Tutto ciò che c’è (c’è già)

Il governo di destra procede per la sua strada senza grandi opposizioni e gli unici problemi che potrebbe avere sono al suo interno. Come è tradizione nella destra italiana, che è sostanzialmente post-fascista dal 1945, non ci sono problemi a ricollocarsi integralmente nell’alveo del capitalismo e dell’alleanza atlantica in maniera totalmente supina.
La c.d “destra sociale” per quanto spesso evocata nelle discussioni storiografiche, nei fatti non è mai esistita e se c’è stata una critica al capitalismo essa si è sempre riferita a binomio capitalismo-modernità, con la maggiore attenzione posta al secondo termine della coppia. Il capitalismo è stato visto soprattutto nella sua azione distruttrice di mitizzati tempi passati e il linguaggio “pseudo-socialista” o, meglio, “socialista-nazionale” ha messo gli occhi sulle classi subalterne non certo per migliorarne le condizioni reali di vita ma per sottrarle all’azione disgregatrice dei valori storici
Dio-Patria e famiglia.
Ora, se il fascismo del ventennio poteva avere nelle proprie corde echi lontani dati dal fatto, specifico e reale, di una origine socialista (del resto Benito Mussolini, fin dal nome, aveva fatto parte del socialismo rivoluzionario tanto da diventare uno dei massimi dirigenti del PSI) nella destra attuale del richiamo a qualcosa di socialista non è rimasto nulla.
E, direi, non è rimasto neppure il socialismo nazionale.
La capacità di dimenticare persino le cose dette pochi anni prima, sull’Unione europea, sull’alleanza atlantica (anzi no, l’alleanza atlantica è stata da sempre un punto fondamentale della destra italiana), o su qualunque altra questione potesse avere un qualche richiamo perlomeno populisteggiante non deve stupire. La collocazione naturale è quella del capitale, del liberismo e di una forma sempre aggiornata di darwinismo sociale. Oggi ancora più di 100 anni fa.
Dimenticata o messa da parte la violenza, la destra gioca in maniera assai abile nel contesto elettorale delle democrazie liberali, che non intende toccare o vuotare, che, tanto a svuotarle ci hanno già pensato gli altri che l’hanno preceduta, lasciando un vuoto che una volta sarebbe stato considerato pericolosissimo ma che oggi viene ignorato. Tutto l’arco parlamentare è sostanzialmente sulla stessa linea in merito alle politiche economiche e la differenza ormai si fa su quella che una volta si sarebbe chiamata sovrastruttura. Non è detto però che le cose non peggiorino. Si attaccano le misure appena appena keynesiane come il 110%, si demolisce il reddito di cittadinanza, si inaspriscono pene e si alimenta l’intolleranza e l’autoritarismo.
In questo quadretto giunge quindi non improvvisa la circolare del ministro dell’Istruzione e del Merito. Già del merito. Prima di affrontare il documento ministeriale, val bene soffermarsi su questa parola e come è potuto accadere che uno dei ministeri più importanti (almeno in teoria) e più significativi, nello spirito della Costituzione Repubblicana, sia stato trasformato nominalmente (poi vedremo il resto) nell’esatto opposto di quello che dovrebbe esser (ovvero il luogo dove viene esercitato un diritto fondamentale: quello all’istruzione e non dove si selezionano i “più bravi”). Semplice, ciò è accaduto perché il terreno era già stato ampiamente preparato negli anni passati. Dalla privatizzazione de-facto delle Università, alla trasformazione della scuola dell’obbligo in un insieme atto a “misurare” (vedi Invalsi) fino alla “buona scuola” di Renzi (che non era meno di destra della Meloni) e all’alternanza “Scuola-lavoro”. La destra ha confezionato solo il pacchetto. Ma gli oggetti all’interno c’erano già.
Eccoci quindi alla circolare del 9 novembre scorso (il 9 novembre del 1938 in Germania fu la “notte dei cristalli”, ma, ovviamente, questa ricorrenza scompare da ogni comunicazione ministeriale…..) che vale la pena riportare per intero:

