La morte di Jorge Mario Bergoglio, assurto al trono di Pietro con il nome di Francesco, ha suscitato commozione e partecipato dolore da parte di molti per le sue qualità umane e l’interesse delle diverse parti politiche che hanno posto l’accento su quegli spetti del suo pontificato relativi alle tematiche a loro più congeniali, mettendo in atto una disgustosa opera di sciacallaggio per attribuirsi il consenso che lo circondava. Il fatto è che Jorge Mario Bergoglio, oltre che un Papa, era un fine politico: pertanto le sue posizioni e azioni, per essere comprese e capite, meritano un’analisi ragionata.
Il Papa è un sovrano assoluto che governa un organismo complesso – la Chiesa cattolica – a carattere multinazionale sparso per tutti i continenti, che si ritiene depositario del compito di curare non solo la salute delle anime dei fedeli, ma anche di indicare loro le migliori scelte di vita, attraverso la gestione oculata di un catalogo di valori dei quali si ritiene custode e depositario. Per questo motivo il cattolicesimo si è fatto carico di mettere a punto, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la dottrina sociale della Chiesa, la quale contiene i principi che dovrebbero guidare il giusto governo degli Stati per una migliore gestione della società e al fine di prevenire il conflitto sociale. Bergoglio è stato uno di questi Papi che ha svolto un ruolo importante, oseremmo dire fondamentale, per rivedere ed aggiornare la dottrina sociale della Chiesa e la sua visione del mondo e conferire all’azione politica del sovrano che gestisce la Chiesa universale cattolica un ruolo propulsivo nel promuovere le esigenze, i bisogni, le necessità, del Sud del mondo, della parte più povera e deseredata del pianeta, degli ultimi, consapevole che la mancanza di equilibrio nella distribuzione delle
ricchezze non solo all’interno degli Stati ma tra gli Stati è la prima causa del disordine nella gestione delle società e al tempo stesso può produrre il crollo di ogni istituzione di governo, la guerra, violando l’ordine sociale, il cui mantenimento, che è uno degli obiettivi della Chiesa, compito che in altri tempi avremmo con molta chiarezza definito come il contenimento della lotta di classe e la sovversione delle istituzioni di dominio. La dottrina sociale della Chiesa si fa sostenitrice della collaborazione tra capitale e lavoro, predicando un uso oculato delle ricchezze, il diritto ad un salario “parco ma giusto”, il superamento delle disuguaglianze, opponendosi a quella politica di sfruttamento che il defunto pontefice definiva “degli scarti.” Da qui la solidarietà verso i migranti, i poveri, i diseredati, e le politiche di rapina di un capitalismo e un mercato senza regole che non accetta limiti alla proprietà privata che invece, per la dottrina sociale della Chiesa, deve mantenere il suo fine sociale.
La sua formazione politica peronista lo ha indotto ad adottare una strategia e compiere scelte di politica internazionale coerenti con la visione propria di questo movimento, continuamente rivedendola e aggiornandola e al tempo stesso piegandola alla dottrina sociale della Chiesa, mettendo in atto un innesto di analisi dei nuovi scenari politici
e sociali che caratterizzano il mondo globalizzato. Bergoglio ha constatato la fine della globalizzazione e il sorgere del multipolarismo approcciandosi ai tentativi di rinascita degli imperi, considerandoli tutti sullo stesso piano, senza preferirne alcuno. Solo così Bergoglio ha potuto coerentemente opporsi alla teologia della liberazione, sostenendo
nell’America Latina che esistesse un’altra via verso l’emancipazione delle classi diseredate delle popolazioni e l’affrancamento dall’imperialismo americano, una via che ha camminato in modo parallelo con molti movimenti di sinistra del continente Latina americano. Questa scelta strategica ha consentito al gesuita Bergoglio di condurre e vincere il confronto con coloro che erano stati conquistati dalla teologia della liberazione e dalla ibridazione con ipotesi e strategie marxiste, combattendo al tempo stesso una battaglia coerente contro le penetrazioni e i delitti dell’imperialismo statunitense nell’America Latina, il diffondersi delle sette protestanti evangelicali sia in America Latina che in Africa, costruite e messe a punto dalla CIA e dai servizi segreti statunitensi attraverso multiformi strumenti di finanziamento e di penetrazione economica e culturale.
Per condurre questa battaglia Bergoglio ha acquisito quelle conoscenze di analisi sulle problematiche del creato che hanno permesso al suo pensiero di arricchire la dottrina sociale della Chiesa di una visione che tenesse conto di problemi come la crisi climatica, quella demografica, il crescente disagio delle popolazioni del Sud del mondo, ponendo l’attenzione e valorizzando le culture dei popoli indigeni, una volta assunta la carica di pontefice, dedicando attenzione estrema ai problemi della pace, emersi come la vera e profonda ragione di crisi di questa fase storica. Questo background gli ha acconsentito di mettere a punto la “Laudato sii”, condensando l’aggiornamento della dottrina della Chiesa in un documento che costituisce un’indubbia testimonianza della profondità e della modernità del pensiero sociale cattolico.
Bergoglio è il depositario di un pensiero politico complesso soprattutto sul piano dottrinale e teorico che merita un’attenta analisi e per il quale occorre uno spazio certamente maggiore di quello disponibile in questa sede.
