R a s p o u t i t s a

Con l’arrivo dell’autunno, il fango torna sul fronte in Ucraina; questo fenomeno, chiamato “raspoutitsa” (“il tempo delle strade dissestate”), colpirà entrambe le parti in conflitto, ma mentre all’inizio dell’invasione ha svantaggiato i russi ora potrebbe far danni all’esercito ucraino. Anche se la parola che la identifica è russa è ben nota agli ucraini ma anche ai russi e ai bielorussi dove le forti piogge autunnali provocano diverse settimane di fanghiglia. La “raspoutitsa” arriva puntuale, due volte all’anno, in primavera e in autunno, quando la pioggia e il nevischio trasformano il territorio ucraino in un pantano, costringendo chi vuole muoversi a non abbandonare le strade.
Questo fenomeno meteorologico aveva già colpito le interminabili colonne russe di carri armati e di trasporto truppe la scorsa primavera, costringendole a incolonnarsi su strade e autostrade, divenendo così facile obiettivo degli attacchi dei droni ucraini: ora sono gli ucraini all’offensiva che hanno bisogno di muoversi velocemente sul territorio per rendere non individuabili i loro sistemi d’arma e le loro truppe; hanno necessità di avanzare veloci e sono i russi a poter colpire il traffico sulle strade che gli ucraini sono costretti a percorrere.
Dall’inizio di ottobre, i video trasmessi dai social network informano sull’entità del maltempo; i lanciarazzi MLRS degli ucraini affondano nei terreni paludosi e i carri armati avanzano con difficoltà nel mezzo ai campi. È probabile che la “raspoutitsa” rallenti la controffensiva ucraina nell’est del Paese, ma era attesa. Basta scorrere la storia militare di questi luoghi per saperlo, partendo dall’esperienza che ne fecero le truppe napoleoniche e ricordando che durante la Seconda guerra mondiale le grandi operazioni meccanizzate furono quasi del tutto sospese durante le grandi piogge autunnali o durante il disgelo primaverile a causa della rasputitsa; ripresero in inverno, quando il terreno si era nuovamente indurito. Fu con l’arrivo dell’inverno del 1941 che Hitler poté lanciare la sua grande – e fallita – offensiva per prendere Mosca”, e nella direzione opposta, la rasputitsa rallentò la controffensiva sovietica nel 1943.
Ora il progresso tecnico consente ai belligeranti di scontrarsi con droni militari o militarizzati e altre “munizioni intelligenti”, ma il tempo atmosferico rimane un fattore cruciale. Infatti, per fermare le colonne di invasione dirette a Kiev l’Ucraina ha utilizzato soprattutto un’unità speciale. denominata “Aerorozvidka”, fondata nel 2014 durante la guerra di Crimea. Formata da scienziati informatici provenienti dall’industria privata, i quali hanno sviluppato droni militari basati su modelli disponibili in commercio, successivamente integrati nelle truppe da combattimento. equipaggiati con munizioni anticarro/RPG” e e formate da “50 squadre di piloti di droni esperti”.

