Le cause interne della crisi ucraina

Sommario: La questione istituzionale e religiosa. La questione Ucraina. La posta in gioco.
Tra le cause interne del conflitto c’è certamente la questione istituzionale. L’osservatore esterno all’area dell’Est Europa coglie con difficoltà tra le cause d’instabilità di questi paesi il peso della questione istituzionale che nasce dal fatto che i popoli, riacquistata l’indipendenza, hanno bisogno di trovare una propria identità istituzionale, per non essere solo delle entità politiche. In Europa, soprattutto nel mondo slavo, troviamo la presenza di più nazionalità ed etnie, le quali sono insediate sui territori a macchia di leopardo.[1] Ne consegue che la compagine statale che si insedia per gestire e governare un determinato territorio ha bisogno di trovare legittimazione in più elementi comuni che contribuiscano a definirne la fisionomia e i confini, legittimando lo Stato e la sua esistenza.
Questo elemento viene cercato nella lingua, la quale non sempre è comune e, quindi, deve essere subita da una parte più o meno grande dei cittadini dello Stato; viene cercata nella storia, ma le vicende storiche delle popolazioni spesso si intrecciano, si confondono, si contrappongono, quindi, non sempre costituiscono un patrimonio comune. Lo stesso dicasi per gli usi, i balli, i canti, l’arte, la musica, la letteratura, l’architettura, ecc. Ecco una delle ragioni per le quali si guarda alla comune religione in questi territori, specialmente se maggioritaria.
Ebbene quella maggioritaria in queste aree e territori è la religione cristiana ortodossa, la quale è portatrice di un modello storico di Stato, quello bizantino, che dovette amministrare questi territori, lasciando profonde tracce anche culturali. Dai bizantini fu elaborato un modello di relazioni tra Stato e Chiesa di reciproca legittimazione che prevedeva la definizione di due distinte competenze: quella spirituale, affidata alla Chiesa, e quella profana e materiale allo Stato. Le due entità venbero ritenute reciprocamente necessarie perché si sostengono a vicenda. Tuttavia, affinché la Chiesa possa svolgere questo suo compito deve essere autocefala, ovvero di un solo Stato, di un solo paese, al fine di garantire la sua indipendenza da una struttura ecclesiale sovranazionale: ne va dell’autonomia e dell’indipendenza della patria: da qui la
ricerca dell’autocefalia.
All’assenza di una Chiesa autocefala viene attribuita l’instabilità politico-istituzionale dello Stato.

