Il 28 Settembre inizia una tornata di elezioni regionali che nell’arco di alcuni mesi coinvolgerà ben 7 Regioni Puglia, Calabria, Campania, Marche, Toscana, Veneto e Valle D’Aosta. Benché non si tratti di elezioni politiche la scadenza viene vista come un’occasione per mettere alla prova la capacità di tenuta del Governo, ma, stante la
posta in palio, le indicazioni che potranno essere ricavate dal voto degli elettori sono sicuramente fuorvianti. Al momento sembra che quattro Regioni dovrebbero andare ad una maggioranza di centrosinistra, due al centrodestra e la settima, la Val d’Aosta, presenta incognite dovute alla presenza di formazioni politiche etnico-linguistiche.
Nelle Regioni attualmente governate da giunte di sinistra il personale politico di governo si presenta come espressione di lobby consolidate che operano per difendere interessi ben definiti e consolidati, rigorosamente rappresentati col bilancino all’interno delle liste e delle candidature proposte. Nulla dovrebbe cambiare e le opposizioni sono relegate ad un ruolo di testimonianza, benché godano del sostegno del Governo centrale che riesce soltanto a fatica a concedere qualche favore sul territorio e a guadagnarsi quindi in tal modo un maggiore consenso. Appare invece contendibile la Presidenza della Regione Marche contesa tra il proconsole meloniano Francesco Acquaroli e l’ex renziano Matteo Ricci, tecnocrate abile e accorto. Il degrado progressivo dell’economia regionale delle Marche, in gran parte dovuto alla congiuntura internazionale, lo stato disastroso della gestione del servizio sanitario regionale, invece attribuibile direttamente all’attuale governatore sono temi che dovrebbero fare da volano a una vittoria elettorale della “sinistra” e dar luogo ad un cambio di mano nella gestione regionale che navigherebbe verso precedenti e consolidati equilibri politici ed interessi.
Sembra essere diventata contendibile anche la Calabria il cui Presidente Roberto Occhiuto (FI) ha dato le dimissioni, convocando contestualmente nuove elezioni. Intende in questo modo rispondere alle indagini per corruzione delle quali è oggetto sottoponendosi al lodo degli elettori Alla sua candidatura la sinistra contrappone quella dell’ex Presidente dell’INPS Giuseppe Tridico, del quale ad oggi si ignora il programma in una Regione che svolge oggi un ruolo chiave perché sul suo territorio stanno per riversarsi gli investimenti legati alla devastante costruzione del fatidico ponte sullo stretto, e questo mentre dal 2014, secondo i dati ISTAT, la popolazione residente in Calabria diminuisce in modo continuo e accelerato. “Non si tratta più soltanto di una “perdita di giovani” compensata dalle nascite, ma di un saldo naturale negativo, con più morti che nati. Prima, l’alta natalità attenuava gli effetti dell’emigrazione; dopo il 2014, il
crollo delle nascite e l’invecchiamento hanno reso lo spopolamento un fenomeno strutturale e visibile anno dopo anno”.
(S. Barresi, https://www.lanuovacalabria.it/spopolamento-e-rassegnazione-la-lenta-scomparsa-della-calabria). Occorre mettere a punto politiche di investimento che consentano lo sviluppo locale, costruendo una filiera che emetta a frutto le capacità produttive agricole locali, ne commercializzi i prodotti, creando opportunità ed occasioni di vita e di lavoro. Si può affrontare il problema del ripopolamento della regione proponendo il suo ruolo di accoglienza, ben rappresentato dal modello Riace, che ha portato all’insediamento sul territorio di numerose attività artigiane e al reinsediamento e all’integrazione di popolazioni migranti.
Ma malgrado ogni sforzo la sinistra non riesce a proporre un candidato credibile e alternativo per il Veneto, Regione sulla quale pensa all’ipoteca della presenza del governatore Zaia che, benché uscente e ineleggibile, continua a condizionarne la vita politica in quanto collettore degli interessi regionali consolidati.
Il governo politico del paese
Il probabile esito positivo delle elezioni regionali non deve e non può far pensare che l’opposizione abbia maturato capacità di governo e sia in grado di mettere in discussione la maggioranza politica che governa il paese. Essa è del tutto priva di un programma di governo, di parole d’ordine, di temi sui quali mobilitare l’elettorato, di programmi relativi all’economia e di proposte per superare le diseguaglianze profonde che scavano solchi incolmabili nella società.
Che dire poi delle posizioni In politica estera Rispetto alle quali L’opposizione si distingue per la voce flebile che è in grado di esprimere nel condannare il genocidio palestinese e per l’incapacità di imporre al governo di prendere le distanze dalle posizioni criminali dell’entità ebraica, lasciandosi ingabbiare dalle facili e farisaiche accuse di antisemitismo, che in realtà nascondono una consonanza con le politiche con dello Stato d’Israele che si ritiene stia facendo il lavoro sporco per conto dei nuovi nazisti.
Ma più grave e soprattutto gravida di conseguenze è la posizione assunta dalla sinistra a proposito della guerra d’Ucraina nel perseverare nel sostegno del governo di Kiev, sacrificando gli interessi dei popoli europei e dissanguando le risorse finanziarie degli Stati d’Europa e il loro welfare, per finanziare uno sforzo bellico perdente e inutile, che più che difendere l’indipendenza nazionale ucraina, si battono per affermare un nazionalismo becero e lurido, razzista e xenofobo che minaccia di inquinare le contrade d’Europa e compromettere il futuro dei popoli europei.
Da sempre il sostegno alla guerra da parte dei partiti della sinistra ha portato con sé la sconfitta e soprattutto all’incomprensione da parte dei propri elettori, i quali sanno bene che nelle guerre a morire sono i proletari, i figli del popolo.
La Redazione