La guerra civile esplosa in Sudan si nasconde dietro motivi tribali per impossessarsi di petrolio e oro, ha anche effetti a livello geostrategico e rischia di destabilizzare ulteriormente l’area del Mediterraneo. Per comprendere i motivi del conflitto e analizzarne le possibili conseguenze e opportuno partire dall’analisi della situazione economica e sociale del paese. Occorre altresì ricordare che il paese rappresenta un punto di passaggio importante per larga parte nelle vie di fuga dei migranti dal centro Africa; inoltre, con il suo affaccio sul Mar Rosso offre porti importanti a livello strategico a quelle potenze che vogliono svolgere un ruolo significativo nelle vicende politiche ed economiche africane. Benché il paese sia uno dei più poveri al mondo, tuttavia esso è ricco di risorse minerali minerarie e di petrolio e costituisce una testa di ponte importante per l’insediamento sia cinese che russo in Africa. Ciò malgrado le notizie relative a questo paese sono scarse e anche la rete offre poche e incomplete informazioni sulla sua situazione economica politica e demografica: pertanto è opportuno ricostruire alcuni aspetti e passaggi nodali relativi alla sua storia, al ruolo politico delle forze che vi operano, all’importanza economica delle risorse che il paese offre.
Un paese appendice dell’Egitto
La storia e i destini del Sudan sono intimamente legati a quelli dell’Egitto fin dalla preistoria, quando il paese venne inglobato nell’area di influenza politica e culturale egiziana. La civiltà che vi si sviluppò risente notevolmente dell’influenza esercitata dall’Egitto e, spostando l’attenzione a tempi più recenti, quelli coloniali, va ricordato che il Sudan venne annesso ai destini dell’Egitto attraverso l’estensione al suo territorio del protettorato inglese stabilito sull’Egitto. E tuttavia il Sudan non ha mai accettato supinamente la dominazione straniera perché nell’Ottocento l’islamismo ha dato vita ad un forte movimento nazionalista, guidato da Muḥammad Aḥmad ibn al-Sayyid ʿAbd Allāh ibn Faḥl, detto il Mahdi (1844 –1885) che è riuscito a sconfiggere gli inglesi, espellendoli per molti anni dal paese. Successivamente la Gran Bretagna ha ripreso il controllo del Sudan che solo nel 1956 ha raggiunto l’indipendenza.
Da allora è prevalsa una costante instabilità istituzionale e, come è avvenuto per molti paesi ex coloniali, non è stato possibile dar vita al governi democratici e partecipati, poiché con l’appoggio delle potenze post-coloniali sono prevalse le milizie golpiste di questo o quell’orientamento, in una situazione complicata dal fatto che mentre il nord del paese è prevalentemente abitato da popolazioni islamiche, nel sud prevale il cristianesimo, come effetto di un’azione evangelizzatrice svolta soprattutto dai padri comboniani; si registra inoltre la presenza di popolazioni animiste mentre gli arabi si considerano l’élite del paese.
La scoperta del petrolio nei territori occidentali del Darfur ha fatto esplodere un conflitto per il controllo di questa risorsa, che si è aggiunto a quello tra il nord del paese islamico e il sud cattolico, che dura da ben 40 anni, alimentato dall’interesse a controllare e sfruttare i giacimenti di oro scoperti a sud. Lo scoppio della guerra civile è stato aggravato dal costante tentativo nel governo centrale di imporre la Sharīʿa, a tutto il paese, tentativo ovviamente contrastato dalla componente cattolica che ha chiesto con forza l’indipendenza delle popolazioni del Sud che si ritenevano discriminate dal potere centrale. Da qui la presenza di milioni di sfollati in fuga, costretti a vivere in campi profughi, per le persecuzioni, le distruzioni e le violenze subite.
