Che c’è di nuovo – Eutanasia del referendum

Avvicendandosi alla Presidenza della Corte Costituzionale, prima della fine del suo mandato (la Presidenza della Corte spetta a rotazione ai giudici giunti alla fine del settennato) Giuliano Amato, da buon presenzialista, sente il bisogno di fare una irrituale conferenza stampa per motivare le decisioni della Corte anticipando le motivazioni della sentenza. Il Professore è troppo “sottile” per non sapere che così decidendo il collegio dei Supremi giudici ha di fatto annullato tutti i referendum: i due quesiti giudicati inammissibili erano quelli trainanti dell’intero pacchetto e perciò l’operazione politica va giustificata con artifici tecnici.
La Corte ha giudicato quello sull’abrogazione di una parte della norma che punisce l’omicidio del consenziente e l’aiuto al suicidio con il venir meno della tutela dei fragili e dei deboli, operando di fatto all’unisono con il Pontefice che vede nel desiderio di gestire la propria morte l’adesione alla cosiddetta “politica dello scarto”. Ebbene niente di tutto questo: permettendo di decidere come e quando finire la vita siamo di fronte
al diritto di ognuno di riappropriarsi della gestione di sè in nome della qualità della vita e quindi del diritto di rifiutare la sofferenza quando questa è inutile e le possibilità di gestire in modo degno e dignitoso se stessi. Si tratta di permettere a tanti malati terminali, coscienti e consapevoli delle loro condizioni, di porre termine alle proprie sofferenze che a volte durano da decenni e questo diritto andrebbe comunque rispettato.
Nulla impedisce ai credenti di scegliere invece la sofferenza a ogni costo, immedesimandosi nel percorso espiativo e salvifico percorso dal Dio nel quale credono. Una scelta di libertà, dunque, alla quale il Signor Presidente della Corte dice che deve provvedere il Parlamento, ben sapendo che i signori e le signore eletti in quel consesso, sono fortemente condizionati dalle pressioni della Chiesa cattolica nell’assumere una decisione che garantisca il diritto di scelta. Votando, gli italiani avrebbero potuto rendere palesi i propri intendimenti, certificando un orientamento largamente maggioritario presente nel paese e attestato da ogni sondaggio di
opinione che calcola i favorevoli a una legge pari a più del 70%. Si tratta ancora una volta di frapporre ostacoli all’operare di ognuno, ben sapendo che in tal modo si costringono persone sofferenti e disperate a ricorrere al turismo della morte, trasformando la possibilità di rifiutare la sofferenza in una questione di censo, la cui entità è nota e misurabile con il costo che comporta il viaggio, la degenza e il decesso presso la struttura medicale.
Anche a riguardo del referendum sulla coltivazione della cannabis la scelta della Consulta ha seguito lo sesso percorso, nascondendo il rifiuto di abolire la norma dietro arzigogoli di carattere giuridico, quando tutti sanno bene che l’obiettivo era quello di sottrarre la produzione e distribuzione della cannabis a una gestione criminale del commercio e spaccio di sostanze che gli utilizzatori si procurano attingendo al mercato clandestino, semplicemente coltivandosi le piante. Non che tutto ciò non avvenga già in mille modi, essendo lecitamente reperibilissimi i semi sul mercato. In questo caso l’espediente relativo alla supposta poca chiarezza sugli effetti del quesito abrogativo fa a pugni con una lettura logica della norma da abrogare che non incide il alcun modo
sulla lavorazione e raffinazione delle sostanze atte a produrre altre droghe che restano comunque vietate.
L’approvazione della norma avrebbe liberato le carceri da piccoli spacciatori e persone accusate di reati minori.
Lasciano invece estremamente perplessi i quesiti approvati nel merito dei quali non entriamo, estremamente contraddittori e inconsistenti e comunque destinati all’inutilità in considerazione che sarà pressoché impossibile che raggiungano il quorum perché il risultato sia valido. Questo perché i quesiti sono ambigui, contraddittori e in alcuni casi nefasti al punto da disincentivare dal voto.
Resta la valutazione da dare dei comportamenti politici della destra che i referendum li ha sostenuti in tutto o in parte e che ora, di fronte al voto, è più spaccata di prima, mentre il suo ex leader è destinato a peggiorare in quanto a lucidità. posto che riaprono le discoteche e sono perciò ipotizzabili visite al Papete, con annessi e connessi. Che dire poi dei radicali che nella loro strategia referendaria oscillano da uno schieramento
all’alto senza ritegno.
Da parte sua, il centro sinistra, attonito, resta a guardare, incapace di proporre alcunché, se si escludono i vuoti e cacofonici appelli al Parlamento a legiferare, mentre, sottobanco le segreterie dei diversi partiti inviano messi interessati oltre Tevere per rassicurare che nulla si muove o si muoverà nella palude parlamentare ne sul
fine vita ne sulla cannabis.