Le cause di un successo militare

Dall’inizio del conflitto, l’esercito ucraino è riuscito a adattare la debolezza del suo equipaggiamento alla forza d’attacco russa con lanciarazzi installati su barche o droni commerciali per uso deviato Himars, Javelin, droni suicidi. Da questa estate l’esercito ucraino ha beneficiato di importanti consegne di armi occidentali. Dispositivi “intelligenti”, frutto degli ultimi progressi tecnologici, che hanno permesso a kyiv di dare una svolta alle operazioni militari nell’est del Paese, dove la controffensiva ha permesso di impadronirsi di vaste fasce di territorio. Nulla però sarebbe stato possibile senza
l’adattabilità delle truppe ucraine: missili installati su camion per essere in grado di trasportarli più rapidamente vicino a obiettivi, lanciarazzi fissati su motoscafi per aumentare la sua forza d’attacco navale, ecc.
L’esempio più eloquente è costituito dai missili antiradar AGM-88 High-Speed Anti-Radiation Missile, “made in USA”, che gli ucraini sono riusciti a adattare ai loro bombardieri MIG di fabbricazione russa. A lungo evocata, questa impresa è stata confermata alla stampa lo scorso agosto da un alto funzionario del Dipartimento della Difesa americano.
Con questi missili, i piloti di caccia ucraini possono accecare i sistemi antiaerei russi, distruggendoli direttamente, con un radar integrato nel sistema, o ostacolandoli, con un radar annesso al sistema antiaereo.
Fin dai primi giorni dell’invasione russa, i cieli ucraini erano pieni di aerei senza pilota assegnati a missioni di intelligence o di combattimento. Prodotti in Cina, Turchia, USA o da negozi ucraini, hanno aiutato molto l’esercito ucraino. Il drone turco Bayraktar, o TB-2, brillò così durante la battaglia di kiev. Sarebbe stato estremamente difficile per
l’Ucraina bloccare l’esercito di Putin senza droni quando stava prendendo di mira la capitale, I droni hanno sia rafforzato l’intelligence ucraina che ha compensato la debolezza della forza aerea, dimostrando di poter disporre di “un’aviazione leggera surrogata contro un avversario convenzionale” .
Lo strumento non è nuovo (gli americani lo hanno utilizzato in Afghanistan e Iraq), kyiv lo ha integrato utilizzando droni commerciali per scopi di intelligence, valutazione dei danni, artiglieria di supporto/guida e attacchi contro le posizioni nemiche. Si è servita della tecnologia dei servizi speciali inglesi e forse di droni subacquei canadesi per condurre le operazioni di sabotaggio dell’oleodotto del Mare del Nord (attentato non rivendicato) e l’attacco alla flotta russa alla fonda a Sebastopoli, attacco invece rivendicato, che ha indotto i russi a bloccare l’accordo sull’esportazione di grano che accusano gli ucraini di aver utilizzato i corridoi per l’esportazione di grano per penetrare le loro difese.
Sembra che si siano create, con il sostegno britannico, più “agenzie” autonome in Ucraina che compiono azioni non ufficiali come l’assassinio di Darya Dugin, figlia di Aleksandr, ideologo di Putin, fatta saltare nei pressi del villaggio di Velyki Vyazomi, alla periferia di Mosca, all’insaputa dei servizi segreti USA.

La risposta russa e il cambio di strategia

La Russia confida nell’inverno che si avvicina, spegne una ad una le centrali elettriche del paese, si trincera sul campo per guadagnare tempo, addestrare i riservisti, armarli e portarli al fronte per compensare lo squilibrio numerico delle forze sul campo. Altro sarà competere in addestramento con l’esercito ucraino che da anni si esercita nelle strutture messe a disposizione dai britannici e grazie all’aiuto di personale NATO. Intanto sta rispondendo con i droni suicidi Shahed iraniani, utilizzati per attaccare le città dell’Ucraina, le centrali elettriche e ogni sovrastruttura. Questi droni hanno il vantaggio di ridurre l’intervento umano e quindi il numero di potenziali vittime tra i soldati del proprio esercito.
Utilizzati inizialmente per missioni di sorveglianza, sono divenuti sempre più versatili. Alcuni dispositivi possono essere implementati per indebolire o cancellare i bersagli. È il caso dello Shahed 136, prodotto dall’azienda iraniana HESA.
Un’arma che Teheran ha consegnato alla Russia. So tratta di un drone suicida abbastanza grande (3,5 m di lunghezza e 2,5 m di larghezza,) di costruzione a basso costo che. raggiunge il suo obiettivo tramite le coordinate GPS, inserite prima del decollo. Poi si evolve in autonomia, volando abbastanza basso e raggiungendo un obiettivo che è necessariamente fissato a poche centinaia di chilometri. Presumibilmente il lancio avviene da un rack contenente 5 droni, installati sul ponte di un camion. Un’installazione che consente flessibilità, imprevedibilità e rapidità di movimento e che è di basso costo.
Per la Russia l’uso di questi droni suicidi, entrati in servizio nel 2020, è una misura al risparmio, perché supplisce all’uso dei preziosi e costosi missili da crociera che costano da 1,5 a 2 milioni di dollari. Provenendo da paesi sottoposti ad embargo, questi droni non hanno sistemi di puntamento precisi e privilegiano l’economicità rispetto al controllo di qualità; quindi, i loro sistemi tendono ad avere un tasso di guasto abbastanza alto e sembra che possano colpire soltanto bersagli fissi. Per questi motivi rappresentano una minaccia relativa per le truppe schierate sul campo o in movimento, ma sono molto difficili da rilevare perché volano molto bassi. Fanno molto rumore, si sentono arrivare e terrorizzano la popolazione. Come tutti i droni armati sono molto efficaci quando l’avversario non ha i mezzi per proteggersi o vendicarsi. Gran parte del loro successo iniziale deriva dal fatto che si tratta di una nuova arma in questo teatro di guerra
che risponde al cambio di strategia russo.
I russi, infatti, non considerano più la popolazione ucraina amica, soprattutto quella delle città, e allora usano il metodo siriano di radere al suolo ogni infrastruttura; e per farlo utilizzano perfino i bombardieri strategici, armati di bombe convenzionali, che volano sufficientemente in alto per non essere intercettati, anche se sono necessariamente imprecisi, ma tant’è! L’uso massiccio di questi droni da parte della Russia riflette una forma di impotenza, ma rimane il fatto che sono funzionali al cambio di passo della guerra che mira da parte di Mosca a lasciare al freddo l’Ucraina in attesa di addestrare i riservisti richiamati alle armi, portarli a combattere e mutare l’equilibrio delle forze in campo.

