GAZA

Il popolo di due milioni di persone si aggira disperato tra le rovine di Gaza e vede quelli più fragili, soprattutto donne e bambini, morire di fame e di inedia. La situazione è così disperata e la fame così grande che il cibo viene ricavato mischiando quel poco che si riesce a racimolare con ciò che mangiano gli animali superstiti, e questo pur di bloccare la fame, di inghiottire qualcosa. Tutto questo avviene mentre al di là di un muro di confine migliaia di camion colmi di derrate alimentari e di beni di prima necessità aspettano di poter entrare nel territorio proibito, dove l’esercito israeliano sta mettendo in atto una mattanza, compiendo scientemente il genocidio di un intero popolo.
Non c’è più acqua a Gaza e quella poca che si riesce a mettere insieme viene mischiata e diluita con quella del mare, in modo da renderla meno salata, il mondo da impedire che i corpi si disidratino completamente dando da bere agli assetati.
I macellai sono i soldati dell’esercito di uno Stato sedicente “democratico” che colpiscono indiscriminatamente donne e bambini inermi, accecati dall’odio e dal dolore di un precedente eccidio, compiuto con altrettanta determinata ferocia, dall’odio che solo una diversa appartenenza religiosa può alimentare, in modo così profondo e radicale, anche se le

ragioni profonde del contendere sono in realtà più materiali e riguardano il possesso esclusivo della terra sulla quale vivere, rivendicato egualmente da due popoli, indotti ad odiarsi malgrado le comuni origini.
Il diffondersi delle malattie è ormai endemico, così come la denutrizione, che ha raggiunto livelli tali da lasciare tracce indelebili, ammesso che si riesca a sopravvivere all’attuale situazione; Questo mentre immagini impietose ci mostrano gli abitanti di Gaza correre come formiche impazzite, mentre piovono bombe e proiettili, o si muore schiacciati
a causa di un paracadute di aiuti alimentari per quanto scarsi che non si è aperto, mentre si cerca di portare aiuti, per quanto scarsi, di alleviare fame e sofferenze dei pochi che riusciranno ad impossessarsene.
Dall’alto, agli aerei in volo, un mare di baracche e di tende improvvisate offre l’immagine desolante della miseria e della dolore di migliaia di persone disperate, come lo furono le nonne e i nonni dei soldati che li bersagliano, chiusi nei campi di concentramento nazisti dell’Europa in guerra o vittime dei pogrom che hanno punteggiato la vita d’Europa. Quei
morti, quegli uomini. quelle donne e quei bambini non erano diversi da quelli di oggi, solo che allora il mondo, incredulo, non volle vederli chiusi nei campi di sterminio, avviati alle camere a gas, destinati alla morte senza ragione alcuna, mentre ora li vediamo, la loro immagine ci viene restituita, impietosa, da riprese aeree sul campo.
Domani non potremmo dire di non avere visto, di non sapere, di non essere in qualche modo complici e responsabili per non avere fatto nulla e aver pensato soltanto ai nostri più immediati interessi, indignandoci per pochi droni lanciati sulle navi di passaggio nel Mar Rosso o infastiditi per un funzionamento difettoso di Internet a causa dei cavi tranciati che viaggiano lungo le coste di quello stesso mare e che ci permettono di commerciare e vivere come se niente accadesse, come se la mattanza è in atto non ci interessasse, non interrogasse le nostre coscienze.
Anzi siamo indignati e ci ripetiamo fra di noi che è un diritto proteggersi, che è giusto difendersi, lasciando indifferenti che gli israeliani e palestinesi risolvano la loro disputa fino al reciproco annientamento, permettendo che le popolazioni della Cisgiordania vivano in uno status di apartheid, discriminate, represse, schiavizzate, depredate ogni giorno da chi pretende di colonizzare la loro terra, scacciandole da dove sono sempre vissute, in nome di un comandamento messianico che fa di alcuni il popolo eletto e di altri popoli sottomessi.
Quando sta avvenendo non può riscuotere le nostre coscienze e mobilitarci e indurre tutti noi a mobilitarsi per porre fine a questo scandalo che offende l’umanità, che far regredire gli esseri umani agli albori della storia e della civiltà.
È tempo che la ragione prevalga è che si faccia di tutto per raggiungere immediatamente una tregua e per porre fine al conflitto, restituendo gli ostaggi, ripristinando condizioni di vita umane e accettabili per tutti coloro che vivono in terra di Palestina, siano essi ebrei o islamici, perché non ci sono terre esclusive o sacre ma solo spazi condivisi in nome
dell’appartenenza di tutti all’umanità.

La Redazione