“Care ragazze e cari ragazzi, la sera del 9 novembre del 1989 decine di migliaia di abitanti di Berlino Est attraversano i valichi del Muro e si riversano nella parte occidentale della città: è l’evento simbolo del collasso del blocco sovietico, della fine della Guerra Fredda e della riunificazione della Germania e dell’Europa. La caduta del Muro dimostra l’esito drammaticamente fallimentare del Comunismo e ne determina l’espulsione dal Vecchio Continente. Il comunismo è stato uno dei grandi protagonisti del ventesimo secolo, nei diversi tempi e luoghi ha assunto forme anche profondamente differenti, e minimizzarne o banalizzarne l’immenso impatto storico sarebbe un grave errore intellettuale. Nasce come una grande utopia: il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un
futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri. E si rivela drammaticamente vera l’intuizione che Blaise Pascal aveva avuto due secoli e mezzo prima della rivoluzione russa: «L’uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l’angelo fa la bestia». Gli
storici hanno molto studiato il comunismo e continueranno a studiarlo, cercando di restituire con sempre maggiore precisione tutta la straordinaria complessità delle sue vicende. Ma da un punto di vista civile e culturale il 9 novembre resterà una ricorrenza di primaria importanza per l’Europa: il momento in cui finisce un tragico equivoco nel cui nome, per decenni, il continente è stato diviso e la sua metà orientale soffocata dal dispotismo. Questa consapevolezza è ancora più attuale oggi, di fronte al risorgere di aggressive nostalgie dell’impero sovietico e alle nuove minacce per la pace in
Europa.
Il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria. E non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia. Un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso nobile o ignobile.
Per tutto questo il Parlamento italiano ha istituito il 9 novembre la “Giornata della libertà”. Su tutto questo io vi invito a riflettere e a discutere”.

Per quanto a chi è addentro alla militanza politica o conosca minimamente la storia, questa circolare appaia una grana così grossa da stupire per la sua banalità, mi permetto di pensare che queste poche righe le avrebbe potute scrivere Veltroni, o anche altri dirigenti del centro-sinistra, senza provocare scandalo alcuno. La polemica è nata perché è stata sollevata in sedi diverse e c’è stato un timido e quasi obbligato accodamento solamente perché c’è la destra al governo.
Il revisionismo di Stato è realtà concreta ormai da decenni. Dal discorso di Violante sui “ragazzi di Salò” al “giorno del ricordo” approvato quasi all’unanimità dal Parlamento (trasformando cioè un regime di invasori e alleati dei nazisti in un paese di povere vittime innocenti. Un letterale capovolgimento della storia. Perlomeno di quella oggettivamente verificatasi) per cui arrivare a questa circolare non è stato molto difficile.
La fine del muro di Berlino diventa la fine del comunismo e il comunismo diventa ispo-facto niente altro che una ideologia sanguinaria. Nessun rimando al perché sia sorto quel muro in Germania. Che cosa sia successo nei 20 anni precedenti. La guerra nazista, i 60 milioni di morti, i campi di sterminio. No l’ideologia criminale è quella comunista. E, addirittura Putin sarebbe un leader con aggressive nostalgie dell’impero sovietico!! Da decenni nessun mette in dubbio che l’URSS staliniana abbia significato una torsione enorme del pensiero marxiano. E nessuno potrebbe non condannare i
crimini commessi. Ma nessuno potrebbe negare che se non ci fosse stato il sacrificio di 20 milioni (20 milioni!) di russi, oggi (per dirla con Mario Monicelli) parleremmo tutti tedesco. Lo stesso Primo Levi ebbe a dire che mentre i Gulag furono una distorsione dell’ideologia comunista, un nazismo senza campi di sterminio non sarebbe esistito e che Gulag e Auschwitz non sono la stessa cosa. Sono due tragedie, ma enormemente diverse. Purtroppo queste analisi sono diventate pane solo per gli studiosi, per gli storici. Nel senso comune è passata (e non certo con innocenza) l’idea che tutte le
ideologie sono negative. Tutte eccetto una. Quella del capitalismo come stato di natura e del liberalismo (che era già fallito nel 1918) come struttura ideale di governo.
L’anticomunismo è da sempre il miglior collante per le classi medie impoverite, che la destra sa agitare assai bene. Come ho scritto sopra, l’assenza in Parlamento di una minima sinistra di classe impedisce qualunque anche piccola critica che possa raggiungere un po’ più persone di quanto oggi le varie, sparute e disperse forze extraparlamentari possono fare.
Marx ormai lo leggono solo i capitalisti e la sinistra in Parlamento è più anticomunista della destra, ormai non più in grado neppure di comprendere (figuriamoci difendere) quelle che dicono essere le proprie radici storiche. Credo che con questo panorama desolante, la destra Meloniana durerà più di quanto si pensi.

Viene in mente la canzone di Caparezza:

Tutto ciò che c’è, c’è già (c’è già)
Allora nei miei pezzi che si fa? (si fa)
Renderò possibile l’impossibile fino a rendere possibile la realtà
Tutto ciò che c’è, c’è già (c’è già)
Allora nei miei pezzi che si fa? (si fa)
Renderò possibile l’impossibile fino a rendere possibile la realtà

Andrea Bellucci

https://www.miur.gov.it/-/lettera-del-ministro-valditara-agli-studenti-per-il-giorno-della-liberta-il-crollo-del-muro-ci-restitui-un-europa-libera-e-democratica-non-dimentich-1