La questione Ucraina

Dopo la conquista della sua indipendenza nel 1991, l’Ucraina (paese che conta molte nazionalità) ha vissuto 30 anni di sostanziale instabilità politica, oscillando tra un rapporto più stretto con i paesi occidentali e la U. E. e rapporti privilegiati con la Russia che continuava a fornire all’economia ucraina materie prime a basso prezzo ed energia. In questi trent’anni la situazione politica si è progressivamente deteriorata, sotto la spinta dei paesi occidentali intenzionati ad assorbire il paese nella loro orbita, prospettando l’adesione alla NATO e all’U. E., e la Russia che era interessata a
mantenerne l’equidistanza dai paesi occidentali per garantirsi una fascia di sicurezza: vedeva perciò come inaccettabile una possibile adesione alla NATO dell’UUcraina e le attribuiva la funzione di Stato cuscinetto.
Fino al gennaio del 2019 l’Ucraina non disponeva di una Chiesa Ortodossa Autocefala. La Chiesa maggioritaria era la Metropolia di Kiev, afferente al Patriarcato Ortodosso di Mosca, una Chiesa auto amministrata, ma parte di quella russa, una Chiesa che intrattiene a sua volta un rapporto privilegiato ma con lo Stato russo. Dal 1991 nasce ine si rafforza in Ucraina un movimento di progressiva aggregazione fra una frazione che si scinde dalla Chiesa filorussa e che tende ad unirsi con altre entità ortodosse e soprattutto con la Chiesa Ortodossa Ucraina all’estero, creata in esilio dai fuoriusciti
dall’Ucraina a partire dal 1919. Queste due confessioni ed altre minori celebrano un Sinodo di unificazione e danno vita nel gennaio 2019 alla Chiesa Ortodossa Ucraina autocefala.
Non si tratta di un processo spontaneo: tutto ciò avviene con il sostegno dei politici filo occidentali del paese e in relazione all’afferenza politica dei Presidenti della Repubblica che si avvicendano nella direzione dello Stato. Perché l’autocefalia si concretizzi c’è infatti bisogno del consenso politico dello Stato. Un altro attore necessario a portare a
termine questo percorso è il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, il quale si arroga il diritto di concedere l’autocefalia redigendo un Tomos di riconoscimento che legittima la conclusione di questo percorso.
Per comprendere meglio i termini della questione occorre ricordare che il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, che ha sede nel Fener, quartiere di Istanbul, ricopre il ruolo di primo Patriarca del mondo ortodosso, primato contestato e conteso dal Patriarcato di Mosca. Esso non, avendo un proprio popolo di fedeli circoscritto a uno Stato, rivendica di essere il pastore di tutti gli ortodossi nel mondo che non dipendono da una Chiesa autocefala e quindi gode di risorse raccolte negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, prevalentemente. Da questi ambienti e dagli ortodossi ucraini non legati a Mosca è venuta la richiesta dell’autocefalia da lui accolta di buon grado: in tal modo, infatti, il Patriarcato di Costantinopoli acquisisce il controllo dell’Ucraina e delle sue strutture ecclesiastiche, privandone il Patriarcato di Mosca, che così viene fortemente ridimensionato, visto che tanta parte delle sue parrocchie e monasteri si trovava in Ucraina.

La posta in gioco

Se qualcuno ha pensato che tra queste Chiese vi siano differenze dottrinali e questioni teologiche è in errore!
Il loro bagaglio dottrinale fissato dai Sacri canoni (l’interpretazione delle scritture) è identico. Ciò che differisce è la struttura e l’esercizio del potere e soprattutto i rilevanti interessi economici, per comprendere i quali occorre guardare alla legislazione ucraina in materia.
Bisogna sapere che in Ucraina la gran parte degli edifici di culto è di proprietà statale, essendo stata nazionalizzata in base alla legislazione sovietica. L’art. 17 della legge sulla libertà religiosa [2] stabilisce le modalità dell’“uso di proprietà dello Stato, enti pubblici o cittadini” utilizzabili da organizzazioni religiose, stabilendo che “queste hanno il diritto di usufruire di edifici e proprietà per le loro necessità, fornite loro su base contrattuale dallo Stato, dalle organizzazioni pubbliche o dai cittadini”. Infatti “gli edifici e le pertinenze del tempio di proprietà statale devono essere trasferiti per l’uso gratuito o restituiti alla proprietà di organizzazioni religiose da organizzazioni, nel cui bilancio sono
inclusi tali edifici e proprietà, sulla base delle decisioni dell’Oblast di Kiev.”
Le organizzazioni religiose possiedono inoltre edifici, oggetti di culto, proprietà, strutture industriali, sociali e di beneficenza, trasporti, denaro e altri beni necessari per sostenere le loro attività; si tratta di beni acquisiti o creati a spese di fondi propri, donati da individui, organizzazioni o ceduti dallo Stato, nonché acquisiti per altri motivi previsti dalla legge; le confessioni possono altresì possedere proprietà situate al di fuori dell’Ucraina (art. 18).
«L’edificio e la proprietà del tempio posseduti dallo Stato possono essere forniti per l’uso alternativo a due o più comunità religiose previo il loro consenso reciproco. In mancanza di tale consenso, l’autorità statale determinerà la procedura per l’uso dell’edificio del tempio e delle pertinenze, stipulando contratti separati con ciascuna comunità». Va da sé che l’edificio del tempio e gli altri beni di importanza storica, artistica o culturale devono essere consegnati a organizzazioni religiose e utilizzati da queste in conformità con le regole valide per la protezione e l’uso dei monumenti
storici e culturali. (art. 16).
La nuova Chiesa Ortodossa Autocefala ha fatto presentare una legge in Parlamento che obbliga la Metropolia di Kiev a cambiare denominazione e a configurarsi come la Chiesa di un paese straniero operante in Ucraina: attraverso questo espediente aspira a far propri tutti gli edifici, monasteri, chiese e beni statali, concessi in uso: in pratica aspira alla distruzione della Chiesa di obbedienza russa all’estromissione dal Paese, assorbendone selettivamente il clero e i fedeli.