Il Papà re
Ma Bergoglio è stato anche il sovrano assoluto dello Stato Città del Vaticano, nonché sommo pontefice, e come tale ha dovuto governare la Chiesa in un momento difficilissimo della sua storia dopo che un Papa criminale, nonché santificato, aveva ordito i più loschi rapporti economici pur di finanziare i sindacati polacchi contrari a regime, e un ex giovane soldato della wehrmacht aveva predicato la guerra culturale all’islam. Gli storici, riesaminanti i documenti, ci diranno probabilmente che in questo suo compito ha svolto un lavoro eccellente, mettendo fine alle speculazioni dello
IOR, la cui direzione è stata ristrutturata e affidata ad un gesuita di sua fiducia, limitando le speculazioni in campo finanziario della Santa Sede, sottraendo la Chiesa di Roma alla dipendenza dal sostegno finanziario del clero tedesco, combattendo la lobby sostenitrice di una politica comprensiva verso la pedofilia di molta parte del clero.
Il suo terzomondismo lo ha portato a schierarsi risolutamente contro molta parte del clero del Nord America, inquinato da influenze provenienti dalla “teologia della prosperità,” propugnata dal protestantesimo nordamericano.
Questa scelta si è concretizzata in una profonda ristrutturazione del Collegio cardinalizio con la nomina di cardinali provenienti dalle più remote diocesi del mondo, tanto che oggi questa è la componente maggioritaria che caratterizza il Conclave che dovrà leggere il suo successore. Piuttosto che valorizzare il ruolo delle grandi città, delle grandi e ricche diocesi, depositarie del potere cardinalizio, Bergoglio ha privilegiato le periferie, potenziato ruoli e funzioni delle Conferenze episcopali che hanno assorbito sempre più funzioni e poteri tanto che oggi la Chiesa cattolica è
un organismo articolato e decentrato sui territori soprattutto nel Sud del mondo, che costituisce il principale bacino di crescita non solo di fedeli, ma soprattutto del nuovo clero, posto che le vocazioni sacerdotali nel vecchio continente e nel Nord America sono in caduta liberà. L’evolversi della situazione politica internazionale ha valorizzato il ruolo delle Conferenze episcopali che sono cresciute in competenze anche rispetto ai compiti della Curia, decisamente ridimensionata, prendendo così atto dell’evolvere delle dinamiche di relazioni tra gli Stati e le Chiese nazionali. Così si spiega la diminuzione del numero dei Congestori che si riverbera nelle mancanze di conoscenza tra i cardinali provenienti dalle diverse parti del mondo.
Da grande comunicatore Bergoglio, ha rinnovato l’immagine della Chiesa, sottoponendo a regole trasparenti la vita del clero, ha rafforzato e coltivato i rapporti e il confronto con il mondo laico, con la cultura, adottato una politica intelligente di rapporto con i media, non dimenticando mai di ribadire e ritornare su quelli che egli considerava gli assi portanti della sua attività di pontefice, oltre naturalmente all’attività pastorale: la tutela degli ultimi, la lotta per la pace.
Il ruolo geopolitico
La lotta contro le guerre ha assorbito la gran parte delle forze e delle energie di questo Papa. Oggi gli analisti e i politici anche se schierati sulle posizioni più diverse riconoscono l’intuizione di Bergoglio nell’individuare quella che egli ha definito la terza guerra mondiale a pezzetti. Nel nuovo equilibrio multipolare il capo della Chiesa cattolica non ha fatto differenze tra i diversi imperi, combattendo e contrastando alla pari tutti i contendenti, anzi cercando e coltivando la stabilizzazione di rapporti con quelli più lontani dalla Santa Sede come la Cina.
Il pontefice non ha perso occasione per pronunciarsi contro tutte le guerre, anche quelle più remote e dimenticate, e ha fatto sentire con forza la sua condanna verso quando sta avvenendo a Gaza. Ha avuto il coraggio di definire genocidio quello del popolo palestinese, pur non negando le responsabilità delle azioni di Hamas. Questa sua posizione si è tradotta in una ostilità palese nei confronti dello Stato sionista che si è riverberato nelle mancate condoglianze per la sua morte per ordine di Netanyahu. La sua presa di posizione è stata tanto chiara e inequivocabile che chiunque sia il futuro
pontefice difficilmente potrà recedere da questa condanna.
Più articolata è stata la posizione assunta nei confronti del conflitto ucraino del quale ha individuato con lucidità e chiarezza le cause e rispetto alla quale la sua azione, anche se apparentemente inefficace, ha avuto l’effetto di dare soluzione al ritorno dei bambini trasferiti in Russia e al ricongiungimento delle famiglie come nello stabilire le procedure
per la restituzione delle salme e lo scambio di prigionieri; procedure che sono diventate consuete e ripetute. Nel compito di promuovere la pace quella di Bergoglio è stata l’unica voce nella politica internazionale che con chiarezza e coerenza, fin dall’inizio del conflitto, ha proposto le trattative per un cessate il fuoco e per addivenire ad una pace tra le parti. In particolare questa posizione ha portato il pontefice a contrapporsi soprattutto all’operato dei governi guerrafondai europei, retti da una classe politica sciocca e inetta, che ha evitato di proporsi per una tregua e per la pace, preferendo schierarsi per una guerra vittoriosa contro la Russia.
Non vi è dubbio che la morte di Bergoglio lascia un vuoto, anche e soprattutto sul piano politico per tutti coloro che guardano alle trattative di pace come la sola soluzione possibile dei conflitti e non vi è dubbio che a molti mancherà il Bergoglio che lungi da limitarsi alle prese di posizione e agli appelli, passava i fatti con il sostegno concreto all’ONG Mediterranea dedita alla salvezza dei migranti o inviando il suo elemosiniere personale a sostenere le famiglie occupanti di uno stabile a Roma, riallacciando personalmente l’energia elettrica allo stabile occupato. Su queste linee di azione
prima che politiche Bergoglio ha lottato per unificare e indirizzare l’azione della Chiesa cattolica e convenire ad essa una missione di pace nel mondo.
Gianni Cimbalo