La complessità della situazione fin qui sommariamente descritta ha reso e rende pressoché impossibile una ricomposizione del conflitto anche se dopo una guerra civile sanguinosa, ancora non del tutto sopita, il sud del paese si è reso indipendente per effetto del referendum svoltosi tra il 9 e il 15 gennaio 2011; un referendum simultaneo si è svolto nella provincia di Abyei per scegliere se far parte del Sudan del Sud o se rimanere nel Sudan. Il 9 luglio 2011, dopo un periodo di prova, è stata proclamata l’indipendenza del Sudan del Sud, subito riconosciuta dal governo di Khartum.
Intanto Omar Ḥasan Aḥmad al-Bashīr è stato riconfermato presidente del Sudan, ottenendo il 68% dei suffragi. Se non che tra il 2018 e il 2019 il paese è stato scosso per mesi da sommosse popolari che hanno portato alle dimissioni del Presidente
Omar Bashir l’11 aprile del 2019 il quale era venuto meno all’impegno di democratizzare il paese, ma aveva iniziato una graduale e timida presa di distanza dall’islamismo integralista e nel corso del 2020 le mutilazioni genitali femminili sono state dichiarate illegali, abolita la pena di morte per omosessualità e apostasia e il divieto di consumare alcolici cancellato (solo per i non musulmani). È stato abrogato l’obbligo del velo per le donne e la fustigazione pubblica.
A settembre 2021 viene sventato un tentativo di golpe, attribuito ai sostenitori dell’ex dittatore Omar Bashir. Dopo una serie di manifestazioni di diverse fazioni, il 25 ottobre 2021 un nuovo colpo di Stato da parte delle forze armate, guidate dal generale Abdel Fattah Avdelrahman Burhan, depone il governo civile e viene siglato un nuovo accordo con le forze armate guidate dal comandante Mohammed Dagalo, capo della Rsf, Forza di Supporto Rapido creata da Bashir per la pulizia etnica dei non arabi in Darfur: i disordini in corso sono la conseguenza della rottura di questo accordo.
Dietro le quinte
Lo scontro in atto è solo in parte frutto dei conflitti etnico religiosi che abbiamo segnalato perché ognuna delle due parti difende interessi economici precisi e può contare sull’appoggio di potenti forze esterne al paese. Il territorio del Sudan è oggetto dell’attenzione sia dalla Cina che della Russia, come anche degli Stati Uniti. I principali interessati a quando avviene nel Sudan del Sud sono i russi che puntano ad assumere il controllo dei giacimenti di oro e di minerali preziosi presenti nel paese.
Strumento di forza operativo per la penetrazione russa sono la compagnia di ventura Wagner, nonché la Chiesa Ortodossa Russa, la quale nella sua competizione con il Patriarcato Ecumenico per la conquista dell’egemonia nel mondo ortodosso, ha
istituito l’Esarcato dell’Africa Settentrionale e Meridionale con l’intento di sottrarre alla giurisdizione del Patriarcato di Alessandria – alleato del Patriarcato Ecumenico e sostenitore della Chiesa Autocefala d’Ucraina – la giurisdizione sugli ortodossi d’Africa. Da allora è in atto una vera e propria campagna acquisti di ministri di culto e fedeli già cattolici, sostenuti economicamente perché transitino nelle strutture della Chiesa Ortodossa Russa che, facendo aggio sulla presenza del cristianesimo nella regione, svolge un’azione di proselitismo che ha anche il fine di legare alla Russia le popolazioni. D’altra parte, sembra che lo stesso Patriarca Kirril, per il tramite della compagnia Wagner, abbia investito nelle aziende che intervengono economicamente nel Sudan del Sud. La Russia, inoltre, è interessata a mantenere i rapporti con il Sudan, in quanto ambisce a costruire una base militare a Porto Sudan che faccia da punto di appoggio sulla costa del Mar Rosso alla sua flotta impegnata a controllare e ad essere presente nei diversi scacchieri strategici del pianeta. È del tutto evidente che un porto
militare russo sulla costa dal Sudan permetterebbe di controllare una delle rotte più trafficate del mondo che è quella che attraversa il canale di Suez.