Le Chiese e la guerra

La guerra di aggressione scatenata da Putin è condivisa dal Patriarca della Chiesa Ortodossa russa Kirill che, tra lo sconcerto del suo clero della Metropolia di Kiev, ha appoggiato l’aggressione russa, con il risultato che molti sacerdoti e fedeli lo hanno escluso dai dittici (non pregano più per lui) che è una delle grandi condanne del mondo ortodosso.
L’aggressione di Putin avvantaggia la Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina che stipula così il proprio legame privilegiato con lo Stato. L’aggressore ha fatto prevalere nella popolazione il sentimento patriottico, ha creato e forgiato nel sangue l’identità ucraina, scavando abissi incolmabili di odio tra due popoli che hanno origini e storia comune. Al momento non sappiamo e non è possibile prevedere se questo disastro umano avrà un giorno rimedio, ma è certo che generazioni dovranno passare prima che si attenui il ricordo delle sofferenze e degli orrori subiti per mano dell’aggressore.
Certamente l’obiettivo di distruggere la Metropolia della Chiesa Ortodossa Russa in Ucraina verrà raggiunto e il suo patrimonio assorbito dalle mani rapaci del nuovo clero, che condizionerà politicamente e culturalmente la nuova vita dello Stato e questo non sarà un bene perché si tratta di un clero culturalmente reazionario, chiuso alla modernità, tutt’altro che impregnato di valori europei, nemico della parità uomo donna e dell’uguaglianza di genere. Basti vedere il rifiuto unanime delle confessioni religiose ucraine di ratificare la Convenzione di Istambul sulla tutela delle donne, espresso dal Comitato di Stato dell’Ucraina per gli affari religiosi che riunisce le 16 maggiori confessioni del paese.
Una volta conclusesi le lotte interne all’ortodossia, a doversi difendere sarà la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, storicamente presente nel nord del paese, alla quale gli ortodossi chiedono insistentemente di confluire nella Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina, tanto più che le due Chiese hanno in comune il rito; tutto ciò in nome del fatto che ne va dell’unità e del bene della patria ucraina.
Da quel reazionario e conservatore che è, Putin confeziona – forse incoscientemente – un boccone avvelenato per l’occidente, violentando non solo il corpo, ma anche lo spirito di un popolo che aspirava a vivere in un mondo migliore; recide i legami del popolo russo con l’Europa, spostando ad Est l’asse culturale, economico e spirituale del suo paese.

[1] La politica sovietica delle nazionalità messa in atto da Stalin complica e condiziona in modo determinante l’assetto politico istituzionale degli odierni Stati dell’Europa dell’Est. L’URSS, per indebolire le nazionalità e meglio controllare i territori, mise in atto giganteschi spostamenti di popolazione e spostò le frontiere storiche degli Stati dopo la Secomda guerra mondiale, con il risultato di rendere difficile l’omogeneità etnica e
nazionale degli Stati attuali. Ciò fa si che all’interno di molti Stati si ritrovino territori etnicamente, economicamente e storicamente legati ad altre compagini statali.             [2] Freedom of Conscience and Religious Organizations, (Law no. 987-XII of 23 April 1991 on the amended 1996), http://licodu.cois.it/?p=1476.)