La guerra ucraina e l’Europa

Mentre la Russia arretra sul campo di battaglia l’Europa va verso il disastro economico-finanziario e della sua capacità produttiva. I costi esorbitanti dell’energia ne stanno distruggendo il tessuto produttivo, costringono gli imprenditori a bassi salari per contenere i costi e mantenere i profitti, fanno crescere la speculazione di guerra, affamano e impoveriscono la popolazione, deprimendo i consumi, affossano il mercato, mentre gli investitori sono indotti a migrare verso aree e mercati più sicuri. Non ci sono dubbi, sicuramente è l’Europa la grande sconfitta della guerra, anche se a morire sono ucraini e russi.
Le soluzioni che vengono cercate e trovate per approvvigionarsi di energia sono peggiori del male. Invece che dipendere da un dittatore (Putin), dipendiamo da tanti e da un monopolista feroce, gli Stati Uniti, che ci tiene per i ciglioni, e ce li stritola. C’è chi plaude alla decisione russa di traferire alla gestione di Erdogan l’hub del petrolio e del gas russo, costruendo progressivamente un’alleanza tra i due dittatori che ci seppellirà.
In prospettiva l’energia a basso costo che poteva alimentare la produzione industriale e i bisogni della popolazione verrà divisa tra i competitors dell’Europa: la Cina, l’India e la Turchia, alla quale si lascerà spazio per estendere la sua influenza sull’area turcofona dell’Asia, nel pieno rispetto del piano strategico di una parte della politica statunitense e britannica.
Alla luce di questi fatti la difesa delle libertà di un paese illiberale come l’Ucraina di Zelensky sono chiacchiere per le allodole, che suscitano soddisfazione nei circoli conservatori di Londra, ma lasciano nella miseria i popoli europei chiamati a sognare di poter investire su un territorio devastato e inquinato come quello ucraino sempre più inutilizzabile, perché arato dalle bombe e dai residui bellici, coperto di campi minati,con un accesso alle risorse minerarie, comunque di difficile sfruttamento perché situate sulla linea del fronte, con una popolazione invelenita e massacrata dalla guerra e le
infrastrutture civili distrutte.
L’Europa affronta tutto questo senza una strategia per costruire la pace, da paese vassallo degli interessi USA, e alimenta la guerra senza chiedere nulla all’alleato ucraino che a sua volta agisce da sub agente USA.
A Washinton si fregano le mani, soddisfatti!

La Redazione