A intervenire invece nel resto del paese è la Cina che il principale partner commerciale del Sudan dal quale acquista 8% del petrolio che utilizza, nonché commercializza la produzione agricola e quella di carne che al luogo soprattutto nei territori del nord-est del paese, prospicienti i due fiumi del Nilo Azzurro e del Nilo Bianco che attraversano quei territori e che consentono la presenza di appezzamenti agricoli irrigui, sfruttati da aziende economicamente ben sviluppate e tecnologicamente dotate delle attrezzature necessarie per l’irrigazione a pioggia, alimentata dagli impianti di produzione di energia elettrica distribuiti lungo il corso dei due fiumi. La Cina è insomma il principale partner commerciale ed economico del paese al quale offre la costruzione di infrastrutture in cambio di una gestione congiunta di queste per un periodo necessario al rientro dell’investimento e all’accumulazione dei profitti. Analogo discorso la Cina lo fa in riferimento al Darfur da dove provengono le importazioni di petrolio delle quali essa beneficia.
Questa presenza dei russi e dei cinesi, sempre più pervasiva, viene contrastata dal tentativo statunitense di stabilire sul suolo sudanese la presenza di una base militare che consenta sia l’ascolto delle comunicazioni nell’area del Pacifico e del Mar Rosso, ma anche che ospiti una forza di intervento rapido che consenta agli USA di operare sui diversi scacchieri di crisi e di estendere il loro controllo sul canale di Suez e il traffico marittimo che attraverso esso si sviluppa. C’è poi da considerare che il Sudan, confinando con numerosi Stati africani, rappresenta l’inevitabile crocevia nel quale si incontrano i flussi migratori provenienti sia dal Corno d’Africa che dal Centro Africa, prova ne sia che i migranti che passano attraverso il suo territorio alimentano i flussi provenienti dalla Libia, dalla Tunisia dall’Egitto e che giungono sulle coste del Mediterraneo. Il flusso dei migranti è alimentato inoltre dallo scontro etnico tra gli arabi del Darfur, ad opera delle bande di anjāwīd (letteralmente, diavoli a cavallo) che rivendicano il possesso della terra e dell’acqua, uccidono, stuprano, saccheggiano, incendiano.
Questo insieme di motivi ci dice che il paese ha un ruolo strategico essenziale nelle strategie delle diverse potenze che operano nel nuovo mondo multipolare che si va delineando. È questo il motivo per il quale la guerra civile in atto preoccupa oltre che per l’evidente catastrofe umanitaria che essa rappresenta per i 41 milioni gli abitanti del Paese che così si vanno ad aggiungere al potenziale migratorio dell’area, irrobustendolo con un flusso originato e alimentato dalle persecuzioni, dalle leggi di liberticide, dalla negazione dei diritti umani, delle libertà politiche, dalla fame e dalla miseria, dalla progressiva desertificazione di un territorio sfruttato con logiche predatorie, attraverso un’agricoltura che dopo aver sfruttato i territori li abbandona, per trasferirsi in quelli contigui e continuare a desertificare il terreno. Il solo modo per fermare il conflitto e per impedire che la guerra civile in atto in Sudan alimenti il flusso migratorio è stabilizzare economicamente il paese, finanziando un’agricoltura più razionale e meno predatoria, realizzando una riforma agraria degna di tal nome, fornendo capitali, tenendo conto che l’attraversamento del paese dei grandi fiumi, il Nino Bianco e il Nilo Azzurro, consente investimenti che riguardano la produzione di energia idroelettrica, ma anche di gestire un bene prezioso come l’acqua in modo razionale, a fronte di una crisi idrica costante. Non va ignorato che questo territorio costituisce in prospettiva un immenso bacino di crisi dovuto proprio al conflitto inevitabile tra Etiopia, Sudan ed Egitto per il controllo e l’utilizzazione delle acque e che, a seguito della costruzione di bacini e dighe, nonché di canalizzazioni che la trattengono e ne impediscono il tradizionale costante di flusso, lo scontro è già
iniziato.
Alla luce di queste considerazioni la crisi sudanese è gravissima e gravida di conseguenze a livello geostrategico, economico e delle politiche migratorie, nonché di quelle dell’accesso alle risorse minerarie e petrolifere e all’acqua.
E.P.