Verso la piccola Bretagna

A due anni dalle elezioni, vinte dal Sinn Fein, partito indipendentista e repubblicano, l’Ulster si avvia ad avere un governo che dovrebbe essere presieduto Michelle O’Neill, vicepresidente del Sinn Fein dell’Irlanda del Nord, per la prima volta nella storia della regione. Accanto a lei, in ogni occasione, Mary Lou McDonald la Presidente del Sinn Fein della Repubblica Irlandese e vincitrice delle elezioni svoltesi nel 2022 nel suo paese.
La crisi si era prodotta all’indomani delle elezioni del 2022 quando gli unionisti del DUP, (Democratic Unionist Party), partito di destra, decisero di uscire dal Parlamento (Stormont) e dall’Esecutivo di Belfast per protestare contro gli accordi commerciali sottoscritti dalla Gran Bretagna con l’Unione europea dopo la Brexit.
La partecipazione del Dup alla formazione del governo in Irlanda del Nord, è richiesta dall’Accordo del venerdì santo, che mise fine nel 1998 a trent’anni di conflitto fra cattolici e protestanti. Il compromesso tra nazionalisti repubblicani e unionisti venne raggiunto con la “condivisione del potere”: L’Accordo stabilisce che il governo dell’Ulster
deve vedere la presenza di ambedue gli schieramenti: pertanto al partito vincitore delle elezioni sarebbe andata la presidenza e a quello di minoranza la vice presidenza, con poteri sostanzialmente uguali.
La paralisi politica ha prodotto l’immobilismo del Parlamento e dell’esecutivo, per cui molti dossier che riguardano la vita quotidiana, come l’educazione e la salute, sono rimasti inevasi, creando forti disservizi nella provincia. La conseguenza è stata che decine di migliaia di impiegati pubblici nordirlandesi sono in sciopero per chiedere l’aumento dei salari come del resto è avvenuto in tutto il Regno Unito.
Ancora i dettagli dell’accordo raggiunto fra unionisti e Londra non sono ancora stati resi noti, ma si ipotizza che contengano chiarimenti e rassicurazioni sulle regole commerciali post Brexit che preoccupano gli esponenti del Dup. Ad adoperarsi per il superamento della crisi è stato il fascistissimo premier inglese Rishi Sunak,. preoccupato per il fatto che il perdurare della crisi accelerasse l’uscita dell’Irlanda del Nord dal Regno Unito e la riunificazione dell’Ulster con la Repubblica Irlandese.
Il governo britannico era sotto stress per la crescita del malcontento, dovuto al fatto che un finanziamento di 3,3 miliardi di sterline (3,84 miliardi di euro), destinato a soddisfare le richieste di aumento delle retribuzioni nel pubblico impiego non veniva versato nell’assenza di un interlocutore istituzionale nord irlandese, dovuto alla mancanza di un
governo. Questa vertenza si inserisce nel contesto di una crisi sociale che sta travolgendo il paese che è scosso da un’ondata di scioperi senza precedenti, iniziati alla fine del 2022 e che sono continuati durante tutto il 2023. Questi scioperi hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone appartenenti a diverse categorie lavorative, come quella degli insegnanti e degli autisti dei mezzi pubblici, e nonostante le specificità legate a ogni settore hanno tutti riguardato i tagli ai servizi pubblici degli ultimi anni e il mancato adeguamento degli stipendi al costo della vita. Particolarmente duri gli
scioperi del settore sanitario. Da marzo del 2023 i medici in formazione hanno scioperato 28 giorni, per un massimo di quattro giorni di fila ogni volta. Le ragioni sono il mancato adeguamento degli stipendi dei medici specializzandi al costo della vita, i tagli alla spesa per la sanità pubblica degli ultimi quattro governi conservatori e l’aumento dell’inflazione, per cui il valore reale delle loro retribuzioni è sceso del 26% fra il 2008 e il 2022. Nelle ragioni dello sciopero vengono però anche menzionati i turni sempre più lunghi e l’aumento fra il personale degli episodi di burnout, la sindrome di
esaurimento psicofisico ed emotivo in ambito lavorativo. Il risultato è il rinvio di 1.200.000 di interventi.

Riunificazione e necessità di un referendum

La situazione politica in Irlanda del nord è particolarmente delicata a causa del fatto che negli ultimi anni è cresciuta la componente cattolica da un punto di vista demografico rispetto a quella unionista. In questo senso il risultato elettorale certifica quando sta avvenendo e segnala una crescita del consenso all’unificazione del paese. È del tutto
evidente che a contribuire a mutare l’orientamento dei cittadini dell’Ulster è stata la Brexit poiché le difficoltà relative al doppio regime doganale per le merci provenienti dal continente dirette all’Irlanda del Nord e al resto del territorio del Regno Unito che la situazione ha prodotto hanno messo in difficoltà l’economia nordirlandese, rivelandosi un danno sia per gli unionisti per i cattolici.
Per giungere alla separazione dell’Ulster dalla Gran Bretagna la strada c’è ed è quella di un referendum che dovrebbe coinvolgere gli abitanti dell’Irlanda del Nord, oggi possibile nel momento in cui le due entità politiche dell’isola sono entrambe governate dal Sinn Fein. Le leader dei due paesi fanno parte del medesimo partito che decide le proprie linee politiche a Dublino e non a Belfast.
Alla luce di quanto sta avvenendo confidiamo che presto vedremo finalmente concludersi un processo di unità e indipendenza nazionale, quella irlandese, che da due secoli coinvolge l’Europa. La trasformazione della Gran Bretagna in piccola Bretagna, tanto più piccola se si guarda alle aspirazioni indipendentiste della Scozia, rimuoverebbe finalmente dal panorama politico europeo il peso e l’influenza di una nazione che ha sempre svolto un’opera divisiva tra gli Stati del continente, individuando nella sua unità politica una minaccia per la sua indipendenza e i suoi obiettivi egemonici e imperiali.

G. L.