Mattanza ucraina

La mattanza ucraina, iniziata a piazza Maidan nel gennaio-febbraio del 2014, dopo aver attraversato diverse fasi, ancora oggi miete le sue vittime, semina il paese di morti. di sangue, di rovine, frutto di in una guerra fratricida della quale non si vede la fine. Con il pesare degli anni il conflitto si è intensificato ed è diventato più complesso, nuovi attori sono entrati in campo e la guerra da civile si è trasformata in guerra tra Stati che oggi minaccia ti deflagrare nel terzo conflitto mondiale, questa volta nucleare e definitivo.
In conseguenza della crisi politica apertasi nel paese gli oblast orientali di Lugansk e di Donnesk dichiararono la secessione, vedendo la loro economia stritolata dalla concorrenza delle industrie occidentali alle quali venivano aperte le porte. Contemporaneamente la Russia riprendeva il controllo sulla Crimea che dal 1956, pur essendo territorio russo, era stata affidata amministrativamente all’Ucraina, allora Repubblica federata dell’URSS.
Le parti avevano di fatto violato il memorandum di Budapest nel 1992 con il quale si procedeva alla denuclearizzazione dell’Ucraina che contemporaneamente si impegnava a mantenere una posizione intermedia, non aderendo né al blocco occidentale né a quello russo e la Russia da parte sua si impegnava a rispettare l’integrità territoriale dei confini tra gli Stati. Negli anni lo scontro continuava con fasi alterne fino a giungere alla convocazione delle conferenze di Minsk, chiamate a risolvere la crisi; nel frattempo la guerriglia continuava nelle province orientali condotta da formazioni paramilitari volontarie che cercavano di reprimere la rivolta popolare. Intanto in Ucraina, mentre sotto la presidenza Poroshenko l’influenza occidentale cresceva, l’intelligence statunitense e britannica addestrava segretamente l’esercito dei volontari ucraini da inviare in Donbass e la Russia sosteneva i separatisti con armi e truppevolontarie. [1]
L’elezione di Vladimir Zelensky alla Presidenza della Repubblica sembrava aprire una nuova era e in effetti tentativi venivano messi in atto per intavolare delle trattative e risolvere i problemi con un negoziato, ma intanto, a partire dal 2019, un altro potente attore era entrato nel conflitto. Il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, antagonista del
Patriarcato di Mosca a livello globale, aveva promosso la formazione di una Chiesa ortodossa scismatica, riconoscendola e concedendole l’autocefalia, con l’intento di sottrarre le eparchie ortodosse ucraine alla Chiesa ortodossa del Patriarcato di Kiev, afferente al Patriarcato di Mosca: era in gioco l’egemonia sull’ortodossia ! e Così accanto al conflitto di carattere politico se ne apriva un altro di carattere religioso, radicale e profondo, sul quale chi cerca le cause del conflitto ucraino tace. [2]
Il 22 febbraio 2021 Vladimir Putin rompeva gli indugi e dava il via alla cosiddetta operazione speciale, mettendo in atto un fallimentare tentativo di invasione sulla direttrice della capitale, confidando nel crollo del regime e in una sollevazione a suo favore della popolazione. Le troppe russe incontravano una resistenza sempre più decisa non solo da
parte dell’esercito di Kiev, segretamente addestrato dalla NATO, ma anche da parte della popolazione.
Chiuso nelle mura del Cremlino il leader russo poco conosceva dei mutamenti nella composizione della popolazione di quella parte del paese che negli anni si era fortemente occidentalizzata, sotto la spinta di un’attenta ed oculata propaganda dei paesi occidentali. Ignorava la concentrazione di interessi costituitasi intorno ad un potente gruppo di oligarchi ucraini legati alle multinazionali e intenzionati a collocare sul mercato internazionale la produzione agricola del paese, procedendo alla acquisizione delle proprietà statali messe in vendita, questione che già a partire dal 2019 aveva costituito terreno di scontro tra il governo e gli agricoltori medi e piccoli, portando poi alla vittoria gli oligarchi proprietari terrieri che avevano acquisito il controllo politico ed economico di questa trasformazione. Si aggiunga che le attività produttive localizzate nella parte occidentale e centrale del paese avevano mutato fornitori di materie prime, approvvigionandosi sul mercato occidentale, invece che dipendere dalle forniture provenienti dalla Russia e avevano
cominciato ad acquisire tecnologia occidentale, soprattutto nel settore legato alla logistica e al commercio di cereali, gravitanti sul porto di Odessa e sul mercato dell’Europa centrale.
Sul piano militare la fornitura di armamento moderno al piccolo esercito ucraino costituito da volontari e da elementi professionali consente al paese, sotto la guida di una classe politica che regge lo scontro, di respingere l’invasione dell’occidente facilitano la conversione della sua economia in quella di guerra. Da allora le direttrici dell’attacco russo Con la lentezza tipica della sua macchina bellica la Russia ristruttura l’intervento militare, mentre le sanzioni ucraino, mentre la macchina bellica russa lavora incessantemente su tre turni per supplire ai fabbisogni dell’esercito al fronte. Anche Kiev è costretta a ricorrere alla mobilitazione obbligatoria, ma mentre la Russia può insistere su un bacino di una popolazione che consta di 144 milioni, per effetto degli ingessanti bombardamenti, delle fughe dal paese, delle vittime del conflitto, l’Ucraina dispone oggi sulla carta di meno di 30 milioni di abitanti, molti dei quali inabili ed è all’Ucraina sono radicalmente cambiate e l’intervento si concentra sugli oblast orientali del paese. L’esercito russo sembra lentamente e metodicamente puntare al corso del Dnipro come confine naturale tra i due paesi.
Dopo due anni e mezzo di guerra, la Russia ha mobilitato più di un milione di uomini da riversare sul terreno impegnata a sostenere lo scontro in una guerra di trincea su un fronte di 1.000 km che percorre tutto il paese da nord a sud.

