per la Francia, che esce indebolita, screditata sul piano internazionale, economicamente disastrata e con una crisi sociale alle porte a causa delle politiche di austerità che le saranno imposte, con un deficit di bilancio aggravato dalle spese,che il governo attuale fa di tutto per nascondere, sostenute per il finanziamento della guerra in Ucraina e di quelle che saranno necessarie per il riarmo.
G.C.