Un paese distrutto e diviso, uno Stato inesistente

Gli incessanti bombardamenti ai quali l’Ucraina è sottoposta hanno distrutto larghissima parte della sua struttura industriale e produttiva, hanno raso al suolo le infrastrutture energetiche, dissolto l’organizzazione sanitaria, minato profondamente quella scolastica, polverizzato i servizi, e soprattutto annientato il bilancio dello Stato che dipende totalmente dai finanziamenti erogati dagli alleati occidentali, Stati Uniti e Unione europea, che provvedono non solo al pagamento delle armi, ma a tutti i fabbisogni del paese, a cominciare dal sistema pensionistico, per provvedere agli approvvigionamenti alimentari. A fare periodicamente la questua provvede l’elemosiniere Zelensky che ad ogni discorso
e ad ogni intervento estorce finanziamenti all’occidente ricordandogli di star conducendo una guerra per procura, in difesa dell’occidente. Nell’economia di guerra gli oligarchi che l’hanno finanziato eleggendolo hanno modo di arricchirsi ulteriormente, mentre quella parte di popolazione che è rimasta nel paese acquisisce con rapacità i beni di coloro che hanno scelto o hanno dovuto abbandonare il paese: la corruzione e i profitti di guerra la fanno da padrone Non solo, ma accanto alla guerra tra Stati è in corso una guerra interna, condotta senza esclusione di colpi, dal clero della Chiesa scismatica che da l’assalto a beni, chiese e monasteri, attività economiche e terreni, appartenenti alla Chiesa ortodossa canonica, accusandola di essere legata a Mosca. Approfittando dalle maglie offerte dal diritto canonico ortodosso che conferisce ai fedeli la proprietà dell’edificio di culto, le chiese ancora appartenenti a quella ortodossa canonica vengono invase da nazionalisti, legati agli scismatici. Costoro, dichiarando di essere fedeli che utilizzano quell’edificio di culto ne approvano il passaggio agli scismatici mentre le amministrazioni locali asseverano la legalità della procedura di afferenza alla Chiesa scismatica. I provvedimenti delle autorità amministrative provvedono poi ai trasferimenti di proprietà, realizzando una rapina a danno della libertà religiosa dei fedeli, nonché della Chiesa canonica, con buona pace della libertà religiosa. In tal modo dall’inizio della guerra ben 35° chiese e decine di monasteri hanno
mutato proprietà. Pur essendo evidenti le ragioni economiche e politiche di questa operazione il fine è quello del controllo sociale da stabilire sulla popolazione prova ne sia che è accompagnato dalla soppressione dal calendario dei santi di quelli di origine
russa, al mutamento delle feste (natale il 25 dicembre, invece che il 7 gennaio come vorrebbe la tradizione ortodossa), dal mutamento dei nomi delle vie delle piazze, dal divieto di rappresentazione e di studio, con conseguente distruzione, dei libri di autori russi, anche di quelli appartenenti alla letteratura classica del paese.
Il massimo impegno viene dedicato a costruire un’identità ucraina spesso inesistente, riscrivendo la storia e cercando di imporre una narrativa antirussa degli eventi, volta a scavare un fossato incolmabile fra i due popoli. Si sostiene che è in atto nel paese una forma di decolonizzazione che riguarda gli aspetti religiosi e spirituali, quelli culturali, quelli storici, che dovrà portare il paese ad ancorarsi ai valori occidentali, che peraltro vengono di fatto calpestati e negati a partire dalla libertà di culto e di pensiero. Qualunque sia l’esito militare della guerra, l’identità del paese, la sua anima profonda ne uscirà distrutta

Le ragioni della pace

Intanto il massacro continua e il governo di Kiev è costretto alla leva obbligatoria, chiamando alle armi le persone fino ai 27 anni, prolungando la leva a tempo indefinito, provocando fenomeni di diserzione di massa da parte di coloro che si rifiutano di scendere in guerra e si danno alla latitanza. Sempre più numerosi sono le persone travolte dai fiumi in piena in questa stagione che cercano di attraversare i confini verso l’Ungheria o verso la Romania per sottrarsi alla chiamata alle armi. Questo mentre gli ucraini rifugiatisi all’estero e richiamati alle armi si rifiutano di rientrare a combattere e perciò si vedono sospesi i servizi dagli uffici consolari.
Eppure le condizioni per addivenire ad un cessate il fuoco e alle trattative di pace c’erano tutte già all’indomani dello scoppio delle ostilità tra i due paesi. Durante i colloqui di Istanbul, il cui contenuto è stato rivelato da riviste specializzate e da ultimo dal New York Times, un piano di pace era stato messo a punto dalle parti e prevedeva il riconoscimento dell’annessione della Crimea, la neutralizzazione dell’Ucraina, la sua possibilità di adesione all’Unione europea, il referendum entro qualche anno e sotto il controllo ONU negli oblast orientali sulla loro volontà di restare nel paese o di aderire alla Russia .
Ad impedire che ciò avvenisse fu il ministro degli Esteri inglese Johnson, il quale si recò a Kiev per imporre il rifiuto della firma, sostenendo che fosse possibile vincere la guerra contro la Russia. A spingere il politico britannico, che fortemente questa guerra aveva voluto, era il fatto che ancora l’obiettivo principale del conflitto non era stato conseguito.
Esso era costituito dalla messa in ginocchio dell’economia europea e in particolare della Germania. Per l’Inghilterra e gli Stati Uniti era di importanza essenziale ridurre la competitività dell’apparato produttivo ed industriale europeo, accrescendo i costi di approvvigionamento dell’energia. Per raggiungere questo risultato era necessario recidere il cordone energetico che legava la Russia all’Europa e quindi distruggere il Nord Stream due, infrastruttura avversata in tutti i modi dagli Stati Uniti già prima che entrasse in funzione.
Approfittando della guerra in corso e del pensionamento della Merkel, grande protettrice, insieme a molti altri politici tedeschi, di questo progetto e di questa infrastruttura, che non a caso aveva il proprio terminale tedesco nel Lander della ex cancelliera, si poteva finalmente colpire l’infrastruttura, sabotandola, come è avvenuto. A ciò si aggiunga
l’intenzione occidentale, grazie alle ineffabili strategie messe a punto dallo stolto Stoltenberg, segretario della NATO, di fiaccare la Russia, logorandone l’economia e le risorse, mentre non è da sottovalutare l’obiettivo strategico, poi conseguito, di sfruttare la paura derivante dall’intervento militare russo in Ucraina per spingere i paesi europei ancora esterni alla NATO ad aderirvi.
Peccato che a pagare il prezzo di tutto questo siano i popoli ucraino e russo indotti a dilaniarsi sui campi di battaglia e a lasciare le loro vite a marcire nelle trincee del Donbass; peccato che le principali tra le vittime di tutto questo si debbano annoverare i popoli europei costretti a sopportare il costo economico di questa guerra e a veder scomparire le
risorse che sarebbero necessarie per il loro benessere e il loro welfare, con la  conseguenza di vedere avanzate da un lato la povertà in Europa e dall’altro i partiti di destra, che si fanno carico degli interessi nazionali e, di fronte ad una sinistra che
ha perduto la capacità di opporsi alla guerra, guadagnano consensi, spacciandosi per sostenitori della pace.

[1] G. Cimbalo, L’evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiese nella Nuova Ucraina. Alla ricerca dell’Autocefalia, in “Diritto e religioni” 2-2020, pp. 252-304; ID., La guerra Ucraina e la destabilizzazione dei rapporti ecumenici, Coscienza e libertà, 2021, n° 61/62, pp. 135-144
[2] G. Cimbalo, Il ruolo sottaciuto delle Chiese nel conflitto russo-ucraino, in “Diritto e religioni” n. 2 del 2021, pp. 487-512;

G. C.

Bib. generale sulla guerra in Ucraina:
G.L., Putin e Zelensky per noi pari sono, Newsletter Crescita Politica, n. 184, 2024; Il crollo del fronte interno in Ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 180, 2023; Due  considerazioni sull’Ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 176, 2023; I guasti della
guerra ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 170, 2023; Le cause economiche della guerra ucraina, Newsletter Crescita Politica, n. 160, 2023; Guerra in Ucraina: la pista britannica, Newsletter Crescita Politica, n. 158, 2022; L’Ucraina di Zelesky prima di Putin,
Newsletter Crescita Politica, n. 158, 2022; Il questuante e il dittatore, Newsletter Crescita Politica, n. 183, 2024